Spinefarm Records, 2007 |
Una cosa che dico sempre a coloro che affermano che un dato brano o un dato album sono troppo lunghi, è la seguente: "Cosa rappresenta un'ora, nell'economia di una vita intera?". Pensate solo al fatto che, mediamente, otto ore al giorno le passiamo nel mondo dei sogni, per non parlare delle tradizionali otto ore che molti di noi, anche se non tutti, passano al lavoro. Posso capire che, nell'era del "tutto e subito" come quella che stiamo vivendo, non siamo più abituati a gustarci le cose piano piano, a scoprirle poco per volta con quel brivido d'emozione che senti crescere progressivamente fino a quando capisci che il prodotto che hai tra le mani, inizialmente insipido o incomprensibile, si è trasformato in qualcosa di veramente speciale e prezioso. Questa filosofia di vita dovrebbe essere applicata sempre, ma in modo particolare ad un disco come "Viides Luku - Havitetty", che la descrive in modo pressoché perfetto.
Quando si parla di questo album, ad esempio sulle riviste specializzate o sulle webzine, continuo a leggere commenti sulla lunghezza delle due tracce che lo compongono, sottolineando il fatto che durano troppo e che sarebbe stato meglio limarle un po', oppure spezzarle in più parti. Perchè si dice questo? Per superficialità, mi viene da dire, o magari per pigrizia. Mai come in questo caso mi dispiace per chi non riesce a cogliere il senso di "Havitetty", poiché ritengo che questo disco sia un capolavoro sensazionale che non ha paragoni. Mi sento di affermare, senza ombra di dubbio nè timore di dire eresie, che se Beethoven fosse nato oggi e avesse voluto comporre una delle sue magistrali sinfonie con i mezzi tecnologici e i suoni che abbiamo a disposizione adesso, avrebbe partorito un qualcosa di molto simile a questo album. Dico questo perchè, se prendiamo una composizione mastodontica come la Nona di Beethoven e tentiamo di descriverla a parole, potremmo dire che è un turbine di mille strumenti che suonano motivi grandiosi, epici, un pandemonio di emozioni che si evolvono continuamente e prendono vita in un crescendo che pare non finisca mai, terminando in modo roboante dopo un'ora abbondante di furore. Ecco, "Havitetty" è descrivibile esattamente allo stesso modo, seppur calato in un contesto storico lontano anni luce.
Quando si parla di questo album, ad esempio sulle riviste specializzate o sulle webzine, continuo a leggere commenti sulla lunghezza delle due tracce che lo compongono, sottolineando il fatto che durano troppo e che sarebbe stato meglio limarle un po', oppure spezzarle in più parti. Perchè si dice questo? Per superficialità, mi viene da dire, o magari per pigrizia. Mai come in questo caso mi dispiace per chi non riesce a cogliere il senso di "Havitetty", poiché ritengo che questo disco sia un capolavoro sensazionale che non ha paragoni. Mi sento di affermare, senza ombra di dubbio nè timore di dire eresie, che se Beethoven fosse nato oggi e avesse voluto comporre una delle sue magistrali sinfonie con i mezzi tecnologici e i suoni che abbiamo a disposizione adesso, avrebbe partorito un qualcosa di molto simile a questo album. Dico questo perchè, se prendiamo una composizione mastodontica come la Nona di Beethoven e tentiamo di descriverla a parole, potremmo dire che è un turbine di mille strumenti che suonano motivi grandiosi, epici, un pandemonio di emozioni che si evolvono continuamente e prendono vita in un crescendo che pare non finisca mai, terminando in modo roboante dopo un'ora abbondante di furore. Ecco, "Havitetty" è descrivibile esattamente allo stesso modo, seppur calato in un contesto storico lontano anni luce.
"Havitetty" è la quinta fatica discografica dei finlandesi Moonsorrow, band che ultimamente sta scalando le classifiche, sia quelle commerciali sia quelle personali di ogni ascoltatore di epic / black / folk metal: con l'abbandono delle sonorità quasi powereggianti dei primi album (gli entrambi stupendi "Voimasta Ja Kunniasta" e soprattutto "Kivenkantaja"), il gruppo è entrato in una seconda fase, incentrata più sulla componente black / progressive e sulle atmosfere inafferrabili, drammatiche, misteriose, trascendenti. Il superbo "Verisakeet" aveva dato prova di una notevole maestria in questo senso, ma a mio parere è questo "Havitetty" a reggere la palma del miglior album del gruppo, nonché momento di assoluto apice artistico di tutto il viking metal (anche se di Viking questa musica ha poco, trattando della mitologia finnica e non di quella norrena, però nell'immaginario collettivo questa musica è viking). Nelle due tracce che compongono questo disco, dalla rispettiva durata di trenta e ventisei minuti, troviamo una musica che inizialmente si fa fatica a comprendere, ma che comunque si sente che ha quel "qualcosa" in più, quell'alone magico che con gli ascolti verrà fuori e ci conquisterà; e puntualmente succede così, anche se bisogna ascoltare il tutto veramente tante volte, con pazienza e dedizione. Dedizione, questa parola che ormai sembra dimenticata e completamente svuotata del suo senso. Bisogna essere dediti alla musica per poter apprezzare un disco come "Havitetty", il quale si presenta fin da subito ostico e molto particolare; basta notare che l'introduzione della prima traccia si prolunga per circa dieci minuti, tra arpeggi in sordina e atmosfere dimesse, fino a quando appare un timido crescendo che ci porta, sempre lentamente, alla prima esplosione vera e propria. Da qui in avanti è un tripudio di suoni, stratificazioni di chitarre che ricreano un viaggio epico e senza precedenti, melodie che possono essere all'occorrenza tranquille e pastorali oppure rigonfie di malinconia ardente, progressioni da brividi che sovvertono il concetto stesso di "epicità" e lo portano ad un livello superiore: non si tratta più di semplice musica dal sapore epico - cavalleresco, bensì di una vera e propria epopea che ha scelto chitarre e tastiere come mezzi espressivi. La tagliente voce in screaming, talvolta sostituita da esaltanti inserti corali che infiammano l'aria come il respiro di un drago, squarcia l'etere con la sua rabbiosa disperazione, ricordandoci che anche dietro una melodia apparentemente serena c'è sempre una tristezza di fondo che non si può estinguere; le percussioni sono potenti e bilanciate, talvolta enormi come il suono di macigni immensi che cadono con fragore; gli strumenti classici, come le chitarre acustiche e i flauti, fanno capolino ogni tanto ma senza mai invadere la scena (sono lontani i tempi delle roboanti tastierone di "Kivenkantaja"!); insomma si tratta di una musica fiammeggiante, di notevole spessore, spesso lenta ma non per questo noiosa o poco coinvolgente; un viaggio interiore, più che esteriore. Inutile dire che brani così massicci sono praticamente impossibili da descrivere sommariamente, ed è altrettanto insensato cercare di estrapolarne alcune parti per isolarle dal contesto: non si renderebbe giustizia alla musica.
Nella sua potenza battagliera e pagana, ha una capacità evocativa formidabile; nella sua graniticità ti rapisce i sensi con un suono potentissimo eppure non perfettamente cristallino, e come al solito perfetto per adattarsi al genere suonato; nel suo ardore drammaturgico ti assorbe completamente, al punto che potresti andare avanti all'infinito una volta entrato in sintonia con tale atmosfera. "Havitetty" è un enorme fiume che scorre come una colata di magma ribollente, che non si ferma davanti a nulla, che annichilisce le nostre certezze e ci scava nell'anima, rivoltandola da sotto in su per quasi un'ora, fino ad un triste epilogo nel quale il riff portante sfuma e ci lascia alle sole rovine di un falò ormai morente, che ha accompagnato una battaglia senza precedenti. Non mi vengono in mente metafore sufficientemente calzanti per descrivere la sensazionale esperienza musicale di questo disco: per cui vi esorto a comprarlo, ad ascoltarlo, a viverlo nota dopo nota, fino a quando non sarà diventato parte indissolubile di voi. Album così vicini alla perfezione assoluta capitano di rado; non fatevelo scappare per nessuna ragione al mondo.
01 - Jäästä Syntynyt / Varjojen Virta (30:10)
02 - Tuleen Ajettu Maa (26:19)