Solitude Productions, 2012 |
La provenienza geografica potrebbe ingannare: può un freddo e spietato disco di doom death arrivare da una terra tradizionalmente calda e festosa come la Spagna? Certo che sì: non è che tutti gli spagnoli debbano per forza essere allegri tutto il giorno, e il metal ormai ha raggiunto una copertura planetaria in tutti i suoi sottogeneri, quindi non c'è niente di cui stupirsi se il doom death comincia a far presa e a trovare esponenti di rilievo anche tra le popolazioni latine.
Gli Evadne, alfieri di questa nuova corrente musicale, suonano questo genere con passione, e lo si capisce fin dalle prime note dell'opener "No Place For Hope": un arpeggio triste di vaga matrice My Dying Bride, poi l'esplosione di un riff squarciante sotteso da un growl poderoso, ed ecco che già qualcosa ci si muove dentro, irresistibile: musica che ti annienta emotivamente, che fa salire immediatamente un brivido freddo lungo la schiena. Sarà l'eccellente produzione e la resa sonora impeccabile, sarà l'impatto devastante del bellissimo growl di Albert, sarà quel che volete, ma si sente subito quando una band ha qualcosa da comunicare. I brani variano molto al loro interno, inserendo spesso quelle sezioni arpeggiate oscure che ricordano i primi Mar de Grises, basando l'impatto ritmico sulle stoppatone e sui ritmi sincopati, macinando riff sempre molto tenebrosi e possenti di matrice Swallow The Sun (è ormai inevitabile che chi suona doom death si debba rifare ai maestri del genere!), andando a creare brani dinamici e vari, brani che rendono al massimo se sputati dalle casse di uno stereo a tutto volume: se ascoltato così, "The Shortest Way" sarà un'esperienza travolgente, nonostante la durata sia di sessantacinque minuti, che ritengo sempre piuttosto pesante da digerire anche per un fan accanito del doom death. Tastiere soffuse, note dolenti di pianoforte, riflessione e raccoglimento interiore, sprazzi di rabbia incontrollabile: in questo cocktail di suoni e sensazioni non mancano gli episodi memorabili, come la lunghissima "And I Will Leave Behind", che ci ammalia con una riuscita alternanza tra growl e voce femminile, salvo poi sorprenderci con accelerazioni improvvise e poderose, di quelle che hanno la forza di polverizzare il granito; anche "One Last Dress For One Last Journey" brilla di luce propria, con le sue ritmiche veloci in doppia cassa che si alternano a riflessivi momenti di quiete dominati dal pianoforte, mentre la voce pulita maschile (anche qui molto Swallow The Sun) fa da ponte tra i due modi diversi di impattare contro l'emotività. Niente male anche la disperazione esistenziale di "Complete Solitude", che pare non sapere dove andare, rassegnata ad eterne peregrinazioni tra la vita e la "morte in vita"; notevole inoltre la breve strumentale "The Wanderer", nella quale la protagonista diventa una lancinante e sofferta chitarra solista in doppia linea, accompagnata da un tappeto di strumenti mesto e delicato. Logicamente, in un disco di tale durata è difficile che la qualità sia sempre la stessa e che l'attenzione rimanga sempre costante, ma devo dire che comunque la qualità media rimane sempre buona, senza particolari cali di tono.
Gli Evadne, alfieri di questa nuova corrente musicale, suonano questo genere con passione, e lo si capisce fin dalle prime note dell'opener "No Place For Hope": un arpeggio triste di vaga matrice My Dying Bride, poi l'esplosione di un riff squarciante sotteso da un growl poderoso, ed ecco che già qualcosa ci si muove dentro, irresistibile: musica che ti annienta emotivamente, che fa salire immediatamente un brivido freddo lungo la schiena. Sarà l'eccellente produzione e la resa sonora impeccabile, sarà l'impatto devastante del bellissimo growl di Albert, sarà quel che volete, ma si sente subito quando una band ha qualcosa da comunicare. I brani variano molto al loro interno, inserendo spesso quelle sezioni arpeggiate oscure che ricordano i primi Mar de Grises, basando l'impatto ritmico sulle stoppatone e sui ritmi sincopati, macinando riff sempre molto tenebrosi e possenti di matrice Swallow The Sun (è ormai inevitabile che chi suona doom death si debba rifare ai maestri del genere!), andando a creare brani dinamici e vari, brani che rendono al massimo se sputati dalle casse di uno stereo a tutto volume: se ascoltato così, "The Shortest Way" sarà un'esperienza travolgente, nonostante la durata sia di sessantacinque minuti, che ritengo sempre piuttosto pesante da digerire anche per un fan accanito del doom death. Tastiere soffuse, note dolenti di pianoforte, riflessione e raccoglimento interiore, sprazzi di rabbia incontrollabile: in questo cocktail di suoni e sensazioni non mancano gli episodi memorabili, come la lunghissima "And I Will Leave Behind", che ci ammalia con una riuscita alternanza tra growl e voce femminile, salvo poi sorprenderci con accelerazioni improvvise e poderose, di quelle che hanno la forza di polverizzare il granito; anche "One Last Dress For One Last Journey" brilla di luce propria, con le sue ritmiche veloci in doppia cassa che si alternano a riflessivi momenti di quiete dominati dal pianoforte, mentre la voce pulita maschile (anche qui molto Swallow The Sun) fa da ponte tra i due modi diversi di impattare contro l'emotività. Niente male anche la disperazione esistenziale di "Complete Solitude", che pare non sapere dove andare, rassegnata ad eterne peregrinazioni tra la vita e la "morte in vita"; notevole inoltre la breve strumentale "The Wanderer", nella quale la protagonista diventa una lancinante e sofferta chitarra solista in doppia linea, accompagnata da un tappeto di strumenti mesto e delicato. Logicamente, in un disco di tale durata è difficile che la qualità sia sempre la stessa e che l'attenzione rimanga sempre costante, ma devo dire che comunque la qualità media rimane sempre buona, senza particolari cali di tono.
Non troverete niente di nuovo in questo album, ma troverete quella scintilla vitale che fa vibrare le corde dell'anima, quel "non so che" di particolare che trasforma un album manieristico in un buon album, certamente senza troppe pretese ma al tempo stesso onesto e sincero. Se dunque siete fan di band come My Dying Bride, Swallow The Sun e November's Doom, potreste dare una possibilità anche a questi atipici spagnoli, alle prese con un genere che tradizionalmente non è il loro ma che qui hanno dimostrato di saper suonare in maniera convincente.
01 - No Place For Hope (6:51)
02 - Dreams In Monochrome (7:49)
03 - Complete Solitude (9:08)
04 - One Last Dress For One Last Journey (8:20)
05 - All I Will Leave Behind (10:53)
06 - The Wanderer (4:26)
07 - Further Away The Light (8:01)
08 - Gloomy Garden (9:27)