Hammerheart Records, 2002 |
Un riff turbinoso e gigantesco come una cascata, accompagnato da una batteria parossisticamente veloce e mitragliante; è questo lo storico incipit di questo stupendo album targato Primordial, vera icona della commistione tra epic, folk e black metal. Un disco che ormai ha compiuto dieci anni ma non soffre minimamente il passare del tempo, poiché la freschezza e la genuinità che racchiude non passano mai di moda, specialmente se sono supportate da ottime idee e da un songwriting longevo e interessante. Inutile dire che è esattamente il caso dei Primordial, i quali finora non mi hanno mai deluso.
Gli irlandesi sono progressivamente migliorati di disco in disco, e giunti alla quarta fatica discografica hanno secondo me prodotto quello che è il loro disco migliore, l'icona della loro consacrazione nel genere. "Storm Before Calm" unisce, con sapiente maestria, la grezza irruenta di "Imrama", le atmosfere oscure e decadenti di "A Journey's End" e le splendide linee melodiche di "Spirit The Earth Aflame", esaltando inoltre all'ennesima potenza l'alone epico e drammatico che fa sempre sembrare di essere nel corso di un'infuocata battaglia di lame e scudi. Non si tratta però unicamente di un'epicità assimilabile alle battaglie o al folklore in sè; la definirei più un'epicità "sofferta", nella quale vive un dramma cocente (il quale spesso si identifica con la caduta di valori dell'età moderna, tema della grandiosa e monumentale opener "The Heretics Age"). Il collante perfetto dell'album, nonché elemento indispensabile e caratterizzante, è la doppia voce di Alan Nemtheanga, vocalist dalla timbrica inconfondibile e dall'espressività imbarazzante, che sa perfettamente quando passare dal cantato pomposo e accorato allo screaming / growl feroce, e al contempo sa anche ammaliarci con dei sussurri quasi demoniaci; potrei dire che la sua è la più perfetta delle voci possibili per cantare in un disco epic (senza dimenticare la sua versatilità: quattro anni dopo lo sentiremo cantare addirittura negli apocalittici doomsters Void Of Silence, con risultati altrettanto fenomenali). Alan sono i Primordial, i Primordial sono Alan (senza nulla togliere ai bravissimi musicisti che lo accompagnano, ma è giusto dire che senza la sua voce i Primordial non sarebbero più gli stessi, un po' come se il cantante degli Opeth non fosse più Mikael Akerfeldt!).
Il disco non ha paura di esplorare strade differenti: i brani non ricalcano necessariamente lo stile di quelli che l'hanno preceduto, mostrando una buona varietà che tuttavia non va mai a sconfinare fuori da quella che è la proposta musicale della band. Coerenza invidiabile unita alla volontà di non suonare sempre uguali, questo è uno dei punti di forza della band irlandese. Grazie ad un'ottima produzione, alla pienezza delle partiture chitarristiche e soprattutto alle potentissime percussioni, l'effetto "dramma" è stato centrato in pieno: ecco quindi materializzarsi delle composizioni davvero interessanti come "Fallen To Ruin", tragica e ottimamente bilanciata tra la misteriosa introduzione acustica e la potenza dei riff e dei muri di chitarre che seguono marziali; "Cast To The Pyre", con il suo riff mellifluo e suadente; oppure "Sons Of The Morrigan", che con le sue melodie un po' contorte e la sua batteria sincopata pare sempre indecisa se voler esplodere o volersi trattenere, come lacerata da un dilemma interiore. Degne di nota anche l'aggressiva "Sun First Rays", che ci riporta un po' alle selvagge interpretazioni del debutto "Imrama" (con tanto di parolaccia al seguito di uno stop and go!!), e come controparte l'acustica e strumentale "What Sleeps Within", dove la band esplora la propria vena folkloristica, concedendole molto più spazio di quanto usualmente fa. Particolarissima è inoltre la conclusiva "Hosting Of The Sidhe", con le sue atmosfere quasi orientaleggianti, mistiche e ipnotiche; una voce sussurrata e un tappeto strumentale tremolante ci danno i brividi dall'inizio alla fine, specialmente nel finale che va lentamente a sfumare. Quando il CD smette di scorrere nel lettore, la sensazione è quella di aver compiuto un viaggio storico e appassionante nella civiltà umana, con tutte le sue vicende e le sue miserie; se questo era l'obiettivo dei Primordial, direi che l'hanno azzeccato in pieno. Non a caso, citano la Storia (quella con la S maiuscola) nel loro booklet, spiegando che l'album è nato proprio per permettere a ciascuno di reinterpretare liberamente il corso degli eventi, diventandone partecipe al cento per cento.
"Storm Before Calm" è in definitiva un album maturo, ben costruito e carico di significati. Evocativo, potente e ispirato, può tranquillamente essere considerato come un caposaldo dell'epic black, così come i Primordial possono essere considerati un gruppo ormai storico, una di quelle band presso le quali bisogna passare obbligatoriamente se ci si vuole avvicinare alle affascinanti sonorità di questo genere. Con questo album non si sbaglia, ve lo garantisco!
01 - The Heretics Age (6:18)
02 - Fallen To Ruin (9:31)
03 - Cast To The Pyre (7:08)
04 - Sun First Rays (5:05)
05 - What Sleeps Within (3:14)
06 - Sons Of The Morrigan (8:17)
07 - Hosting Of The Sidhe (7:10)