Cacophonous Records, 1995 |
Dirò la verità: al primo ascolto avevo considerato "Imrama" come un album decisamente poco interessante, tanto da spingermi a metterlo tra i cd da regalare, quelli dei quali aspetto solo di liberarmi poichè ormai non mi interessano più. Ero quasi riuscito a sbolognarlo, quando ho avuto un piccolo scrupolo di coscienza: mi sono detto, proviamo a rivalutarlo, magari non è così scarso. E infatti, puntualmente, mi sono smentito: ora "Imrama" ha acquisito una notevole considerazione e un degno posto nella mia collezione.
Perchè questo? Forse perchè gli irlandesi Primordial sono una band che ha sempre brillato di luce propria, grazie ad un'interessante e personale versione di black - doom - folk metal di stampo celtico e pagano, molto legato alle tradizioni popolari e alla storia: e per questo motivo, è difficile rimanere delusi da una loro produzione. Al massimo, si può arrivare a comprenderla con un po' di ritardo. Nello stesso anno in cui i Blut Aus Nord partorivano l'immenso capolavoro black metal "Ultima Thulee", i Primordial nascevano con questo "Imrama", disco indubbiamente grezzo e acerbo, ma ricco di vibrante passione ed evocative sonorità impastate e marce, non al punto da rendere il disco inintellegibile, ma quel tanto che basta da renderlo affascinante. Il lato "folk" è ancora piuttosto in sordina, se non in casi particolari (la strumentale acustica "Beneath A Bronze Sky"), l'attitudine doom è ancora completamente assente, mentre a predominare è proprio la vena black, dotata di un sapore epicheggiante che è quello che poi ha reso famosi i Primordial, donando loro un sound inconfondibile e immediatamente riconoscibile tra mille. "Imrama" è un susseguirsi di brani di media durata e che viaggiano con l'acceleratore premuto moderatamente, senza eccessi; brani nei quali le chitarre formano un impasto ronzante pressochè continuo mantenendo tuttavia un senso melodico ben definito, nel quale le ritmiche sanno variare la velocità quel tanto che basta per non rendere i brani piatti e monotoni, mentre una voce latrata e sporca ci riempie l'animo di malvagità e sentimenti oscuri, tramutandosi solo occasionalmente in un cantato pulito che per certi versi ricorda la drammaticità dei My Dying Bride, seppur spostata ad un livello più recitativo e meno lamentoso. I brani non spiccano per il fatto di possedere melodie emozionanti o raffinate progressioni armoniche, e nemmeno per essere particolarmente elaborati: la base musicale è sempre piuttosto scarna, il riffing cantilenante e nervoso, gli inserti di chitarra acustica calcolati col contagocce e inseriti qua e là come supplemento; tutto ciò fa apparire l'album come povero di contenuti, almeno inizialmente. Tuttavia, con l'aumentare degli ascolti, il disco rivela la sua latente epicità e carica simbolica, che verrà espressa al meglio dai successivi tre album (in particolare dal mirabile "Storm Before Calm"). I brani, inizialmente tutti simili, iniziano a differenziarsi e ad acquistare un carattere proprio, mentre si acquista consapevolezza che i brani sono tutti in qualche modo legati tra loro, non raffazzonati e approssimativi.
"Imrama" è, in definitiva, un promettente embrione che racchiude in sè grandissime potenzialità, già evidenti ma non ancora portate a compimento ultimo. Non si tratta di un disco scialbo o insignificante, che sia incapace di comunicare emozioni: dopo l'iniziale delusione, chi ha pazienza scoprirà che tra questi solchi si nascondono antiche storie e rituali magici occulti, consumati attorno ad un cerchio di pietre come quello che appare in copertina, perfettamente esemplificativa del carattere musicale del disco. E quelle chitarre dissonanti e sulfuree prenderanno vita e acquisteranno un sapore diverso, facendo di "Imrama" un degnissimo album black metal, l'inizio della carriera di un'interessante e capace band.
Perchè questo? Forse perchè gli irlandesi Primordial sono una band che ha sempre brillato di luce propria, grazie ad un'interessante e personale versione di black - doom - folk metal di stampo celtico e pagano, molto legato alle tradizioni popolari e alla storia: e per questo motivo, è difficile rimanere delusi da una loro produzione. Al massimo, si può arrivare a comprenderla con un po' di ritardo. Nello stesso anno in cui i Blut Aus Nord partorivano l'immenso capolavoro black metal "Ultima Thulee", i Primordial nascevano con questo "Imrama", disco indubbiamente grezzo e acerbo, ma ricco di vibrante passione ed evocative sonorità impastate e marce, non al punto da rendere il disco inintellegibile, ma quel tanto che basta da renderlo affascinante. Il lato "folk" è ancora piuttosto in sordina, se non in casi particolari (la strumentale acustica "Beneath A Bronze Sky"), l'attitudine doom è ancora completamente assente, mentre a predominare è proprio la vena black, dotata di un sapore epicheggiante che è quello che poi ha reso famosi i Primordial, donando loro un sound inconfondibile e immediatamente riconoscibile tra mille. "Imrama" è un susseguirsi di brani di media durata e che viaggiano con l'acceleratore premuto moderatamente, senza eccessi; brani nei quali le chitarre formano un impasto ronzante pressochè continuo mantenendo tuttavia un senso melodico ben definito, nel quale le ritmiche sanno variare la velocità quel tanto che basta per non rendere i brani piatti e monotoni, mentre una voce latrata e sporca ci riempie l'animo di malvagità e sentimenti oscuri, tramutandosi solo occasionalmente in un cantato pulito che per certi versi ricorda la drammaticità dei My Dying Bride, seppur spostata ad un livello più recitativo e meno lamentoso. I brani non spiccano per il fatto di possedere melodie emozionanti o raffinate progressioni armoniche, e nemmeno per essere particolarmente elaborati: la base musicale è sempre piuttosto scarna, il riffing cantilenante e nervoso, gli inserti di chitarra acustica calcolati col contagocce e inseriti qua e là come supplemento; tutto ciò fa apparire l'album come povero di contenuti, almeno inizialmente. Tuttavia, con l'aumentare degli ascolti, il disco rivela la sua latente epicità e carica simbolica, che verrà espressa al meglio dai successivi tre album (in particolare dal mirabile "Storm Before Calm"). I brani, inizialmente tutti simili, iniziano a differenziarsi e ad acquistare un carattere proprio, mentre si acquista consapevolezza che i brani sono tutti in qualche modo legati tra loro, non raffazzonati e approssimativi.
"Imrama" è, in definitiva, un promettente embrione che racchiude in sè grandissime potenzialità, già evidenti ma non ancora portate a compimento ultimo. Non si tratta di un disco scialbo o insignificante, che sia incapace di comunicare emozioni: dopo l'iniziale delusione, chi ha pazienza scoprirà che tra questi solchi si nascondono antiche storie e rituali magici occulti, consumati attorno ad un cerchio di pietre come quello che appare in copertina, perfettamente esemplificativa del carattere musicale del disco. E quelle chitarre dissonanti e sulfuree prenderanno vita e acquisteranno un sapore diverso, facendo di "Imrama" un degnissimo album black metal, l'inizio della carriera di un'interessante e capace band.
01 - Full Arsa (4:47)
02 - Infernal Summer (6:12)
03 - Here I Am King (4:27)
04 - The Darkest Flame (5:19)
05 - The Fires... (5:24)
06 - Mealltach (1:27)
07 - Let The Sun Set On Life Forever (4:27)
08 - To The Ends Of The Earth (5:31)
09 - Beneath A Bronze Sky (3:27)
10 - Awaiting The Dawn... (5:00)