Napalm Records, 1995 |
Non è propriamente semplice recensire un disco dei Summoning, un po' perchè il loro stile è molto particolare e difficilmente inquadrabile in un unico genere, un po' perchè i loro dischi sono in ultima analisi tutti uguali, o meglio tutti molto omogenei e simili tra loro. Non che ciò rappresenti per forza un problema, anzi: la loro coerenza, a mio parere, è il loro punto di forza. Il fatto è che costruiscono i loro album sempre sulla stessa falsariga, ovvero le atmosfere epico - cavalleresche debitrici del fantasy e delle colonne sonore, il tutto con spruzzi più o meno consistenti di black metal lento e ragionato. La mosca bianca della discografia è rappresentata da "Lugburz", il loro primo lavoro, che non aveva ancora raggiunto la maturità artistica e la profondità di songwriting necessaria per far decollare il duo austriaco; tale album era fin troppo grezzo e scarno per risultare realmente interessante. Con il successivo "Minas Morgul", invece, ecco che i Summoning sbocciano definitivamente e danno il via ad una carriera strabiliante, fatta di capolavori incisi uno dopo l'altro con naturalezza sopraffina, capolavori che hanno portato alla band un'ottima notorietà e un alone quasi leggendario, nel loro genere.
Quasi tutti sanno che i due austriaci Protector e Silenius amano suonare musica che si ispira chiaramente e costantemente ai grandi classici tolkieniani (in particolare l'immenso "Signore degli Anelli"). Non sono certamente i primi ad ispirarsi al fantasy: ciononostante, nessuno come loro è riuscito a trasporre tali opere in musica con una tale efficacia. Almeno, questa è la mia opinione, che però viene condivisa praticamente da tutti, in quanto è evidente che tra i gruppi epic - black i Summoning hanno una marcia in più. Atmosfere blackeggianti, nevose, oscure e fumose imperano per tutto "Minas Morgul" in perfetto accordo con la natura di tale luogo (nel Signore degli Anelli è la città dei morti, nel tetro regno di Mordor); gli onnipresenti e importantissimi sintetizzatori aggiungono invece quel tocco epico e vagamente folkloristico che trasfigura il sound grezzo e primordiale di "Lugburz" rendendolo ora splendidamente evocativo, arricchendolo con atmosfere magiche e melodie luminose che controbilanciano la severità dell'impianto sonoro di base. I brani sono un continuo evolversi di melodie che cambiano volto e si incastrano le une sulle altre, in sviluppi sempre piuttosto lenti e cadenzati, sovente retti da numerosi strumenti e costantemente accompagnati da una voce in screaming che trasmette freddezza animalesca, disumana e aspra come gli Orchetti di Mordor. Come in ogni altro disco dei Summoning, è inutile descrivere i pezzi uno per uno, poiché il disco va visto come un viaggio da intraprendere necessariamente dall'inizio alla fine, senza tappe intermedie. Ciò non significa che il disco sia monotono: ci sono brani più veloci, altri più lenti, semplici intermezzi d'atmosfera che precedono suite celebrative, momenti puramente emozionali e oasi di quiete riflessiva; un po' di tutto, in questo calderone epico e dal respiro leggendario. Non mancheranno certamente i momenti in cui verranno alla mente le poderose immagini dei capolavori tolkieniani, nè i momenti in cui l'emozione prevarrà e farà accelerare i battiti del cuore: può darsi che le sonorità dei Summoning non siano gradite a tutti, così come non sia gradita a tutti la loro attitudine recitativa e pomposa, ma nessuno potrà mai dire che la loro è una musica che manca di qualità e ispirazione.
"Minas Morgul" è il primo di una lunga serie di dischi favolosi e dall'indiscutibile personalità. Forse, escludendo "Lugburz", è il loro disco più oscuro e difficile da assimilare; ma allo stesso tempo è così affascinante da risultare irresistibile. Non vi rimane che dargli una possibilità: finirà che odierete il gruppo fin da subito, oppure che ve ne innamorerete perdutamente. Come con il genere fantasy, non ci sono vie di mezzo: o lo si ama, o lo si odia. Ancora una volta è superfluo ricordare da quale parte stia il recensore.
"Minas Morgul" è il primo di una lunga serie di dischi favolosi e dall'indiscutibile personalità. Forse, escludendo "Lugburz", è il loro disco più oscuro e difficile da assimilare; ma allo stesso tempo è così affascinante da risultare irresistibile. Non vi rimane che dargli una possibilità: finirà che odierete il gruppo fin da subito, oppure che ve ne innamorerete perdutamente. Come con il genere fantasy, non ci sono vie di mezzo: o lo si ama, o lo si odia. Ancora una volta è superfluo ricordare da quale parte stia il recensore.
01 - Soul Wandering (2:32)
02 - Lugburz (7:14)
03 - The Passing Of The Grey Company (9:16)
04 - Morthond (6:44)
05 - Marching Homewards (8:11)
06 - Orthanc (1:39)
07 - Ungolianth (6:36)
08 - Dagor Bragollach (5:05)
09 - Through The Forest Of Dol Guldur (4:46)
10 - The Legend Of The Master Ring (5:27)
11 - Dor Daedaloth (10:15)