Appease Me Records, 2003 |
Un monolite può colpire per la sua grandezza, la sua forma: ma più che per queste cose, di solito colpisce perchè è un pezzo unico, un gigantesco elemento a sè stante, come le uova di struzzo che pur enormi sono composte solo da una cellula. Il primo album dei francesi Monolithe, capitanati da Sylvain Bègot, dà esattamente quest'impressione: per quanto sia vario al suo interno, è un colossale blocco unico di suono, un'immensa pietra che sta in piedi da sola senza bisogno di dimostrare niente a nessuno, in regime di perfetta autarchia.
Se qualcuno di voi ha mai ascoltato gli Ea, stupefacente band di funeral doom che ha ammaliato i fan con dischi superlativi e uno più bello dell'altro, ascoltando i Monolithe per la prima volta potreste pensare che questi abbiano copiato da loro. Salvo poi accorgersi che il primo album degli Ea è uscito nel 2006, mentre il primo dei Monolithe risale a tre anni prima, cioè al 2003. La somiglianza è stratosferica, sia in termini di tipologia di suoni, sia come strutture compositive, sia come atmosfere: nello specifico, parliamo di un immenso pastone sonoro compresso in una traccia sola, di ben 52 minuti, nella quale è la pesantezza e, appunto, la monoliticità a fare da padrona. Atmosfere plumbee e sotterranee, chitarre frastornanti e megalitiche, melodie sognanti e dagli sviluppi sempre molto dilatati, imprevedibili ritmiche piene di fantasia e di inventiva, un growl catacombale che si fa sentire solo quando è necessario; tutto è amalgamato in un solo, gigantesco pezzo di roccia che ci schiaccia e ci opprime dal primo minuto fino all'ultimo, anche nei momenti in cui le soluzioni inventate dalla band si distaccano dalla grigia spettralità ed esplorano territori quasi psichedelici, e in certi tratti addirittura sperimentali. Non mancano infatti le influenze più disparate: l'impianto funeral doom si contamina con ritmi a tratti veloci e in doppia cassa, con melodie quasi accostabili alla scuola death melodico, perfino ad accenni di post - rock e di dissonanze shoegaze. Sinistri arpeggi e poderose stratificazioni di tastiere si alternano a pennellate di chitarra che paiono non finire mai, mentre alcuni momenti recitati aggiungono pathos al brano nei momenti di transizione tra una fase e l'altra. Risulta molto difficile seguire il filo del disco se non si ascolta con attenzione: ad un ascolto distratto (che è uno dei due modi in cui questo disco può essere ascoltato, con altrettanta efficacia) il disco scorrerà via come l'acqua, rilassando e facendo sognare, mentre chi lo ascolterà nei dettagli potrà notare quanto il disco sia organico, ben costruito, sviluppato secondo idee sempre vincenti e mai noioso, nonostante la sua atroce continuità. Ci vuole senz'altro una buona attitudine musicale per far sì che un disco come questo si lasci ascoltare senza intoppi dall'inizio alla fine: si sa infatti che, avventurandosi nei territori dell'ultraslow e dell'ultralong, è facile annoiare e risultare forzatamente prolissi. Sono felice di poter escludere i Monolithe dalla categoria delle band noiose: quello che si trova in questo album (sicuramente non facile da digerire a causa della sua lunghezza e delle sue grandiose non - strutture) è solamente musica di qualità e derivante da uno stato d'animo sincero. Nulla di artefatto o pretenzioso, nemmeno per un minuto.
Mentre le oscure spire di "Monolithe I" vi avvolgeranno come una coperta gelida, potrete provare numerosi stati d'animo, ma il comune denominatore sarà un senso di dilatazione, un tuffo nell'infinità del cosmo, un elogio ai corpi celesti più massicci e poderosi che si conoscano, come una stella supergigante che brilla di una fredda luce blu. Allo stesso momento, però, potrete godere di un sound dinamico, pulito e possente quanto basta, sufficientemente vario sia in termini di sentimento sia in termini di soluzioni artistiche adottate. Questo disco, è proprio il caso di dirlo, sta in piedi da solo ed è inamovibile, possiamo entrare in contatto con esso solamente contemplandolo nella sua interezza. Consigliato vivamente agli amanti del funeral doom atmosferico, che troveranno in "Monolithe I" una valida ragione per continuare ad ascoltare il loro genere preferito senza fossilizzarsi sui soliti mostri sacri.
01 - Monolithe I (51:58)