Napalm Records, 1995 |
Se chiediamo ad un sincero appassionato di underground che tipo di musica suonino i Summoning, è difficile che egli riesca a risponderci in tempi brevi: tenderà piuttosto a fare un lungo giro di parole per spiegare quanto la musica di questo duo austriaco sia epica e sontuosa, grezza e raffinata allo stesso tempo, concettuale e particolarmente attenta alle atmosfere, maestosa e meravigliosa quando partono certe melodie che si stampano in testa come francobolli indelebili. Egli vi citerà probabilmente, come migliori esempio della vita della band, dischi eccellenti come "Minas Morgul", "Dol Guldur" e "Stronghold"; ma quasi nessuno si ricorderà di questo "Lugburz", il primo vero album della band dopo gli svariati demotape, l'unico disco in cui il gruppo era ancora un terzetto e annoverava tra le proprie fila un batterista in carne e ossa. Perchè questo disco viene spesso tralasciato e relegato ad esordio debole e scialbo?
La risposta più semplice è: perchè non è un disco "alla Summoning" ! E non mi sento di criticare quest'affermazione, poichè è assolutamente vera. "Lugburz" è molto lontano dalle magniloquenti cavalcate che troviamo nei successivi album, è lontano dal concetto di epicità in senso stretto, è un disco se vogliamo "primordiale" e gelido. La componente black metal, che con gli anni andrà sempre più a sfumare in favore della melodia e della pomposità, è qui presente in massima parte, e si esprime in brani abbastanza brevi (secondo gli standard del gruppo), veloci e martellanti, dai riff taglienti come spade di ghiaccio, e poco popolati dai sintetizzatori che successivamente verranno usati in quantità industriali. Si intuisce nel riffing una buona propensione verso la ricercatezza e le melodie sviluppate, ma il tutto deve ancora sbocciare e per ora è espresso solo in parte, come una crisalide che ancora non è diventata farfalla ma che già cela al suo interno, ben nascosti, i suoi meravigliosi colori. Queste tinte cromatiche appaiono di tanto in tanto come aperture melodiche che spezzano la crudezza della batteria e della voce, latrata e distante come il lamento di un lupo solitario e ferito; oppure in evocativi intermezzi puliti come il pianoforte posto al centro di "Flight Of The Nazgul" (spesso considerata come il miglior brano del CD, e il più vicino a ciò che i Summoning diventeranno poi). Niente male anche la drammatica "Dragons Of Time", dall'introduzione particolarmente coinvolgente, e fa la sua bella figura anche l'intro "Grey Heavens", momento di serenità e spensieratezza che viene poi spazzato via dall'incedere ruzzolante del resto dell'album.
Per quanto "Lugburz" venga spesso bistrattato, io non lo ritengo affatto un album poco riuscito o privo di idee; il suo problema è il confronto con i dischi che sono seguiti, i quali lo schiacciano impietosamente sotto tonnellate di superiorità. Ma preso così com'è, questo disco è di tutto rispetto: una violenta e grezza rappresentazione delle malvagità racchiuse nelle lande di Mordor, o della veloce marcia dei perfidi Uruk - Hai lungo il fiume. Non gli manca l'atmosfera, nonostante sia ben lontana dai veri Summoning; e non gli manca l'ispirazione, poiché il disco non annoia e si lascia ascoltare piacevolmente, pur nella sua lieve staticità. "Lugburz" è un tassello fondamentale per comprendere appieno la storia dei Summoning, e non può essere ignorato, sarebbe un vero peccato metterlo da parte così impietosamente. Sostanzialmente, un album da rivalutare.
01 - Grey Heavens (1:45)
02 - Beyond Bloodred Horizons (3:37)
03 - Flight Of The Nazgul (7:07)
04 - Where Winters Forever Cry (4:04)
05 - Through The Valley Of The Frozen Kingdom (6:22)
06 - Raising With The Battle Orcs (5:44)
07 - Master Of The Old Lure (4:14)
08 - Between Light And Darkness (3:29)
09 - The Eternal Lands Of Fire (3:36)
10 - Dragons Of Time (6:01)
11 - Moondance (4:46)