Dammerung Arts, 2012 |
Oramai, quando esce un qualsiasi nuovo lavoro targato Agalloch, serpeggia tra i fan una certa agitazione. La band di Portland ha saputo crearsi un proprio stuolo di fan che seguono con attenzione ogni loro movimento, e fremono alla notizia che c'è del nuovo materiale pronto per l'ascolto; è per questo motivo che quando è stato reso annunciato questo extended play, la gente si è precipitata in massa sul sito della band chiedendo di poterlo ascoltare in anteprima, e alla fine sono stati tutti accontentati grazie ad un link dove era possibile ascoltare il disco in streaming. Nell'attesa che il disco sia ufficialmente disponibile per l'acquisto in copia fisica, scrivo questa recensione dopo aver ascoltato più volte la traccia gentilmente offerta dalla band.
Dopo un disco controverso ma a mio parere splendido come "Marrow Of The Spirit", che spostava le coordinate della band verso un sound più black oriented e più enigmaticamente oscuro rispetto agli esordi, tocca a "Faustian Echoes" il compito di portare avanti questo nuovo filone musicale. Ispirato al noto capolavoro di Goethe, questo dischetto monotraccia dalla durata di ventun minuti e mezzo ha la caratteristica di non suonare esattamente come ci si aspetterebbe dagli Agalloch, anche perchè è risaputo che quando questa band incide un extended play, il più delle volte lo fa per sperimentare qualcosa e per mostrare un volto leggermente differente da quello che si conosceva già. "Faustian Echoes" è un brano a tratti molto aspro, capace di accelerazioni repentine e di devastazioni in blast beat così come di momenti di inquieta riflessione; è dominato da un growl non più sussurrato come in "The Mantle", ma da un growl - scream rancido e greve; è infarcito di momenti recitati e di arpeggi obliqui che ricordano quasi le gelide contorsioni del black metal norvegese. Non si fa fatica a riconoscere, comunque, la mano di Haughm e soci quando si tratta di suonare un po' più melodici, anche se questi momenti di ritorno al passato non sono poi molti, nell'economia totale dell'album. Questo brano esplora maggiormente i lidi oscuri, drammatici se vogliamo, evolvendosi progressivamente con quella flemma tipica del gruppo che lentamente arriva dove vuole e ci conduce per mano in un affascinante viaggio in terre gelate e malinconiche.
Essendo la naturale prosecuzione dell'ultimo full length, le sezioni acustiche non abbondano, e quando ci sono risultano piuttosto limitate e compresse, fungendo da abbellimenti che sottolineano i momenti chiave. Esse sono state messe in secondo piano per far risaltare maggiormente la componente elettrica e le atmosfere depressive, perfettamente espresse dalle chitarre in tremolo e da una produzione che ancora una volta è leggermente incerta, e proprio per questo ottimamente calata nel contesto generale. In sostanza, i ventun minuti scorrono piacevolmente nel lettore, magari non facendo gridare al miracolo, ma confermando ancora una volta l'indiscussa classe di questa band, ormai affermata come una delle migliori realtà del mondo metal. "Faustian Echoes" è in definitiva un dischetto da considerare come un ponte di passaggio, un momento di transizione che presumibilmente aiuterà a spostare le coordinate sonore ancora un po' più in là nella ricerca di un suono crepuscolare e spigoloso. Ma sapendo che gli Agalloch ci hanno abituato a cambi di direzione repentini, non ci metterei la mano sul fuoco: chissà cosa tireranno fuori dal cilindro la prossima volta...posso solo scommettere che sarà ancora una volta un lavoro di qualità assoluta, come sempre.
01 - Faustian Echoes (21:35)