Stagefright, 2008 |
Una batteria bombardante, un growl alto esplosivo, numerosi cambi di ritmo e un’attitudine marcatamente melodica nel riffing: al di là dei paragoni iniziali sembrano essere questi i principali credo della band, credo che si mettono incessantemente in luce da primo all’ultimo secondo generando un vortice sonoro che risucchia le coclee dell’ascoltatore. Tante sfuriate melodiche rampanti che imbizzarriscono l’ugola del cantante nelle quali nondimeno si sentono i più pacati In Flames, numerose divertenti variazioni di tema nel riffing e nelle ritmiche le quali sanno un po’ di Strapping Young Lad, ma soprattutto tanto tanto entusiasmo: così sembra essere stata modellata la materia prima utilizzata per creare questo disco che, a prescindere dalle svariate influenze che ognuno a seconda della propria esperienza può cogliervi, suona come un sincero atto di passione musicale senza mai scadere in scopiazzate maldestre prive di verbo. Quanto alla resa finale, personalmente la trovo molto positiva sul singolo brano - non c’è una sola canzone che, se estrapolata dal contesto, non faccia un’ottima figura; si potrebbero addirittura utilizzare tutte come singoli per farci un video! - ma non posso dire che il disco mi colpisca particolarmente nella sua totalità. Nessun problema particolare da segnalare: niente difetti vistosi, niente banalità nel songwriting, niente ridicolaggini alla “mid-tempo for life”; semplicemente ci sono davvero poche soluzioni stilistiche, che finiscono inevitabilmente per essere abusate data la numerosità di note e riff che il disco presenta, cosicché ancor prima di giungere a metà ci si è già fatti un’ide precisa di quello che seguirà e che la band ha da offrire. In altre parole: la quantità di carne al fuoco è eccessiva rispetto alla ridotta varietà della stessa - o viceversa, se preferite.
Con questo sia chiaro che non intendo neanche lontanamente etichettare quest’album come inutile, noioso o scadente: si tratta pur sempre di un disco che si lascia ascoltare volentieri, uno dei tanti dischi appartenenti a quella frangia del Metal estremo melodico caratterizzata da uno stile molto tirato che supera abbondantemente gli standard del mieloso Melodeath da quattro soldi, e come molti di tali dischi non porta certo all’orgasmo ma non sfigura nemmeno.
Pagina Facebook della band
Pagina Myspace della band
01 - Clustered Dead Ending Corridors (05:50)
02 - Hexadecimate (04:31)
03 - Overload 95653 (02:58)
04 - Souls Of The Void (Re-coded) (04:44)
05 - Speedlight Trauma For Reconstruction (03:59)
06 - Certain Oblivion Formula (04:07)
07 - Axiom Of The Diode Gods (03:40)
08 - Overture In Red Slaughter (03:21)
09 - Cursors (04:20)
10 - Binary Encoded Sunset (05:31)