Season Of Mist, 2011 |
I britannici Esoteric, attivi da ormai vent'anni nel ramo della musica estrema, hanno una caratteristica particolare: per quanto si possa cercare in Internet e sulle riviste specializzate, non si trovano mai recensioni negative o commenti taglienti nei loro confronti. Provate a controllare: qualsiasi persona che parli degli Esoteric ne parla sempre con rispetto. Magari non apprezza la loro musica in senso stretto, poichè effettivamente ciò che la band suona è un genere molto di nicchia, ma chiunque venga in contatto con le loro produzioni non può fare a meno di riconoscerne l'intinseca qualità. Sembra bizzarro, ma tutto ciò ha una spiegazione: gli Esoteric sono una band colma di idee, fantasia, tecnica e bravura, e per quanto possa suonare difficile e spaventosa la loro musica, queste capacità trasudano da ogni singola nota da loro suonata. "Paragon Of Dissonance", il nuovo album fresco fresco di stampa, è qui per dimostrarci ancora una volta questo apparentemente incrollabile assioma, vale a dire che qualsiasi album targato Esoteric deve essere per forza un prodotto di qualità sopraffina. E lo dimostra molto bene.
Dopo quello che fu l'immenso "The Maniacal Vale", una perla nera e monolitica che ci regalava cento minuti di musica onirica, siderale e oscura, sembrava impossibile partorire un album che non fosse in qualche maniera un calo di tono, anche impercettibile, comunque destinato ad essere inferiore al predecessore. Ma questi quattro inglesi hanno sfruttato bene i tre anni di tempo che hanno impiegato per comporre "Paragon Of Dissonance", e sono riusciti ad evolversi ancora un pochettino. Le coordinate sonore si sono infatti spostate su terreni ancora più entusiasmanti e ricchi, nonostante il gruppo non abbia perso nulla della propria personalità e del proprio stile, ormai consolidato quasi come se fosse un genere a sè stante. Si tratta di Funeral Doom, certo: ma sarebbe un insulto etichettare gli Esoteric unicamente come gruppo Funeral, e secondo me è un insulto etichettarli a prescindere. Come dico sempre, la libera espressione artistica non ha bisogno di etichette: al massimo possiamo discettare sul modo in cui essa prende vita. Nello specifico, possiamo dire che la base è un Funeral Doom, ma ricamato con così tante influenze che è impossibile definire esattamente che razza di musica sia. Quello che sappiamo per certo è che la maestria della band è ormai giunta a livelli imbarazzanti, e non può che far sentire inferiore la stragrande maggioranza delle doom band in circolazione, cronicamente prive di idee. Andando a parlare nello specifico, "Paragon Of Dissonance" è un mastodontico doppio album di 90 minuti, che colpisce fin dai primissimi ascolti (cosa assolutamente non facile nè scontata, quando si suona un genere così criptico e ostico) grazie alle sue magistrali atmosfere, al suo incedere camaleontico e dinamico, alle sue sonorità curate oltre ogni limite della maniacalità e impreziosite da innumerevoli sovraincisioni, alla sua ciclopica pesantezza che si sposa con grazia a melodie di bellezza sconvolgente, agli assoli di chitarra lunghi, sognanti e fantasiosi che non hanno rivali nel genere estremo, e perfino ad alcuni sprazzi di bruciante malinconia che non abbiamo sentito molto spesso nel corso della tumultuosa evoluzione della band. Una malinconia gigantesca, inguaribile, che stringe un cappio attorno al collo e non ha pietà alcuna dei nostri cuori. Le armonie dalle dissonanze stupefacenti e cangianti sono rimaste; è rimasto il growl caldo e lentissimo, tendente all'infinità dello spazio profondo; sono rimasti gli inquietanti e visionari inserti noise (senza i quali il sound sarebbe svuotato di metà della sua potenza evocativa), sono rimaste le ritmiche "a mina vagante", nel senso che non si può mai definire come varieranno e che strani sentieri sceglieranno di prendere. Il superbo songwriting, sempre teso ad esplorare nuovi orizzonti, non è calato nemmeno di un millesimo e si conferma ancora come uno dei principali punti di forza della band: un songwriting capace di far scorrere un'ora e mezza di musica pesante e claustrofobica come se fosse acqua fresca. In definitiva, è rimasto tutto ciò che conoscevamo degli Esoteric. Cosa distingue quindi "Paragon Of Dissonance" dai precedenti lavori della band?
L'innovazione più importante è senza dubbio l'inserimento di linee melodiche indipendenti e protagoniste della scena, cosa che non era apparsa quasi mai nei precedenti lavori. Le chitarre pennellano melodie che suonano completamente nuove, pulite e cristalline, risaltano notevolmente rispetto allo sfondo e prendono per mano l'ascoltatore, invece di stordirlo girandogli attorno e rimanendo in parte indecifrabili, come accadeva in precedenza. Ciò crea dei momenti di beatitudine che rendono "Paragon Of Dissonance" un'esperienza differente rispetto a tutti gli altri album targati Esoteric. Questo album, oltre ad essere curatissimo in ogni suo aspetto e oltre a mantenere una qualità alta in tutta la sua ragguardevole lunghezza, annovera infatti dei momenti di bellezza sublime che non hanno paragone (e che non è facile sentire da una band che in vent'anni ha prodotto album tutti di durata chilometrica, e che ora scrive un altro album di quasi un'ora e mezza dove la durata media dei brani è tredici minuti). Per rendervene conto, ascoltate l'intricato, struggente e lunghissimo (quattro minuti!!) assolo di chitarra alla fine della suadente "Disconsolate": c'è chi venderebbe la madre per scrivere un pezzo simile. Oppure ascoltate il disperato e strappalacrime incedere della desolata "Loss Of Will", le psichedeliche sfumature di "Torrent Of Ills", o le funamboliche contorsioni chitarristiche di "Cipher", talmente tesa e rocambolesca che pare stia per far esplodere le casse dello stereo; e come non citare l'immensa opener "Abandonment", che dopo otto minuti di martellamenti impietosi, saliscendi melodici e armonie cosmiche ci regala un crescendo finale maestoso e imponente, di quelli che fanno rimanere a bocca aperta e senza voce dall'emozione? Ascoltandola vi sembrerà di stare affrontando la salita ad una montagna altissima, oltre la quale vedrete un panorama che si estende per migliaia di chilometri, con le prime brucianti luci dell'alba che quasi sembrano appartenere ad un altro mondo. Un viaggio verso l'alto, sempre più su fino al paradiso. Ed è esattamente questa la sensazione che si prova ascoltando "Paragon Of Dissonance": quella di non appartenere più al mondo che conosciamo, ma ad un mondo nuovo, dove è il sogno a fare da padrone, e non più la ragione. Per dare quel tocco di atmosfera sognante in più, i quattro britannici hanno perfino iniziato a usare il pianoforte, centellinato e rado, ma di un buon gusto quasi imbarazzante.
"Paragon Of Dissonance", perdonatemi il gioco di parole, è un album che non teme paragoni con niente e nessuno: basta a sè stesso, come un gigantesco monolite nero piantato nel terreno, che resisterà a qualsiasi intemperia e continuerà a impressionare le persone che gli passeranno appresso, per millenni e millenni. Ringraziamo gli Esoteric per aver prodotto l'ennesimo, incrollabile capolavoro, e per essere ancora sè stessi nonostante il passare degli anni: è grazie a gruppi come questo che il Metal non morirà mai. Per chi già li conosce, acquisto obbligato e garanzia di ritrovarsi ancora una volta ad adorare il disco in ginocchio. Per chi apprezza il Funeral Doom ma ancora non conosce gli Esoteric, (categoria della quale facevo parte fino a non molto tempo fa) acquisto ugualmente obbligato, in quanto non può esserci occasione migliore per iniziare a scoprirli. Per chi vuole fare della sua vita qualcosa di speciale, e non ha paura di immergere il proprio io in un viaggio siderale attraverso profondità mai sondate prima, acquisto caldamente consigliato.
Dopo quello che fu l'immenso "The Maniacal Vale", una perla nera e monolitica che ci regalava cento minuti di musica onirica, siderale e oscura, sembrava impossibile partorire un album che non fosse in qualche maniera un calo di tono, anche impercettibile, comunque destinato ad essere inferiore al predecessore. Ma questi quattro inglesi hanno sfruttato bene i tre anni di tempo che hanno impiegato per comporre "Paragon Of Dissonance", e sono riusciti ad evolversi ancora un pochettino. Le coordinate sonore si sono infatti spostate su terreni ancora più entusiasmanti e ricchi, nonostante il gruppo non abbia perso nulla della propria personalità e del proprio stile, ormai consolidato quasi come se fosse un genere a sè stante. Si tratta di Funeral Doom, certo: ma sarebbe un insulto etichettare gli Esoteric unicamente come gruppo Funeral, e secondo me è un insulto etichettarli a prescindere. Come dico sempre, la libera espressione artistica non ha bisogno di etichette: al massimo possiamo discettare sul modo in cui essa prende vita. Nello specifico, possiamo dire che la base è un Funeral Doom, ma ricamato con così tante influenze che è impossibile definire esattamente che razza di musica sia. Quello che sappiamo per certo è che la maestria della band è ormai giunta a livelli imbarazzanti, e non può che far sentire inferiore la stragrande maggioranza delle doom band in circolazione, cronicamente prive di idee. Andando a parlare nello specifico, "Paragon Of Dissonance" è un mastodontico doppio album di 90 minuti, che colpisce fin dai primissimi ascolti (cosa assolutamente non facile nè scontata, quando si suona un genere così criptico e ostico) grazie alle sue magistrali atmosfere, al suo incedere camaleontico e dinamico, alle sue sonorità curate oltre ogni limite della maniacalità e impreziosite da innumerevoli sovraincisioni, alla sua ciclopica pesantezza che si sposa con grazia a melodie di bellezza sconvolgente, agli assoli di chitarra lunghi, sognanti e fantasiosi che non hanno rivali nel genere estremo, e perfino ad alcuni sprazzi di bruciante malinconia che non abbiamo sentito molto spesso nel corso della tumultuosa evoluzione della band. Una malinconia gigantesca, inguaribile, che stringe un cappio attorno al collo e non ha pietà alcuna dei nostri cuori. Le armonie dalle dissonanze stupefacenti e cangianti sono rimaste; è rimasto il growl caldo e lentissimo, tendente all'infinità dello spazio profondo; sono rimasti gli inquietanti e visionari inserti noise (senza i quali il sound sarebbe svuotato di metà della sua potenza evocativa), sono rimaste le ritmiche "a mina vagante", nel senso che non si può mai definire come varieranno e che strani sentieri sceglieranno di prendere. Il superbo songwriting, sempre teso ad esplorare nuovi orizzonti, non è calato nemmeno di un millesimo e si conferma ancora come uno dei principali punti di forza della band: un songwriting capace di far scorrere un'ora e mezza di musica pesante e claustrofobica come se fosse acqua fresca. In definitiva, è rimasto tutto ciò che conoscevamo degli Esoteric. Cosa distingue quindi "Paragon Of Dissonance" dai precedenti lavori della band?
L'innovazione più importante è senza dubbio l'inserimento di linee melodiche indipendenti e protagoniste della scena, cosa che non era apparsa quasi mai nei precedenti lavori. Le chitarre pennellano melodie che suonano completamente nuove, pulite e cristalline, risaltano notevolmente rispetto allo sfondo e prendono per mano l'ascoltatore, invece di stordirlo girandogli attorno e rimanendo in parte indecifrabili, come accadeva in precedenza. Ciò crea dei momenti di beatitudine che rendono "Paragon Of Dissonance" un'esperienza differente rispetto a tutti gli altri album targati Esoteric. Questo album, oltre ad essere curatissimo in ogni suo aspetto e oltre a mantenere una qualità alta in tutta la sua ragguardevole lunghezza, annovera infatti dei momenti di bellezza sublime che non hanno paragone (e che non è facile sentire da una band che in vent'anni ha prodotto album tutti di durata chilometrica, e che ora scrive un altro album di quasi un'ora e mezza dove la durata media dei brani è tredici minuti). Per rendervene conto, ascoltate l'intricato, struggente e lunghissimo (quattro minuti!!) assolo di chitarra alla fine della suadente "Disconsolate": c'è chi venderebbe la madre per scrivere un pezzo simile. Oppure ascoltate il disperato e strappalacrime incedere della desolata "Loss Of Will", le psichedeliche sfumature di "Torrent Of Ills", o le funamboliche contorsioni chitarristiche di "Cipher", talmente tesa e rocambolesca che pare stia per far esplodere le casse dello stereo; e come non citare l'immensa opener "Abandonment", che dopo otto minuti di martellamenti impietosi, saliscendi melodici e armonie cosmiche ci regala un crescendo finale maestoso e imponente, di quelli che fanno rimanere a bocca aperta e senza voce dall'emozione? Ascoltandola vi sembrerà di stare affrontando la salita ad una montagna altissima, oltre la quale vedrete un panorama che si estende per migliaia di chilometri, con le prime brucianti luci dell'alba che quasi sembrano appartenere ad un altro mondo. Un viaggio verso l'alto, sempre più su fino al paradiso. Ed è esattamente questa la sensazione che si prova ascoltando "Paragon Of Dissonance": quella di non appartenere più al mondo che conosciamo, ma ad un mondo nuovo, dove è il sogno a fare da padrone, e non più la ragione. Per dare quel tocco di atmosfera sognante in più, i quattro britannici hanno perfino iniziato a usare il pianoforte, centellinato e rado, ma di un buon gusto quasi imbarazzante.
"Paragon Of Dissonance", perdonatemi il gioco di parole, è un album che non teme paragoni con niente e nessuno: basta a sè stesso, come un gigantesco monolite nero piantato nel terreno, che resisterà a qualsiasi intemperia e continuerà a impressionare le persone che gli passeranno appresso, per millenni e millenni. Ringraziamo gli Esoteric per aver prodotto l'ennesimo, incrollabile capolavoro, e per essere ancora sè stessi nonostante il passare degli anni: è grazie a gruppi come questo che il Metal non morirà mai. Per chi già li conosce, acquisto obbligato e garanzia di ritrovarsi ancora una volta ad adorare il disco in ginocchio. Per chi apprezza il Funeral Doom ma ancora non conosce gli Esoteric, (categoria della quale facevo parte fino a non molto tempo fa) acquisto ugualmente obbligato, in quanto non può esserci occasione migliore per iniziare a scoprirli. Per chi vuole fare della sua vita qualcosa di speciale, e non ha paura di immergere il proprio io in un viaggio siderale attraverso profondità mai sondate prima, acquisto caldamente consigliato.
I Maestri sono tornati: inchino, prego. E che sia profondo.
Disco 1
01 - Abandonment (13:34)
02 - Loss Of Will (7:05)
03 - Cipher (9:15)
04 - Non Being (15:30)
Disco 2
01 - Aberration (15:44)
02 - Disconsolate (15:33)
03 - A Torrent Of Ills (13:37)