Volcano Entertainment, 2001 |
Alla fine del secolo dei lumi, il celebre filosofo prussiano Immanuel Kant andava affermando che "la conoscenza senza ragione è cieca, senza esperienza è vuota". Da sempre al progressive è stata appiccicata l'etichetta di musica vacua, troppo razionale e senza vere buone idee che potessero reggersi da sole in una forma canzone più tradizionale, come la sola ragione, non sufficiente a definire una forma di conoscenza che potesse reggersi su se stessa. Se la rivoluzione del rock, in questo senso, è già avvenuta con dischi quali “Red” dei King Crimson, il metal, fino all'uscita di questo disco ormai nel lontano 2001, è stato orfano di un disco che combinasse composizione, riflessione e anima
E' una rivoluzione. Il disco riesce a riscrivere il modo di creare musica progressive ed influenzerà tutte le band alternative e progressive metal a venire. Musicalmente, la chitarra assume un approccio minimalista: nessuna nota fuori posto, potenti accordi scandiscono fredde sezioni ritmiche, le parti strumentali invece assumono tinte lisergiche ed oblique, lontane dalla forma assolo in uno stile che è la naturale evoluzione di quello del collega del re cremisi, Robert Fripp. La sezione ritmica, a metà strada fra post hardcore e new wave, viene esaltata e messa in primo piano, basso e batteria si fondono applicando il tribalismo africano in una raffinata e sintetica forma metal. Questo è possibile solamente grazie a degli specialisti dello strumento che non hanno rivali in circolazione, quali Justin Chancellor al basso e Danny Carey alla batteria. Quest’ultimo in particolare riesce a suonare il proprio strumento in una particolare ed innovativa forma timbrica. Il cantato cessa di essere un esercizio di raggiungimento di tonalità elevate: agli acuti vengono privilegiati versatilità, cambio di timbro, e, non ultimo, spessore compositivo dei testi. Il risultato finale è un amalgama di suoni talmente unico che sancisce la creazione di un “prima e dopo” l’ascolto, vista la portata creativa ed innovativa di questa, davvero, nuova musica.
Ma non è solo per la forma che il disco assume un’importanza cruciale: anche nei contenuti il disco è un capolavoro. E’ impossibile non rimanere ammaliati dalle costanti progressioni di "The Grudge", prima traccia in forma quasi "classica" dove un Maynard James Keenan in stato di grazia tiene, modulando la sua voce, modificando il timbro, le redini di una elegantissima suite che si evolve, quasi mitotica, brulicante, fra richiami letterari, misticismi e ossessioni divinatorie. Subito dopo si fa largo un pezzo obliquo, fatto ora di vuoti siderali, ora di chitarre tagliate, autentiche "emozioni distorte", concedetemi il termine, incarnate in "The Patient" che, dopo un magnifico crescendo, sembra quasi implodere per poi risalire in un tripudio di sovraincisioni vocali. Uno dei punti cardine del disco è forse rappresentato dall’indescrivibile “Lateralus”, la title track propone, infatti, oltre ai già preziosi ingredienti degli altri brani, anche un cantato dove le sillabe vengono scandite in modo da formare una sequenza di Fibonacci. Anche i tempi sono mescolati a seconda dello strumento in modo da creare chiari richiami alla matematica. E' importante sottolineare che questo è tutt’altro che un esercizio fine a se stesso: il testo e la musica, assieme alla sequenza di Fibonacci, crescendo come una spirale, si fondono assieme dando vita ad un vortice ascetico che sembra muoversi fino ai confini dell'universo, anche quando la splendida traccia finisce. Nella sezione più eterea di questo album segue, però, quello che è l'altro grande capolavoro del disco: “Reflection”, una batteria dall'approccio tribale guida un Maynard davvero “illuminato” in un rarefatto canto dalle meravigliose liriche, ispirate alle fasi lunari, sospeso fra un tappeto di sintetizzatori ed eteree propagazioni di chitarre strozzate. Il risultato di questa straniante stratificazione è un brano atipico, dalla devastante bellezza. Va detto che tutti i brani di questo disco meriterebbero una menzione a se, l’elevatissimo livello qualitativo dell’album è mantenuto intatto per tutta la durata del disco, ad eccezione forse di 3 piccolissimi pezzi filler, secondo chi recensisce evitabili, ma che, comunque, contribuiscono a creare un'idea "estetica" del contenuto del disco. Parlando di estetica i Tool sono riusciti nell'impresa di comporre, con un'abilità ineguagliata, una musica dal carattere impressionista, dove davvero la piacevolezza dell’ascolto è unita, in qualche modo, alle sensazioni date dalle arti visive. Infatti, nonostante si "ascolti" un disco, la sensazione che si ha è quella di "vedere" lo scorrere di mutevoli immagini. Una nota a parte va al meraviglioso lavoro del chitarrista Adam Jones, autore dei visionari quanto enigmatici video della band che aggiungono, incredibilmente, altro spessore creando un’esperienza di fruizione artistica difficile da definire se non “totalizzante”.
Tutto questo ancora non basta a far capire quanto bello ed importante sia questo “Lateralus”, potrei parlare delle meravigliose citazioni letterarie, dei cenni alla filosofia, orientale e occidentale, di quelli alle teorie dell’inconoscio collettivo di Jung e Strauss, dell’arte divinatoria e di tantissimi altri riferimenti, per un disco che fa della profondità il suo vero punto di forza riuscendo, sopratutto, a giocare anche con la cultura di chi ascolta, oltre che con la propria. Tutto questo però sempre con una certosina attenzione a non creare inutili orpelli: tutto dev’essere funzionale, perchè ricordando le parole di Maynard “Over thinking / over analyzing / separates the body from the mind”, non bisogna prendersi troppo sul serio. Razionalizzando troppo non si ottiene nulla, verità applicabile anche alla musica. Ed è proprio partendo da questa consapevolezza che, passando per il loro terzo occhio, i Tool creano il più importante disco del metal moderno. Saturno è asceso, fra il primo e il decimo, percorrendo una spirale eterna: rivoluzione copernicana avvenuta.
01 - The Grudge (8:36)
02 - Eon Blue Apocalypse (1:05)
03 - The Patient (7:14)
04 - Mantra (1:13)
05 - Schism (6:48)
06 - Parabol (3:04)
07 - Parabola (6:04)
08 - Thicks And Leeches (8:10)
09 - Lateralus (9:24)
10 - Disposition (4:46)
11 - Reflection (11:08)
12 - Triad (8:47)
13 - Faaip De Oaid (2:39)