BadMoodMan Music, 2010 |
Normalmente apprezzo gli album che hanno una direzione ben definita, abbastanza omogenei, comunque comprensibili nella loro interezza. Ci sono delle volte, però, in cui si incappa in dischi che sono totalmente l'opposto, vale a dire dei manifesti di totale incoerenza musicale. Come ci si può comportare di fronte a queste mosche bianche? O si respinge il tutto, con un'espressione di sufficienza stampata sul volto, oppure ci si appassiona e si impara a convivere col sincretismo musicale e l'ecletticità, che prima non si riuscivano ad apprezzare a causa dei propri pregiudizi. Sicuramente è quello che mi è capitato quando sono venuto in contatto con il secondo disco degli spagnoli As Light Dies, pubblicati dalla sempre formidabile BadMoodMan Music.
Una copertina così splendidamente poetica potrebbe richiamare alla mente atmosfere gothic - dark, ma nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. O forse no: probabilmente c'è anche il gothic - dark all'interno di questo album, dato che i quattro musicisti sembrano averci messo dentro di tutto, apparentemente senza alcuna coesione logica nè tantomeno un proprio stile definito. Provate ad ascoltarlo tutto di fila, non riuscirete a trovare un filo conduttore nemmeno a pagarlo: si comincia con un'emozionante introduzione orchestrale e pianistica, dal sapore drammatico, per poi passare ad un brano di progressive metal estremo, nel quale chitarre frastagliate, una batteria mitragliante su ritmiche alla Meshuggah e violini ferocemente psicotici violentano le nostre orecchie senza pietà alcuna, come in una manifestazione musicale dell'agitazione psicomotoria più violenta e incontenibile. Potrebbe anche essere che si tratti di un disco del genere, violento e paranoide, che ci ha ingannato con un'inizio ammaliante ma poi rivela la sua vera natura tritaossa; potrebbe essere, se non fosse che il terzo brano ci spiazza ulteriormente con il suo andamento spiccatamente melodico, vagamente orientaleggiante (anche se è cantato in francese) e con una voce pulita profonda e teatrale che si alterna al growl. Le melodie a tratti assumono un carattere tzigano, per via dell'onnipresente violino che lungo tutto il disco svolge un lavoro magistrale, anche se ogni volta differente a seconda del contesto. Forse adesso riusciamo a capirci qualcosa di più? Nemmeno per sogno, poichè il brano successivo è una messa per organo, in tutto e per tutto simile ad una delle magistrali composizioni del maestro Bach. Molto bella e formalmente perfetta, rimane da capire il suo ruolo all'interno del contesto, ma questo forse lo capiremo più avanti, per ora la scena rimane molto nebulosa e apparentemente priva di senso. Arriva quindi un brano che mischia death, black, thrash e progressive in un colpo solo, senza sbilanciarsi mai troppo verso nessuno di essi; poi un intermezzo pianistico d'atmosfera, che ricorda le moderne composizioni minimaliste; poi un brano di undici minuti cantato in spagnolo da una voce femminile accorata e carica di vibrante sentimento, mentre la base strumentale si evolve in modo imprevedibile con le sue melodie violinistiche e le sfuriate di una batteria a tratti in blast beat; arriva poi un altro brano di undici minuti dedito alla schizofrenia musicale più completa, tra tecnicismi death e ritmi complicati che reggono dissonanze marcatissime e suoni elettronici, nonchè interessanti librazioni di voce pulita. Infine il disco si chiude con una strumentale inquietante, dove un pianoforte senza direzione sembra suonare quasi a caso, come un malato psichiatrico rinchiuso nella sua cella che medita vendetta ma senza sapere da che parte iniziare.
Ho semplificato molto l'eviscerazione dei brani, per non risultare tedioso: ma una descrizione come questa è più che sufficiente per capire che non siamo di fronte ad un disco comune, nè tantomeno semplice. I dettagli li scoprirete con l'ascolto, io qui vi ho dato solo un'infarinatura per farvi capire anche solo vagamente con cosa avete a che fare. Se cercate di classificarlo in un genere preciso, o anche solo in un genere non troppo preciso, fallirete miseramente: questo disco è costruito apposta per stupire, per mischiare generi diversi in un pastone nel quale si sentono tutti ma non si riesce più a distinguerli l'uno dall'altro, per spaziare da un estremo all'altro e per ritornare al punto di partenza dopo aver compiuto mille giravolte per depistare l'ascoltatore, che potrà rimanere totalmente indifferente oppure irrimediabilmente affascinato da tale dimostrazione di schizoide genialità. A dispetto della sua natura meravigliosamente sconclusionata, che potrebbe far domandare per quale motivo un disco del genere debba esistere, bisogna però notare come la tecnica strumentale sia eccellente, come la bravura compositiva dei musicisti coinvolti non si venda certo a poco prezzo, e come il gruppo riesce a creare un tale caleidoscopio di suoni e colori senza che la spiacevole sensazione del "collage" si faccia sentire. "Ars Subtilior" è così ben fatto, talmente ben prodotto e soprattutto così bello e vario che il problema non si pone: si tratta di pura e semplice espressione artistica. Come accennavo prima, il contesto in cui bisogna collocare questo disco è il disco stesso: non c'è altro modo per capirlo e per lasciarsi appassionare. Potrà sembrare pretenzioso, esagerato, spocchioso come la frase riportata in fondo al booklet: ma onestamente non mi interessa se il gruppo si ritiene appartenente ad un elite illuminata, a me interessa solo la musica, che è tanta e ha gli attributi. Considerate dunque tale disco come una rappresentazione dell'incredibile varietà della vita e dell'essere umano, e gustatevelo fino in fondo, perchè non troverete molti dischi come questo in giro.
01 - The Very End (2:31)
02 - The Disinherited (8:07)
03 - Le Nebuleux Sentier (5:10)
04 - Die Letze Fuge Vor Der Flucht (4:43)
05 - Trapped In Flesh (8:51)
06 - Yearning For Blissful Moments While Standing Upon The Ruins (2:56)
07 - Sombra Y Silencio (11:40)
08 - Insignificant Among Insignificance (11:07)
09 - When Everything Fades Away (1:53)