Appease Me Records, 2005 |
Qualcuno magari pensava che il debutto dei francesi Monolithe, composto da un'unica traccia di cinquantadue minuti, sarebbe rimasto un esperimento nella loro carriera, uno di quei dischi che concepisci una sola volta nella vita e poi passi ad altro; in effetti, una scelta così oltranzista e radicale poteva disorientare chiunque non fosse più che intenzionato a conoscere la band e il suo particolarissimo mondo sonoro. Invece, due anni più tardi i Monolithe ritornano in auge con un album che da questo punto di vista è esattamente identico al suo predecessore. Dura un minuto e mezzo in meno, questo è vero, ma la sostanza non è cambiata: una sola, mastodontica traccia di oltre cinquanta minuti, ancora una volta intitolata con il nome del disco stesso. Come per dire: la coerenza prima di tutto, chi ci ama ci segua così come siamo, chi non ci ama stia alla larga dai nostri album. Su questo bisogna dire che i Monolithe meritano rispetto, se non altro per la loro spiccata anticommercialità e per la loro maniera prettamente personale di concepire il funeral doom, portandolo alle estreme conseguenze di sé stesso.
A livello musicale, qualcosa è cambiato? Sì e no, in parti che è difficile quantificare con esattezza. Siamo di fronte ad un nuovo monolite interminabile di funeral doom etereo, dlatato e onirico, che bisogna vivere con una certa partecipazione, senza fretta, senza la pretesa che la musica allenti la presa e diventi meno soffocante, se non per alcuni momenti circoscritti. L'ottimo impianto sonoro non è cambiato, la compattezza della composizione è eccellente, le idee melodiche vincenti non mancano; nonostante il lavoro sia più o meno la fotocopia del debutto "Monolithe I", si lascia ancora una volta ascoltare con piacere, a patto che riusciate a concepire l'idea di un brano tanto lungo ed asfissiante, che non si può far altro che ascoltare tutto di fila se volete che tale brano acquisti un senso compiuto. Ma allora, dove sono le novità che accennavo prima? Stanno più che altro nei dettagli, nelle sfumature: un'attitudine che è diventata un pochettino più progressiva, una minore pesantezza delle linee chitarristiche, una maggiore presenza di tastiere, un uso leggermente più accentuato delle dissonanze (con il riff a 27:35, per esempio, il gruppo supera se stesso!), e addirittura l'inserto di una fisarmonica che con la sua lenta malinconia folkloristica costituisce l'elemento più originale e distintivo di questo lavoro, dato che non è propriamente uno strumento affine al classico funeral doom, e invece qui appare perfettamente contestualizzato ed efficace. Ma come dicevo, si tratta di dettagli: anche un ascoltatore esperto faticherà a trovare differenze sostanziali tra Monolithe I e II, che si muovono su coordinate pressoché identiche e, come ci si può aspettare, faranno nuovamente la gioia di chi ha apprezzato il primo lavoro, mentre lasceranno ugualmente indifferente chi non l'aveva apprezzato ai tempi.
A dire il vero, c'è qualcosa in "Monolithe II" che non mi convince pienamente. Forse è colpa di un suono di tastiera che in certi momenti ha un timbro un po' troppo artefatto; ma non penso si tratti solo di ciò. In fondo si tratta di un dettaglio, al quale si può passare sopra senza troppi problemi. Il problema, se di problema si può parlare, è su un livello differente. Non saprei come spiegarlo, ma a questo seguito manca un po' di quella spontaneità di cui era dotato il debutto, diventando sicuramente più raffinato ed elaborato, più complesso a livello di arrangiamenti e di songwriting, ma anche meno squisitamente emozionale, meno spontaneo appunto. Nonostante le atmosfere siano comunque epiche e grandiose, e le melodie siano di ottimo livello, il disco non riesce a convincermi fino in fondo: mi convince al 99%, ma non al 100%. Il problema di base credo sia uno solo: per quanto l'ascolto sia in ogni caso un'esperienza interessante e coinvolgente, credo che la soluzione stilistica di base sia già stata sfruttata a fondo con il precedente "Monolithe I", e che il disco avrebbe dovuto mostrare un'evoluzione più netta, per staccarsi dallo status di disco fotocopia. Le piccole differenze tra i due album non sono sufficienti a togliermi dalla testa l'idea che "Monolithe II" sia un leggero calo di tono, anche se diverse persone mostrano di apprezzarlo più del debutto, quindi non voglio dare alle mie affermazioni una connotazione assoluta. Ma nonostante tutto, anche se in certi punti pecca un po' di artificiosità, "Monolithe II" è indubbiamente un disco validissimo, un lavoro con tutte le carte in regola per impressionare positivamente ogni appassionato di funeral doom che si rispetti. Non mi resta dunque che rinnovare i complimenti ai Monolithe, se li meritano tutti.
01 - Monolithe II (50:27)