Firebox Records, 2011 |
L'ultimo lamento funebre dei Colosseum, uscito postumo dopo la morte del leader Juhani Palomaki, chiude la trilogia della band finlandese nel migliore dei modi, se non consideriamo la tragica fine del mastermind. Cambiando punto di vista, infatti, potremmo considerarlo come il peggiore dei modi: ma voglio considerarlo un qualcosa di positivo, poichè con "Parasomnia" il compianto leader ci ha regalato un canto del cigno spettacolare. Per quanto la sua morte sia stata un evento tragico, non posso fare a meno di notare come essa abbia permesso ai Colosseum di creare una trilogia che rimarrà per forza di cose immutata, eterna e intoccabile, dato che il gruppo si è definitivamente sciolto. Considero quindi questo "Parasomnia" come il testamento spirituale del musicista, che ha chiuso un cerchio di musica di indubbio valore.
"Parasomnia" è probabilmente il lavoro più raffinato e maturo che i nostri abbiano prodotto, anche se non si distacca minimamente da ciò che abbiamo ascoltato nei due precedenti album. Chi già conosce i Colosseum saprà dunque cosa aspettarsi, vale a dire l'imponente musica catacombale che ha fatto sognare migliaia di doomsters con le sue atmosfere crepuscolari e maledette, venate da una perenne inquietudine malinconica che si esprime tramite brani stupendamente solenni e grandiosi. "Parasomnia" mostra però i segni di un'evoluzione, seppur impercettibile ad un ascolto distratto, e tali segni si notano nell'aumentato spazio dato alla chitarra solista, che diventa la protagonista assoluta di lunghe sezioni strumentali sognanti, fantasiose e riccamente elaborate, ancor più di ciò che avevamo sentito nel primo "Delirium". Il suono è giunto ad un livello di pulizia e profondità ormai inarrivabile, e perfino la mostruosa voce di Juhani si è un pochino raddolcita, diventando meno ringhiosa e accompagnando l'impercettibile ammorbidimento delle atmosfere che caratterizza questo lavoro. Tuttavia, il grosso della musica è sempre lo stesso: le imponenti tastiere sono ancora onnipresenti, avvolgono l'ascoltatore con il loro suono ipnotico e allucinato, ricreando alla perfezione le atmosfere di una terrificante danza funebre di stampo un po' horror. I brani sono sempre dei viaggi interminabili che superano abbondantemente i dieci minuti l'uno (addirittura quindici e ventuno per un paio di pezzi), e l'unica eccezione è costituita dalla quiescente strumentale "Questioning Existence", che fa da cuscinetto ai due brani più salienti del lotto, che sono anche i più lunghi. Essendo il disco piuttosto omogeneo, e come al solito abbastanza monolitico e impegnativo da ascoltare tutto di fila proprio per via della sua scarsa propensione alle evoluzioni fantasiose, mi limiterò a consigliare l'ascolto di "Dilapidation And Death" a chiunque volesse tentare di entrare nel mondo dei Colosseum. Questo enorme brano, il più lungo mai scritto dal gruppo e probabilmente anche il più emotivamente pregno, racchiude in sè tutta la gamma di sentimenti che i Colosseum vogliono comunicare a chi li ascolta: disperazione, oppressione, smarrimento, tristezza inconsolabile, e infine speranza: l'incredibile finale corale ve lo dimostrerà, sollevandovi di peso e portandovi verso l'alto, quasi a raggiungere il paradiso.
Il primo brano, da solo, potrebbe già bastare: tutto il resto del disco è una continuazione delle stesse atmosfere, degli stessi stati d'animo e delle stesse soluzioni stilistiche, melodiche, armoniche e ritmiche. Questo porterà alcuni ad amare ancora una volta la sfibrante coerenza interna dei dischi dei Colosseum, e altri a notare come i brani siano poco differenziabili in senso stretto e tendano ad essere statici e adagiati sugli stessi canoni. Resta il fatto che i punti forti della band a mio parere superano quelli deboli, e che se ci si sforza di passare sopra ad un certo immobilismo sonoro, i brani di "Parasomnia" (così come quelli dei dischi precedenti) racchiudono emozioni grandiose e tonnellate di devastante tragedia. Ritengo quindi superfluo sottolineare ancora l'assoluta qualità e bellezza di questo album: procuratevelo, è un'esperienza da provare, nel bene e nel male.
"Parasomnia" è probabilmente il lavoro più raffinato e maturo che i nostri abbiano prodotto, anche se non si distacca minimamente da ciò che abbiamo ascoltato nei due precedenti album. Chi già conosce i Colosseum saprà dunque cosa aspettarsi, vale a dire l'imponente musica catacombale che ha fatto sognare migliaia di doomsters con le sue atmosfere crepuscolari e maledette, venate da una perenne inquietudine malinconica che si esprime tramite brani stupendamente solenni e grandiosi. "Parasomnia" mostra però i segni di un'evoluzione, seppur impercettibile ad un ascolto distratto, e tali segni si notano nell'aumentato spazio dato alla chitarra solista, che diventa la protagonista assoluta di lunghe sezioni strumentali sognanti, fantasiose e riccamente elaborate, ancor più di ciò che avevamo sentito nel primo "Delirium". Il suono è giunto ad un livello di pulizia e profondità ormai inarrivabile, e perfino la mostruosa voce di Juhani si è un pochino raddolcita, diventando meno ringhiosa e accompagnando l'impercettibile ammorbidimento delle atmosfere che caratterizza questo lavoro. Tuttavia, il grosso della musica è sempre lo stesso: le imponenti tastiere sono ancora onnipresenti, avvolgono l'ascoltatore con il loro suono ipnotico e allucinato, ricreando alla perfezione le atmosfere di una terrificante danza funebre di stampo un po' horror. I brani sono sempre dei viaggi interminabili che superano abbondantemente i dieci minuti l'uno (addirittura quindici e ventuno per un paio di pezzi), e l'unica eccezione è costituita dalla quiescente strumentale "Questioning Existence", che fa da cuscinetto ai due brani più salienti del lotto, che sono anche i più lunghi. Essendo il disco piuttosto omogeneo, e come al solito abbastanza monolitico e impegnativo da ascoltare tutto di fila proprio per via della sua scarsa propensione alle evoluzioni fantasiose, mi limiterò a consigliare l'ascolto di "Dilapidation And Death" a chiunque volesse tentare di entrare nel mondo dei Colosseum. Questo enorme brano, il più lungo mai scritto dal gruppo e probabilmente anche il più emotivamente pregno, racchiude in sè tutta la gamma di sentimenti che i Colosseum vogliono comunicare a chi li ascolta: disperazione, oppressione, smarrimento, tristezza inconsolabile, e infine speranza: l'incredibile finale corale ve lo dimostrerà, sollevandovi di peso e portandovi verso l'alto, quasi a raggiungere il paradiso.
Il primo brano, da solo, potrebbe già bastare: tutto il resto del disco è una continuazione delle stesse atmosfere, degli stessi stati d'animo e delle stesse soluzioni stilistiche, melodiche, armoniche e ritmiche. Questo porterà alcuni ad amare ancora una volta la sfibrante coerenza interna dei dischi dei Colosseum, e altri a notare come i brani siano poco differenziabili in senso stretto e tendano ad essere statici e adagiati sugli stessi canoni. Resta il fatto che i punti forti della band a mio parere superano quelli deboli, e che se ci si sforza di passare sopra ad un certo immobilismo sonoro, i brani di "Parasomnia" (così come quelli dei dischi precedenti) racchiudono emozioni grandiose e tonnellate di devastante tragedia. Ritengo quindi superfluo sottolineare ancora l'assoluta qualità e bellezza di questo album: procuratevelo, è un'esperienza da provare, nel bene e nel male.
01 - Dilapidation And Death (21:39)
02 - Questioning Existence (3:52)
03 - Passage To Eternity (15:40)
04 - On The Strand Of Nightmares (11:58)
05 - Parasomnia (10:16)