Osmose Productions, 2012 |
Se siete alla ricerca di un'esperienza musicale davvero nuova, e se non avete paura di tuffarvi a capofitto in un album a dir poco colossale, la nuova fatica targata Elysian Blaze non può che essere la scelta perfetta per voi. Con questo impressionante e interminabile doppio album, il talentuoso musicista australiano Mutatiis produce infatti quella che può essere considerata come la sua conferma definitiva, il tetto massimo della sua arte oscura ed esoterica, quell'arte che aveva sbalordito tutti quando uscì il precedente "Levitating The Carnal", di cui questo nuovo "Blood Geometry" rappresenta l'evoluzione più spettacolare e completa che si possa immaginare.
Mutatiis, che da sempre è l'unico componente del progetto, si muove fin dagli albori su terreni a metà tra il black metal e il funeral doom, donando alle sue composizioni una notevole atmosfera e un piglio compositivo che pesca a piene mani dal dark ambient, dal depressive black e perfino un po' dal drone. In questa confusa orgia di etichette e classificazioni, che possono solo dare un'idea approssimativa dell'estro che possiede Mutatiis nel fonderli assieme, nasce con tre anni di ritardo sulla tabella di marcia questo "Blood Geometry", doppio album dalla durata complessiva di due ore e dieci minuti, un tempo obiettivamente pachidermico che rende il disco un avversario davvero difficile da fronteggiare perfino per un appassionato del genere. Sarebbe impresa ardua ascoltare due ore di qualsiasi tipo di musica, ma con gli Elysian Blaze la cosa diventa ancora più difficile, considerando la loro proposta a dir poco di nicchia, zeppa di elementi particolarissimi che non fanno altro che complicare ulteriormente l'esperienza dell'ascolto. Oltre alla complessità strutturale dell'opera, che è indubbiamente notevole, c'è infatti da rimanere annichiliti dai suoni gelidi e remoti, dalla produzione volutamente confusa e ovattata, dalle ritmiche ossessive e malevole che variano la velocità lungo uno spettro molto ampio, dalla voce che è poco più che un lamento demoniaco sepolto nelle viscere del pianeta a chilometri di profondità. E soprattutto, c'è da rimanere annichiliti dal modo in cui tutti questi elementi si combinano assieme per restituire un disco di una compattezza stilistica e di una coerenza interna eccellente. Gli strumenti penetrano uno dentro l'altro creando muraglie ipnotiche e suggestive, tra tappeti sonori epicheggianti, improvvise accelerazioni e rallentamenti che paiono annegare nel vuoto per poi lasciare spazio a decine di minuti di atmosfera pura, in un complesso e stupefacente caleidoscopio di strutture e sovrastrutture pluristratificate che bisogna avere la pazienza di estricare e comprendere poco alla volta, con il passare degli ascolti (ne servono a decine, prima di cominciare a capirci qualcosa). Ritmiche funeral doom su suoni black, ambientazioni drone su melodie che arrivano a toccare la new age (provare per credere), alternanza tra pieno e vuoto che ha un sapore squisitamente cosmico e onirico, sprazzi di sacralità maledetta che si affiancano alla pesantezza più schiacciante, e così via in un continuo evolversi di sonorità e intenti che conducono in un labirinto incomprensibilmente vasto e complicato. Stupenda è la scelta di lasciare la produzione sonora allo stesso livello "povero" che avevamo ascoltato su "Levitating The Carnal"; nonostante essa costituisca un elemento di disturbo per chi volesse intraprendere un ascolto attento (e in tal caso buona fortuna al temerario che ci proverà!), l'impastamento e la rarefazione del suono è ciò che rende questo disco così evocativo, alla pari di un protagonista inaspettato che sbalordisce per la forza con la quale si impone sulla scena: il pianoforte. Esso costituisce la vera anima di "Blood Geometry", comparendo nei momenti più intensi come dispensatore di vita o di morte, e producendosi in melodie che risultano perfino commoventi, se di commozione si può parlare in un album così ferale e notturno, che non lascia spazio per la luce del giorno. Vi accorgerete subito che non sono le rombanti e confuse chitarre, nè la latrante voce, nè le inquietanti tastiere, nè le maestose sezioni corali ad avere il pieno controllo della scena; i tasti bianchi e neri sono i veri padroni, i maestri indiscussi che compaiono quando c'è bisogno di una presenza autorevole che metta in riga tutti gli altri, per annichilirli con una dimostrazione di proterva superiorità. L'entrata del pianoforte, dalla timbrica oscura e liquida, conferisce al disco un carattere marziale, misterioso, adamantino; come una vera e propria opera musicale, capace di lasciare segni indelebili nell'anima.
Dando un'occhiata alla tracklist, si può farsi solo una vaga idea di ciò che troveremo all'interno di questo "Blood Geometry". Cosa possiamo infatti aspettarci da pezzoni giganteschi come "Sigils That Beckon Death", di ventitrè minuti, "Pyramid Of The Cold Son" di ventidue, e "Blood Of Ancients, Blood Of Hatred" di addirittura trentasei? Spiegarlo in poche parole è impossibile: succedono troppe cose all'interno di essi, e su ciascun minuto si potrebbe parlare per ore, sviscerando tutti i significati di una musica di tale intransigente e severa bellezza. Ogni pezzo potrebbe essere considerato un disco nel disco, un'appendice all'appendice, un differente movimento di un'opera dalle sfaccettature infinite. Posso solo dire che "Blood Geometry" è un disco che porta all'estremo ogni aspetto della musica estrema, dilatando i tempi in maniera encomiabile e coraggiosa, e proponendosi con uno spirito che più anticommerciale non potrebbe essere, consapevole del fatto che la sua bellezza verrà colta solamente da chi possiede la giusta attitudine e la giusta pazienza per comprendere a fondo un lavoro come questo. Mutatiis non si è limitato a ricopiare "Levitating The Carnal" e a riproporcelo in versione allungata, ma ha creato un vero e proprio monumento musicale nero, un monolite immenso che potrebbe diventare la vostra prossima ossessione, che vi lascerà totalmente incapaci di intendere e di volere e che vi terrà inevitabilmente soggiogati. Perchè una volta che si entra nei siderali meandri di "Blood Geometry", uscirne è davvero un compito arduo.
Un lavoro titanico, da venerare silenziosamente nei secoli dei secoli.
Un lavoro titanico, da venerare silenziosamente nei secoli dei secoli.
CD 1
01 - A Choir For Venus (4:30)
02 - The Temple Is Falling (18:25)
03 - Sigils That Beckon Death (23:55)
04 - Blood Geometry (9:01)
CD 2
01 - A Blaze For Twilight (3:45)
02 - Pyramid Of The Cold Son (22:12)
03 - Blood Of Ancients, Blood Of Hatred (36:36)
04 - Void Alchemy (11:12)