Northern Silence Productions, 2010 |
Ancora una volta, è successo. Conosco per caso una band quasi sconosciuta e mi trovo di fronte ad un lavoro speciale, che mi rapisce immediatamente con una musica appassionata, ricca di sentimento e di vibrante passione. Niente di particolarmente originale, ma ciò non ha alcuna importanza: una musica fatta bene colpisce comunque, anche se prende in prestito alcune idee da chi è arrivato prima.
I Gallowbraid sono composti da un uomo solo, proveniente da Salt Lake City, e sono un progetto che a primo impatto potrebbe sembrare la naturale continuazione del suono degli Agalloch, tante sono le similitudine che si trovano con questa rinomata band. Come spesso accade, tuttavia, gli allievi uniscono degli elementi propri alla lezione impartita dai maestri, e così è anche per i Gallowbraid. Questo loro primo EP spicca per quel suono malinconico e introspettivo, e contemporaneamente roccioso e potente, tipico degli ultimi Agalloch: ma tutto viene personalizzato con ritmiche decisamente più sostenute, toni più aggressivi, linee melodiche se possibile ancora più incisive ed incalzanti, come dimostra perfettamente la chilometrica opener "Ashen Eidolon": un inizio veloce, con quella batteria martellante "alla Satyricon" e un muro di chitarre che sposta le montagne, fa pari con una voce growl che ricorda molto i sussurri di Haughm, ma un Haughm decisamente più prorompente, che non lascia spazio ai momenti quieti e melanconici. Le linee melodiche che appaiono successivamente si susseguono l'una dopo l'altra con una naturalezza disarmante, giocando sempre sulle stesse poche note (che in certi tratti mi hanno ricordato moltissimo "Hallways Of Enchanted Ebony, provare per credere), ma rigirandole efficacemente per creare un bombardamento di riff davvero notevole, uno più bello dell'altro. Il brano dura quattordici minuti e mezzo, ma passa in frettissima, forte di un'energia davvero impressionante e delle numerosi variazioni melodiche che rendono il tutto mai noioso, seppur qualche sezione sia un po' ripetitiva. Bellissimo poi il break di chitarra acustica: non un arpeggio mesto come ci si potrebbe aspettare, bensì una poderosa cavalcata sulle corde di nylon, che ricalca l'irruenza delle chitarre elettriche trasfigurandole in qualcos'altro.
Dopo un quarto d'ora così avvolgente ed entusiasmante, è il momento di un po' di quiete: "Autumn I" è un brano interamente acustico e giostrato su arpeggi stavolta molto tristi e sconsolati, sui quali si stagliano dei cori solenni e tristi, toccanti nella loro semplicità. Ritorniamo su terreni metal con "Oaken Halls Of Sorrow", in cui la chitarra acustica acquista un ruolo maggiore e pennella scenari sognanti e melodiosi, suonando ad un volume praticamente pari a quello della chitarra elettrica. Anche qui, cascate di note ascendenti e discendenti ci trascinano con la forza di un torrente in piena, caricandosi talvolta di una tensione rabbiosa che non può fare a meno di esaltare. Non c'è nulla di complesso nella musica dei Gallowbraid, la loro forza è nell'immediatezza delle linee melodiche, irresistibili senza per questo essere troppo scontate. Memorabile l'accelerazione che troviamo intorno ai cinque minuti e mezzo, dove un blast beat furioso si alterna con una melodia spaccacuore, che poi si evolve, lascia spazio alla voce pulita e infine ritorna uguale all'inizio, concludendo quest'altro splendido brano. La breve coda acustica di "Autumn II", dove fa capolino anche un flauto, lascia l'amaro in bocca: non perchè sia brutto o insignificante, ma perchè subito dopo il disco è già finito. O meglio, se avete la fortuna di possedere la versione recentemente rilasciata su vinile, è il momento di "Stone Of Remembrance", dai toni decisamente felici, debitori dei folk metallers Eluveitie; tuttavia, questa canzone non è un mero scopiazzamento dello stile della band svizzera, bensì un netto miglioramento. Se gli Eluveitie infatti si liberassero della loro indubbia vena ruffiana e commercialotta, il risultato sarebbe molto simile a quest'esaltante brano, che tra vocals insolitamente acute, cori folkloristici e inserti di cornamuse ci fa vivere una vera esperienza silvestre, come se camminassimo veramente dentro un bosco popolato da fauni che suonano flauti magici. Il tutto senza la minima vena pacchiana, spettro che in questi casi si affaccia sempre alla porta, ma che qui viene brutalmente respinto.
I Gallowbraid sono composti da un uomo solo, proveniente da Salt Lake City, e sono un progetto che a primo impatto potrebbe sembrare la naturale continuazione del suono degli Agalloch, tante sono le similitudine che si trovano con questa rinomata band. Come spesso accade, tuttavia, gli allievi uniscono degli elementi propri alla lezione impartita dai maestri, e così è anche per i Gallowbraid. Questo loro primo EP spicca per quel suono malinconico e introspettivo, e contemporaneamente roccioso e potente, tipico degli ultimi Agalloch: ma tutto viene personalizzato con ritmiche decisamente più sostenute, toni più aggressivi, linee melodiche se possibile ancora più incisive ed incalzanti, come dimostra perfettamente la chilometrica opener "Ashen Eidolon": un inizio veloce, con quella batteria martellante "alla Satyricon" e un muro di chitarre che sposta le montagne, fa pari con una voce growl che ricorda molto i sussurri di Haughm, ma un Haughm decisamente più prorompente, che non lascia spazio ai momenti quieti e melanconici. Le linee melodiche che appaiono successivamente si susseguono l'una dopo l'altra con una naturalezza disarmante, giocando sempre sulle stesse poche note (che in certi tratti mi hanno ricordato moltissimo "Hallways Of Enchanted Ebony, provare per credere), ma rigirandole efficacemente per creare un bombardamento di riff davvero notevole, uno più bello dell'altro. Il brano dura quattordici minuti e mezzo, ma passa in frettissima, forte di un'energia davvero impressionante e delle numerosi variazioni melodiche che rendono il tutto mai noioso, seppur qualche sezione sia un po' ripetitiva. Bellissimo poi il break di chitarra acustica: non un arpeggio mesto come ci si potrebbe aspettare, bensì una poderosa cavalcata sulle corde di nylon, che ricalca l'irruenza delle chitarre elettriche trasfigurandole in qualcos'altro.
Dopo un quarto d'ora così avvolgente ed entusiasmante, è il momento di un po' di quiete: "Autumn I" è un brano interamente acustico e giostrato su arpeggi stavolta molto tristi e sconsolati, sui quali si stagliano dei cori solenni e tristi, toccanti nella loro semplicità. Ritorniamo su terreni metal con "Oaken Halls Of Sorrow", in cui la chitarra acustica acquista un ruolo maggiore e pennella scenari sognanti e melodiosi, suonando ad un volume praticamente pari a quello della chitarra elettrica. Anche qui, cascate di note ascendenti e discendenti ci trascinano con la forza di un torrente in piena, caricandosi talvolta di una tensione rabbiosa che non può fare a meno di esaltare. Non c'è nulla di complesso nella musica dei Gallowbraid, la loro forza è nell'immediatezza delle linee melodiche, irresistibili senza per questo essere troppo scontate. Memorabile l'accelerazione che troviamo intorno ai cinque minuti e mezzo, dove un blast beat furioso si alterna con una melodia spaccacuore, che poi si evolve, lascia spazio alla voce pulita e infine ritorna uguale all'inizio, concludendo quest'altro splendido brano. La breve coda acustica di "Autumn II", dove fa capolino anche un flauto, lascia l'amaro in bocca: non perchè sia brutto o insignificante, ma perchè subito dopo il disco è già finito. O meglio, se avete la fortuna di possedere la versione recentemente rilasciata su vinile, è il momento di "Stone Of Remembrance", dai toni decisamente felici, debitori dei folk metallers Eluveitie; tuttavia, questa canzone non è un mero scopiazzamento dello stile della band svizzera, bensì un netto miglioramento. Se gli Eluveitie infatti si liberassero della loro indubbia vena ruffiana e commercialotta, il risultato sarebbe molto simile a quest'esaltante brano, che tra vocals insolitamente acute, cori folkloristici e inserti di cornamuse ci fa vivere una vera esperienza silvestre, come se camminassimo veramente dentro un bosco popolato da fauni che suonano flauti magici. Il tutto senza la minima vena pacchiana, spettro che in questi casi si affaccia sempre alla porta, ma che qui viene brutalmente respinto.
In definitiva, un lavoro che è sicuramente debitore degli Agalloch per molti aspetti, ma che si colloca con assoluta personalità nelle uscite più interessanti di questi ultimi anni in ambito neofolk - black. Non manca nulla: qualità sonora, passione, compattezza, coerenza stilistica, gusto melodico, nemmeno una certa attitudine scanzonata che rende il tutto estremamente fruibile sin dai primi ascolti. Al momento la band sembra essersi fermata nella sua produzione discografica, e questo è un vero peccato: tuttavia, voglio credere che prima o poi il frontman si accorgerà della moltitudine di persone che invece gli chiedono di continuare a comporre, e deciderà infine di dedicarsi ai Gallowbraid con l'attenzione che meritano. Un'ultima chicca: i Gallowbraid hanno partecipato anche alla compilation "Wanderer Uber Dem Nebelmeer", con il brano inedito "Earthen Throne". Non dico nulla per non rovinare la sorpresa: dico solo che il suo ascolto è vivamente consigliato, in quanto è un'altra spettacolare dimostrazione del talento di questa giovane one man band.
01 - Ashen Eidolon (14:38)
02 - Autumn I (4:23)
03 - Oaken Halls Of Sorrow (11:23)
04 - Autumn II (1:18)
05 - Stone Of Remembrance (Bonus Track) (8:31)
05 - Stone Of Remembrance (Bonus Track) (8:31)