Pest Productions, 2011 |
Si può suonare un black metal intimista, decadente e autunnale proveniendo dagli assolati reami della California? Ebbene sì: come fanno altre band dell'area Cascadiana, nella quale è nata una buona scena di black metal atmosferico, anche gli Oskoreien riescono a guadagnarsi un posto di tutto rispetto all'interno del genere, mostrando un grandissimo potenziale. Il gruppo è una one man band che si regge sulla figura di Jay Valena, giovanissimo nel momento della pubblicazione (solo 21 anni), e prende il nome da un luogo mitico della mitologia norrena, vale a dire il punto di collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Nonostante la provenienza geografica, infatti, è facile assimilare la musica degli Oskoreien ai grandi paesaggi scandinavi e alle atmosfere epiche che ivi si respirano.
Dopo un paio di demo usciti nel 2006 e nel 2009, il nostro Jay Valena riesce a pubblicare il primo album ufficiale, che conta cinque tracce per tre quarti d'ora di durata, ed è distribuito dalla misconosciuta Pest Productions (per quanto riguarda il CD) e dalla Seventh Seal (per quanto riguarda la musicassetta). La matrice di questo album è un black metal dalle tinte solenni e drammatiche, ricco di melodia e di atmosfera, che si uniscono in modo riuscitissimo ad un'attitudine "brutale" e a suoni sufficientemente grezzi da rientrare all'interno del black metal, ma non abbastanza da risultare inintellegibili. Questo disco colpisce particolarmente per la naturalezza con cui sforna splendide linee melodiche e con cui le unisce alla potenza oscura del black metal, non tralasciando di inserire nel sound numerosi elementi di musica folk e talvolta perfino classica. Non è un black metal crudo e freddo alla Burzum, di quelli che fanno gelare il sangue nelle vene; non è nemmeno un black ruvido e "nevoso" alla Immortal, nè animalesco e rabbioso alla Darkthrone. Siamo piuttosto di fronte ad un lavoro quasi romantico, meditativo, dai testi profondi e interessanti. Una musica che evoca grandi paesaggi ed epici racconti, unendo il tutto con melodie struggenti e appassionate.
Il disco è molto vario, e nelle sue cinque tracce esplora cinque stati emozionali differenti. Si comincia con la furia elementale di "Illusions Perish", veloce e martellante, dotata di un feeling severo e marziale che si rispecchia particolarmente nella voce, un aspro screaming che non risulta però troppo lancinante, ma quasi sussurrato. Notevole anche il testo: leggete ad esempio questo scorcio e ditemi se non è significativo.
"Abandon the future
Abandon the past
Learn to accept
That nothing will last
The life that you love
The life that you cherish
Vanishes as your illusion perish"
Dopo un opener così esaltante, si passa ad un brano più ragionato come "Entropic Collapse", maggiormente lento e melodioso, nel quale compaiono delle sorprendenti linee vocali pulite (di stampo baritonale, quasi "lirico") e alcune pregevoli parti di chitarra solista. Per quanto riguarda i brani principali, la perla del disco è però la lunghissima "Transcendence", tredici minuti di pura commozione che si sviluppano progressivamente in un crescendo magistrale: partendo da mesti arpeggi acustici e passando per arie drammatiche cantate da numerosi voci all'unisono, si giunge ad un lungo intermezzo nuovamente acustico, che non mancherà di far sognare ad occhi aperti con le sue sonorità celestiali e cristalline, prima di arrivare ad un meraviglioso finale che incastra sempre più linee melodiche l'una sull'altra, facendole intersecare e rincorrere fino al raggiungimento della vetta dell'emozione. Non sono da meno le due strumentali "River Of Eternity" e "Ashen Remains", poste rispettivamente in terza e in quinta posizione; la prima è un brano di chitarra acustica, che pare quasi uscire da quel meraviglioso capolavoro folk che è "Kveldssanger", e che cela antichi racconti e leggende dietro le sue note quasi sbarazzine e giocherellone; la seconda è un sorprendente brano di solo pianoforte, che ci mostra un altro lato della bravura di Valena, il quale suona tutti gli strumenti e non si avvale di collaborazioni. Il brano è molto malinconico e carico di rassegnazione, espressa pestando ripetutamente sui tasti come per richiamare l'attenzione verso qualcosa che non c'è più e che mai tornerà. In alcuni punti pare risollevarsi e volersi riscattare, per poi semplicemente sfumare e ritornare ad essere una outro sconsolata, degnissima chiusura di un disco davvero sorprendente, emozionante e perfettamente assemblato.
Nel momento in cui gli Oskoreien approderanno ad un contratto discografico di un certo prestigio, non potranno che imporsi sulla scena black come uno dei gruppi di punta. Ne sono certo. Spero davvero che questa band verrà notata, poichè non è facile trovare qualcuno che suoni con tale intensità e che soprattutto lo faccia già al disco di esordio. "Oskoreien" è un disco intenso, carico di immagini e di simboli, di una tristezza inguaribile e vigoroso come pochi altri. Merita di essere vissuto.
P.S: Colgo l'occasione di segnalare la presenza di un brano degli Oskoreien nella compilation "Wanderer Uber Dem Nebelmeer", denominato "Ode To Arinbjorn": probabilmente uno dei più bei brani acustici che io ricordi di aver mai ascoltato. Se volete farvi un'idea delle potenzialità di questa band, cominciate magari da qui.
01 - Illusions Perish (11:10)
02 - Entropic Collapse (9:33)
03 - River Of Eternity (5:46)
04 - Transcendence (13:15)
05 - Ashen Remains (6:01)