BadMoodMan Music, 2009 |
Ritornano i russi The Morningside con il loro secondo full - lenght, dopo l'interessante e bucolico esordio denominato "The Wind, The Trees And The Shadows Of The Past". Titoli sempre lunghi per i dischi di questo quartetto, così come sono lunghe le loro composizioni, sempre in bilico tra le melodie più calde e le atmosfere più gelide, tra il psichedelico progressivismo del post - rock e l'affascinante grezzume delle sonorità black metal.
La band prosegue la sua evoluzione musicale in modo convincente, partorendo un disco che riprende i punti forti del debut album e li migliora ulteriormente, cesellando i suoni e introducendo anche diverse novità stilistiche. Se il precedente album era un inno alla natura, tendenzialmente pacato e costituito da tracce intensamente malinconiche e ricche di interminabili parti melodiche di chitarra, qui troviamo invece un sound sempre molto articolato dal punto di vista delle chitarre soliste, ma indubbiamente più grintoso e aggressivo, leggermente più spostato verso la componente black e sulla graniticità delle chitarre ritmiche. Dopo l'introduzione, ce ne accorgiamo subito dalla partenza di "Fourteen": quasi a richiamare le sonorità più Katatonia - oriented, la band decide che oltre a pennellare melodie spettacolari è anche capace di ribassare i toni e risultare oscura e impenetrabile, anche grazie ad un growl - scream sempre di ottima fattura, rabbioso e acido (senza scadere in pessimi e strozzati grugniti che non vanno da nessuna parte). Ma presto il gruppo cede alla propria indole e il brano ritorna a perdersi in fughe chitarristiche ispiratissime, che danno quasi l'impressione che gli strumenti stiano parlando, che ci stiano comunicando i più reconditi segreti delle loro anime metalliche. E così va avanti per tutto l'album, regalandoci tracce pregevoli come "Insomnia" e "The Outcome (Admit One)", capaci di smuovere gli animi con le loro melodie comunicative e sincere, che non sono scisse da un'ottima tecnica strumentale e da una meticolosa ricerca a livello compositivo ed esecutivo (vedi per esempio l'elaborata title - track).
La band prosegue la sua evoluzione musicale in modo convincente, partorendo un disco che riprende i punti forti del debut album e li migliora ulteriormente, cesellando i suoni e introducendo anche diverse novità stilistiche. Se il precedente album era un inno alla natura, tendenzialmente pacato e costituito da tracce intensamente malinconiche e ricche di interminabili parti melodiche di chitarra, qui troviamo invece un sound sempre molto articolato dal punto di vista delle chitarre soliste, ma indubbiamente più grintoso e aggressivo, leggermente più spostato verso la componente black e sulla graniticità delle chitarre ritmiche. Dopo l'introduzione, ce ne accorgiamo subito dalla partenza di "Fourteen": quasi a richiamare le sonorità più Katatonia - oriented, la band decide che oltre a pennellare melodie spettacolari è anche capace di ribassare i toni e risultare oscura e impenetrabile, anche grazie ad un growl - scream sempre di ottima fattura, rabbioso e acido (senza scadere in pessimi e strozzati grugniti che non vanno da nessuna parte). Ma presto il gruppo cede alla propria indole e il brano ritorna a perdersi in fughe chitarristiche ispiratissime, che danno quasi l'impressione che gli strumenti stiano parlando, che ci stiano comunicando i più reconditi segreti delle loro anime metalliche. E così va avanti per tutto l'album, regalandoci tracce pregevoli come "Insomnia" e "The Outcome (Admit One)", capaci di smuovere gli animi con le loro melodie comunicative e sincere, che non sono scisse da un'ottima tecnica strumentale e da una meticolosa ricerca a livello compositivo ed esecutivo (vedi per esempio l'elaborata title - track).
Il disco scorre nel lettore in modo piuttosto omogeneo, puntando sempre tutto sulla raffinatezza delle linee chitarristiche, sull'ottimo growling (che rimane però quasi sempre in secondo piano rispetto agli strumenti) e all'attitudine progressive che costituisce l'ossatura dei brani, rivalutati però in chiave prettamente metal per quanto riguarda le sonorità. I brani hanno infatti mantenuto la loro natura camaleontica, variando spesso i propri temi portanti e riuscendo sempre a non risultare banali nè monotoni, ed è così che riescono a non annoiare mai nonostante il minutaggio rispettabile. Ascoltare "Moving Crosscurrent Of Time" dà l'idea di un piacevole viaggio in automobile attraverso paesaggi mutevoli, senza scadere nella malinconia inguaribile, ma mantenendo sempre un certo piglio di vivere e un'energia di fondo che non si assopisce mai. In sostanza, un lavoro godibilissimo e ben costruito, che pur essendo lontano dall'essere un capolavoro, è sufficientemente curato ed ispirato da meritarsi un degno posto nelle vostre discografie. I fan di gruppi storici come Agalloch, Katatonia e Ulver troveranno nei The Morningside una valida conferma, che non sfigura affatto di fronte ai "maestri".
P.S: Non renderei giustizia all'album se non citassi la copertina: quei raggi di sole che avvolgono l'albero sono tra le cose più belle che ho visto in fatto di copertine di dischi metal. Complimenti!
P.S: Non renderei giustizia all'album se non citassi la copertina: quei raggi di sole che avvolgono l'albero sono tra le cose più belle che ho visto in fatto di copertine di dischi metal. Complimenti!
01 - Intro (4:20)
02 - Fourteen (6:15)
03 - Autumn People (9:11)
04 - Insomnia (6:39)
05 - Moving Crosscurrent Of Time (9:00)
06 - The Outcome (Admit One) (9:58)
07 - Outro (6:52)