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domenica 17 luglio 2011

Burzum - "Hvis Lyset Tar Oss"

Misanthropy Records, 1994
Ho impiegato non poco tempo prima di comprendere e assimilare Burzum, nome dietro al quale si cela il ben conosciuto musicista norvegese di nome Varg Vikernes, che tutti conosciamo per i rilevanti fatti di cronaca nera avvenuti nei primi anni '90. Non starò a tediare il pubblico con il racconto trito e ritrito del burrascoso passato di Varg: in questa sede voglio unicamente occuparmi della musica, che solo di recente è entrata a far parte di me, nonostante conoscessi Burzum da almeno una decina d'anni.

A quanto ne so, non sono l'unico ad essere stato catturato "in ritardo" dalla sua musica, che è notevolmente ostica, onirica e di difficile assimilazione, nonostante sia scarna e decisamente poco complessa. Varg riversa nei suoi album tutto il suo malessere esistenziale e le sue paranoie misantropiche, partorendo sempre dischi introspettivi e carichi di sentimento negativo: è innegabile che al primo impatto ciò possa disorientare l'ascoltatore non avvezzo, il quale probabilmente rimarrà interdetto dalle atmosfere gelide, dall'ossessività ritmica, dalla staticità compositiva e nondimeno dalle strazianti urla di Varg, più simili a lamenti in corso di una tortura, che ad un canto. Il fatto che Varg sia solito inserire sezioni dark ambient e sottofondi di tastiera nei suoi album non migliora le cose: tale caratteristico impreziosimento non serve per rendere la musica più mite e fruibile, bensì per aumentare la sensazione di paranoia e di marciume che essa crea, grazie a giri ipnotici e sinistri, ripetuti fino a far cadere l'ascoltatore in un limbo indefinito di straniamento. Come spesso accade nel black metal, o se non altro nel suo filone più classico e ortodosso, la tecnica strumentale è molto elementare e passa in secondo piano: ci saranno cinque o sei riff in tutto l'album, i ritmi sono sempre i soliti 4/4 e 6/8, le modulazioni sono praticamente assenti. Cosa rende allora questo disco un lavoro così speciale, a parte l'inquietante copertina, raffigurante il dipinto "Il Povero" di Theodor Kittelsen?

Non è così immediato rispondere a questa domanda, ma ci provo. Prendiamo per esempio la prima lunghissima traccia "Det Som Engang Var" (non collegata con l'omonimo album di Burzum, uscito l'anno precedente). In questi quattordici minuti Varg crea quella che si può chiamare la sua summa compositiva, il suo paradigma, e vi racchiude l'essenza della sua musica. Riff di chitarra taglienti come spade di ghiaccio ci avvolgono per due interminabili minuti prima di iniziare con una lunghissima cavalcata, nè lenta nè veloce, pregna di malvagità occulta e caratterizzata da giri di chitarra e tastiera rabbrividenti, che si ripetono decine di volte senza mollarci mai, come ossessioni striscianti che ormai hanno catturato la nostra mente e ci condurranno sempre più verso il Male. Qui sta la magia di Burzum: nel suo secco minimalismo, la sua musica possiede un potere occulto notevole, lucidamente folle, capace di risvegliare in noi le più oscure emozioni, specialmente con l'uso di una vocalità malata e schizofrenica. Per cogliere la vera essenza di questa musica occorre un full - immersion mentale, un'attenzione particolare nel cogliere le impercettibili sfumature che caratterizzano i pezzi, senza le quali essi sarebbero unicamente piatti e monotoni. E ovviamente serve un'attitudine particolare, un amore innato verso il gelo e le sonorità claustrofobiche, perchè nei dischi di Burzum è solo questo che troviamo, senza mezzi termini. Ciò vale sia per i brani più veloci e aggressivi come le due tracce centrali "Hvis Lyset Tar Oss" e "Inn I Slottet Fra Droemmen" (anch'esse assai ripetitive, ma potentemente malvage e feroci), sia per i brani ambient strumentali come la conclusiva "Tomhet". Quest'ultima traccia, ben conosciuta ed apprezzata nell'universo burzumiano, si compone di quattordici minuti di ipnotismo privo di distorsioni, che spegne i pensieri razionali e ci porta ad un livello diverso di coscienza.

Il connubio tra Black Metal e Dark Ambient raggiunge, con questo album, una delle sue vette più alte. Disco seminale nella produzione artistica di Burzum e di tutto il black metal in generale, "Hvis Lyset Tar Oss" è un'esperienza quasi metafisica, che va assaporata senza pretese di raffinatezza o ricercatezza, ma semplicemente per quello che è: una lucida, terrificante rappresentazione della condizione umana nei suoi aspetti più cupi e insondabili. Burzum potrà essere amato oppure odiato, specialmente per le sue vicende personali e per le sue discutibili esternazioni di stampo filosofico - religioso: ma quando un essere umano, chiunque esso sia, riesce a partorire una musica di tale forza espressiva, ogni giudizio cessa di avere significato ed è solo la musica che deve parlare.

01 - Det Som Engang Var (14:21)
02 - Hvis Lyset Tar Oss (8:04)
03 - Inn I Slottet Fra Droemmen (7:51)
04 - Tomhet (14:11)