Anni fa, quando ero un accanito fan dei Candlemass, ricordo di aver visto nel booklet di Dactylis Glomerata un baldo giovine dall’aspetto bizzarro, calvo e con indosso un’improbabile camicia sgargiante. Gli amichevoli sfottò ovviamente si sprecavano: “Ma dov’è andato a prenderseli Leif i nuovi musicisti?”, oppure: “Chi è il suo stilista? Gargamella?”, e ancora: “Ma costui lo sapeva che quella foto sarebbe finita nel booklet oppure l’hanno incastrato?”.
Poi gli anni passano, molta acqua scorre sotto i ponti tra successi e vicissitudini...e un bel giorno succede di imbattersi in First Contact//Last Warning, album d’esordio di tali Jupiter Society. Il momento è solenne. Può capitare abbastanza frequentemente di rimanere piacevolmente colpiti quando si ascolta qualcosa di nuovo; ma quell’immediata sensazione di aver scoperto qualcosa di grande, qualcosa di unico, quella capita giusto una volta ogni tanto, poche volte nella vita. Non ci vuole una laurea per capire come il Prog proposto da questi Jupiter Society sia ben diverso da tutto quello che si è già sentito: un Prog lento e compassato, macchinoso, a tratti quasi pachidermico, e non solo nelle ritmiche perché è soprattutto lo stile vocale, strutturato e paziente, che contribuisce a creare questa sensazione di impantanamento. Un Prog che mette al primo posto nelle proprie preferenze la melodia e l’atmosfera. E nonostante le sonorità non siano mai taglienti o aggressive, gli orchestrali toni epici, oscuri e pomposi degni del miglior film di fantascienza interstellare rendono quest’opera immensa, e a tratti quasi spaventevole, con le sue atmosfere così palpabili che si tagliano con un coltello. Un Prog come non l’avevo mai sentito.
Completamente ammaliato dai primi ascolti, irrimediabilmente ammansito da alcune trovate musicali, ho approfondito febbrilmente la conoscenza di questa band: la mente che architetta da dietro le quinte questo crocevia tra una one-man band ed un collettivo; il “chairman” - come si fa chiamare lui - che quasi in stile Ayreon si è circondato di un intero equipaggio, un’autentica messe, di musicisti e cantanti per registrare il proprio disco; questo sapiente burattinaio che muove i mille e mille fili di siffatto concept ambientato nello spazio; costui, dicevo, è il tastierista Carl Westholm, precedentemente noto per aver collaborato con Leif Edling in Abstrakt Algebra e Krux, e per il progetto Carptree condiviso con Niclas Flinck, progetto che si inserisce in quella corrente di Rock progressivo moderno molto elettronico. Carl Westholm...uhm...calvo, svedese, tastierista “imparentato” con Leif Edling...il nome non mi era del tutto nuovo, ma improvvisamente la sua passata collaborazione con gli Abstrakt Algebra fece scattare in me la scintilla: recuperai il booklet di Dactylis Glomerata e lo sfogliai fino a trovare la fatidica scritta: “Keyboards: Carl Westholm”. Parbleu! E’ proprio lui! Il baldo giovine dall’aspetto bizzarro, calvo e con indosso un’improbabile camicia sgargiante!
Ma ora il baldo giovine dall’aspetto bizzarro, calvo e con indosso un’improbabile camicia sgargiante, è diventato adulto e la musica se la scrive da sé con risultati strabilianti. In effetti in First Contact//Last Warning si sente tanto l’influenza delle sonorità tipiche dei Carptree, moderne ed elettroniche, quanto l’influenza dei Krux nei toni oscuri e gravosi che contraddistinguono l’intera opera. Ma non si tratta solo una combinazione di queste due influenze, non già una semplice miscela dell’esperienza musicale di Westholm, bensì molto di più: un Prog come non l’avevo mai sentito, come sottolineavo qualche riga fa. Per farsi un’idea della sopraffina capacità compositiva di Westholm basta dare un’occhiata ad esempio a Cold, Rigid And Remote: ammirate come si evolve la melodia nelle parti più quiete, e con quale pomposità esplodono da esse gli enormi, lenti riff. Un altro brano da esaminare ai raggi X, forse il migliore in assoluto, è la lunga The Enemy: l’essenza della progressività, prima oscura e intricata quasi fosse un labirinto in cui le melodie giocano e si rincorrono vicendevolmente per poi dischiudersi in un limpido sontuoso ritornello dai toni quantomeno curiosi. Infine il tutto viene inghiottito di nuovo dall’oscurità spaziale con cui si fonde, dando luogo ad un finale strumentale da brividi che ci porta a Solitude Unite Us, un altro pezzo da novanta. Il resto sarà pane per i vostri denti e cibo per la vostra mente: prendete, e mangiatene tutti, questo è il genio di Carl Westholm offerto in sacrificio per voi. E quando dopo quasi un’ora inizierete a sentirvi sazi, dovrete ricredervi: un sopraffino finale in pianoforte, roba da avere la pelle d’oca sullo stomaco, susciterà nuovamente il vostro appetito e vi indurrà a chiedere il bis. Ma il bello della musica è anche questo: una volta che è incisa su disco a miracol mostrare tale rimane per sempre, eterna ed immutabile, pronta per voi ogni volta che la vorrete di nuovo. E i Jupiter Society sono lì, incisi a dar vita a First Contact//Last Warning, un’eterna odissea nel macrocosmo spaziale e nel microcosmo della vostra mente.
Thank you, Carl Westholm.
01 - The Pilot (07:11)
02 - Bismarck Explorer (07:32)
03 - Cold, Rigid And Remote (05:51)
04 - Abduction (07:11)
05 - The Enemy (11:36)
06 - Solitude Unites Us (06:44)
07 - 8511 (04:52)
08 - Presumed Dying (09:38)