Northern Silence Productions, 2013 |
Qualcuno doveva pur esistere, ma finora non l'avevo trovato: ma adesso finalmente ce l'ho fatta. Ho trovato una band che suona esattamente come gli austriaci Summoning. Dunque, prima di avventurarvi nella recensione di questo disco, dovete chiedervi se conoscete i Summoning. Se la risposta è affermativa, chiedetevi se i suddetti vi piacciono. Se la risposta è ancora affermativa, non perdete tempo a leggere quanto segue, e affrettatevi a comprare questo album; se solo la prima risposta è affermativa, ma la seconda no, allora pensateci molto bene prima di spendere i vostri soldi; se invece anche la prima risposta è negativa, allora prendetevi cinque minuti e continuate a leggere la recensione.
I Caladan Brood sono un duo proveniente da Salt Lake City, e che debutta con la sempre lodevole Northern Silence Productions, proponendo questo corposo discone che sfonda il muro dei settanta minuti di durata. Il loro stile è ascrivibile all'epic black, ed è contemporaneamente facile e difficile da inquadrare; facile per via del fatto che una volta ascoltati li si riconosce subito, e difficile perchè le influenze che amalgamano in un unico prodotto sono molteplici, andando dal marciume black metal fino alla lieta melodiosità del folk, e inoltre - elemento che li distingue dai già citati Summoning - passando velocemente attraverso territori melodeath ed epic nel senso più classico del termine. Se i Summoning si ispiravano prevalentemente alle opere di Tolkien e le trasponevano in musica in un modo che solo loro erano capaci di fare, i Caladan Brood fanno la stessa cosa con un'altra opera di fantasia di Steven Erikson, creando un'ambientazione che più fantasy non potrebbe essere. Partiture sinfoniche maestose e possenti, abbondante uso di tastiere e sintetizzatori che riproducono archi e fiati accanto a suoni modernissimi, sonorità black metal calate su ritmi relativamente lenti che suggeriscono un'epica marcia battagliera, alternanza di voce scream molto tirata e di melodiose linee corali pulite; la ricetta è tutta qui, ma funziona alla grande. Poco importa se le partiture sono in fin dei conti piuttosto semplici e ripetitive, o se le armonie utilizzate sono già trite e ritrite; lavori come questi si basano sul potenziale evocativo, sulla capacità di stimolare l'immaginazione e la fantasia, di trasportare mentalmente in mezzo a situazioni fantastiche e poderose. La tecnica passa logicamente in secondo piano, dando assoluta precedenza alle amalgame di suoni, alle epiche melodie e alla potenza di fuoco della sezione ritmica, dal suono rimbombante e marziale, molto simile ad un tamburo da battaglia.
Bisogna dirlo: le somiglianze con i Summoning, in particolare con gli ultimi di "Oath Bound", sono così calcate che pare quasi di ascoltare un nuovo album del celebre duo austriaco. Se non mi avessero detto che era un'altra band, avrei potuto cascarci anch'io. Ma a parte tutto, bisogna dire che i Caladan Brood hanno qualche elemento di personalità propria che non li appiattisce a meri cloni senza nervi e senza qualità. Questi sprazzi di originalità stanno più che altro nei dettagli, piccoli ma non trascurabili, come ad esempio il notevole spazio che viene dato alle sezioni corali, le quali assumono spesso ruoli da protagonista (bellissima la scelta di chiudere il disco con un coro a cappella, dopo i quattordici minuti dell'epopea di "Book Of The Fallen"); oppure al ruolo indubbiamente maggiore sostenuto dalle chitarre, che non si limitano solo ad accompagnare con accordi e riffoni statici, ma si protendono invece con interessanti assoli e riff cesellati che ricordano quasi i migliori brani degli In Flames. Questa influenza deriva anche dal fatto che uno dei membri della band, tale Jake Rogers, è lo stesso che ha messo in piedi il piccolo progetto musicale Gallowbraid, precocemente abbandonato ma molto interessante con il suo black - folk dalle tinte energiche e un po' rockeggianti; si sente molto la loro impronta serena e solare, leggermente malinconica ma al contempo felice di essere al mondo, in contrasto con la vena più ombrosa e drammatica tradizionalmente mantenuta dai maestri Summoning. Bastano queste piccole differenze per rendere un gruppo come i Caladan Brood meritevole di esistere e di essere ascoltato, nonostante la sua derivatività.
Il disco è lungo ma non stanca mai e non annoia, sempre che possediate l'attitudine giusta per calarvi nel contesto evocato dalla musica; lasciate che l'immaginazione sia libera di fluire, e le magnifiche note di "Echoes Of Battle" accompagneranno il vostro viaggio fantastico nel migliore dei modi, conducendovi sotto cascate dai riflessi dorati e materializzandovi all'improvviso in uno sterminato campo di battaglia dove due eserciti stanno per fronteggiarsi. Non c'è un brano più bello o più interessante degli altri, l'insieme è omogeneo e richiede dedizione e impegno per poterlo assimilare; ma vedrete che sarà più facile di quanto pensiate. Che l'epopea abbia inizio, tra frecce sibilanti e pire ardenti all'orizzonte...
Strap on your shields and raise your banners
Hear the call of raging battle
Beneath a hail of burning arrows
Push ever forward, never surrender
Siege weapons tolling out like thunder
Ripping the city walls asunder
Columns of flame reach ever skyward
Horizons filled with burning pyres...
Hear the call of raging battle
Beneath a hail of burning arrows
Push ever forward, never surrender
Siege weapons tolling out like thunder
Ripping the city walls asunder
Columns of flame reach ever skyward
Horizons filled with burning pyres...
01 - City Of Azure Fire (10:09)
02 - Echoes Of Battle (9:21)
03 - Wild Autumn Wind (13:46)
04 - To Walk The Ashes Of Dead Empires (13:12)
05 - A Voice Born Of Stone And Dust (9:50)
06 - Book Of The Fallen (14:55)