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domenica 15 maggio 2011

Amon Amarth - "Twilight Of The Thunder God"

Metal Blade, 2008
Ho deciso di recensire questo album perché lo reputo un insulto al Metal, e perché incredibilmente solo pochi altri sembrano essersene accorti.

Chiariamo subito: gli Amon Amarth non sono forse un gruppo prodigioso, ma quantomeno erano meritatamente arrivati al successo grazie a un Melodeath intriso di tumultuose melodie Viking che paiono forgiate con martello e incudine. La loro proposta melodica è sempre stata ampiamente al di sopra della media, i loro assoli sempre ispirati, il loro sound sempre spesso e incandescente. E ora? A prima vista nulla di nuovo, come chiunque penserebbe vedendo la cover di Twilight Of The Thunder God e i titoli delle nuove canzoni. La spiacevole sorpresa arriva dopo, quando il CD inizia a contorcersi nel lettore...e si capisce che questo disco è in realtà un disco pop mascherato da Viking Melodic Death. Ascoltando la opener si capisce già l’andazzo del disco: piglio melodico da band metalcore per dodicenni, sound ultra-moderno spogliato della sua ruvidità naturale, ritmi così costanti che paiono suonati da un metronomo, strutture dei brani scontate oltre ogni limite accettabile. Basta ascoltare la melodia della titletrack, il riff di Guardians Of Asgaard, di Free Will Sacrifice, di No Fear For The Setting Sun per rendersi conto della banalità del disco, melodie che se non fosse per il growl di Johan Hegg potrebbero tranquillamente passare su MTV. Per non parlare degli assoli di chitarra: comici! Pochi secondi di inutilità che scivolano via senza lasciar traccia in perfetto stile Power Metal moderno, completamente slegati dalla musica che li circonda e caratterizzati da un sound elettronico alla DragonForce - e cosa c’entra tutto ciò con gli Amon Amarth? Boh. La maggior parte dei brani poi sono costruiti su mid-tempo esasperanti senza senso, meccanici, privi di vita. La ciliegina sulla torta è la presenza degli ospiti, vale a dire Apocalyptica e Roope Latvala (chitarra, Children Of Bodom): i primi convocati per un inserto in violoncello che è contestualizzato quanto una banana cresciuta su un ciliegio, il secondo per un caspita di assolino ridicolo di appena venti secondi, che tra l'altro non c'entra niente col resto del brano. Secondo me Latvala è entrato in studio, magari stava pure parlando al telefono con sua mamma: "Sì mamma, sto bene, non preoccuparti", non si è nemmeno tolto la giacca e ha fatto scorrere velocemente le dita sulla sua chitarra per 20 secondi, continuando nel frattempo a fare ciò che stava facendo: "Ti ho detto che sto bene mamma!", uscendo subito dopo; della serie "come presenziare come ospite in un disco musicale in meno di 60 secondi senza venir meno ai vostri impegni quotidiani". In mezzo a questa distesa di oltraggioso scempio e delirante idiozia trova spazio un solo breve episodio di decenza: parlo di Where Is Your God?, un brano originale, vario e dinamico che per certi versi mi ricorda l’andamento di Cry Of The Black Birds. Ma questo pezzo è solo, isolato, abbandonato, è un povero viandante solitario tra le ripetitive dune del deserto. Intorno a lui chilometri di nulla. Il disco è così palloso e prevedibile che a metà ascolto, guardando la titletrack e scorgendo che l’ultimo brano è più lungo degli altri, ci si dice scherzosamente: sarà il classico polpettone lento, melodico e pacchiano che segue gli altri nove mid-tempo, tutto uguale e mortalmente noioso. Detto fatto: manco a farlo apposta Embrace Of The Endless Ocean è esattamente così. Dove sono finiti i pezzi alla The Pursuit Of Vikings, Death In Fire, Fate Of Norns, Versus The World, Thousand Years Of Oppression? Cancellati, polverizzati, spazzati via come le case dei primi due dei tre porcellini.

E’ evidente che gli Amon Amarth hanno deciso di sfondare...sì, di sfondare le proprie tasche col denaro, seguendo la moda del momento e proponendo quindi un Melodeath semplicemente ridicolo che non ha nulla da comunicare, la classica “musica” per i baby metallari ancora in fasce - che poi più avanti negli anni se ne pentiranno regolarmente - ma che, passata la scossa iniziale, non lascia nulla a livello emotivo. Se solo il glorioso Odino potesse sentire con quale musica scadente e approssimativa si pretende di tributarlo li trafiggerebbe con la sua infallibile Gungnir, e poi strazierebbe i loro cadaveri calpestandoli coi possenti zoccoli di Sleipnir.

01 - Twilight Of The Thunder God (04:08)
02 - Free Will Sacrifice (04:08)
03 - Guardians Of Asgaard (04:23)
04 - Where Is Your God? (03:11)
05 - Varyags Of Miklagaard (04:18)
06 - Tattered Banners And Bloody Flags (04:30)
07 - No Fear For The Setting Sun (03:54)
08 - The Hero (04:04)
09 - Live For The Kill (04:11)
10 - Embrace Of The Endless Ocean (06:44)