Firebox Records, 2003 |
Stijn van Cauter è il musicista che sta dietro il progetto Until Death Overtakes Me, nonchè a numerosissimi altri progetti musicali, ed è l'unico a cui dobbiamo fare riferimento per valutare un disco come "Prelude To Monolith". A metà tra funeral doom e drone ambient, il disco assembla oltre un'ora di musica immobile, pesante, senza compromessi: o si entra in sintonia con una modalità tanto estrema di comporre musica, oppure ci si ritrae indietro schifati, pensando che il musicista in questione dovrebbe semplicemente stare un po' di più alla luce del sole.
Non è facile descrivere un disco simile senza metterci dentro opinioni personali, dato che un genere come questo basa la propria fortuna principalmente sullo stato d'animo e sulla predisposizione dei suoi ascoltatori. Anche io, che sono un fan del funeral doom e di tutte le sue sfaccettature, trovo difficile digerire questo disco per via dei suoi tempi lenti come il passare delle ere geologiche, per l'atroce staticità dei power chords stratificati e abbassati di svariati toni, per la monoliticità delle tastiere che si lamentano come prigionieri in un carcere sotterraneo, unendosi all'organo ecclesiale per creare atmosfere spiccatamente macabre e catacombali. Brani di quindici, diciotto, venti minuti che non scorrono, che non progrediscono mai, rimanendo di una pesantezza inestinguibile, che fa mancare il fiato già dopo qualche minuto di ascolto continuativo: cosa c'è di meglio per accompagnare una giornata grigia e spenta, nella quale la depressione avanza inesorabilmente e si insinua sottopelle? La musica sembra fatta apposta per questo, per ipnotizzare e ammaliare lentamente l'ascoltatore trascinandolo in un limbo dove i pensieri razionali non servono più, e dove si respirano solamente emozioni nere, svuotate di qualsiasi barlume di umanità e solarità. Buio totale. Inoltre, dopo che i primi quattro brani hanno compiuto la loro devastante opera di alienazione psichica, arriva un'incredibile cover della Marcia Funebre di Chopin, una versione semplificata dell'originale ma carica di pathos, nonché arricchita dalla strumentazione tipica del drone doom, che si aggiunge alla maestosità delle pesanti note di pianoforte. Il vibrante organo che chiude il pezzo, e con sè il disco, contiene tutta l'emozione del pezzo originale, condensata in pochi secondi nei quali i brividi lungo la schiena saranno assicurati.
Certo, non è tutto perfetto in questo album, nonostante il suo intento di trascinarci nelle profondità degli abissi insondati sia lodevole. Perfino nel funeral doom più annichilente, infatti, solitamente c'è sempre una struttura che si sviluppa, un saliscendi di sonorità, una progressione di emozioni, anche se attuata con tempi biblici: qui pare non esserci niente di tutto questo, solo un continuo ripetersi di suoni decadenti e atmosfere lugubri, tastiere eteree e sognanti che però rimangono sempre statiche e immodificabili, mentre le percussioni assomigliano a rintocchi di campane che scandiscono un rituale mortifero, e non aggiungono assolutamente nulla al contesto generale, in termini di varietà e sviluppo. Quasi si abbandonano i ritmi, l'attenzione si sposta solo sui suoni, peraltro di qualità piuttosto mediocre: le chitarre, per esempio, hanno un suono molto povero, di scarsa profondità. Vanno un po' meglio i suoni delle percussioni, che però sono rare; il suono delle tastiere invece è così evidentemente sintetizzato che a tratti sembra uscire da Guitar Pro. Una scelta più accurata dei suoni e una produzione migliore avrebbe dato una spinta notevole ad un album come questo, nel quale manca del tutto un songwriting vario e ispirato, che deve appunto essere compensato da altro, per catturare l'attenzione. Ecco che i brani rischiano di diventare veramente troppo pesanti, addirittura noiosi, viste anche le loro durate spropositate (per un paio di brani siamo attorno ai venti minuti). Per sopportare un disco come questo bisogna estraniarsi, è praticamente
impossibile ascoltarlo con totale attenzione e partecipazione, altrimenti si
rischia di impazzire. Ci saranno sicuramente ascoltatori che troveranno "Prelude To Monolith" affascinante, ma mai come in questi casi bisogna dire che Stijn ha prodotto un disco di nicchia, destinato a dividere i fan anche all'interno dello stesso filone funeral - drone. Senza rivali dal punto di vista del livello di distacco dalla realtà che garantisce, ma ampiamente superato sotto tutti gli altri punti di vista da altre formazioni che hanno saputo sfruttare molto meglio i mezzi a loro disposizione per produrre dei veri capolavori. Pertanto, consiglio questo disco solo ai più irriducibili e accaniti fan del genere, con il monito di ascoltarlo prima di comprarlo: potreste rimanere delusi.
01 - Prelude To Monolith (2:23)
02 - Missing (21:43)
03 - Absence Of Life (15:19)
04 - Slip Away (19:42)
05 - Marche Funebre (8:45)