Prophecy Productions, 1997 |
L'acerbo esordio "A Wintersunset..." era un disco riuscito a metà, che mescolava melodie romantiche e appassionate con pecche importanti che lo penalizzavano non poco. Inevitabile, dunque, che il secondo album sarebbe stato la prova del nove per gli Empyrium: e fortunatamente la band tedesca ha compiuto il salto di qualità, un vero e proprio zompo che li ha catapultati direttamente tra i grandi nomi del folk - gothic - doom metal. Più metallico, più arioso e meglio assemblato del suo predecessore, "Songs Of Moors And Misty Fields" è un album che prende per mano e conduce lungo sentieri di una bellezza insuperabile, attraversando verdi vallate e campi di fiori variopinti, carezzati da un vento gentile e da un sole vivificante. Ancora una volta, la cattiveria è assente, dimostrando che non sempre la chitarra distorta richiama questo sentimento; il collante principale è la passione, che assume qui la sua forma più spiccatamente ottocentesca, quella del Romanticismo che tanto ha ispirato poeti e musicisti nello scrivere e cantare di amori finiti, perdita delle persone amate, rimpianti, rimorsi e perenne inquietudine nei confronti della vita, così cangiante e instabile. Ogni composizione di questo album, infatti, richiama ai temi più cari del Romanticismo tedesco, rivisitandoli in chiave ovviamente più moderna, ma sempre fedele al nucleo di tradizione classica.
Finalmente il gruppo abbandona quei mostruosi tappeti di tastieroni che tanto avevano appesantito l'ascolto di "A Wintersunset...", preferendo una musica sicuramente più diretta, che parla direttamente al cuore e si forgia di chitarre maggiormente presenti e protagoniste. L'attitudine sinfonica non è dimenticata, tuttavia: le tastiere sono sempre presenti, solo che ora stanno al loro posto, in sottofondo, accompagnando la musica con il necessario gusto e la necessaria eleganza, senza più voler strafare. Anche le linee vocali sono migliorate notevolmente, sia per quanto riguarda la voce pulita, sia per lo screaming, che ha guadagnato punti in quanto ad espressività: Markus Stock è ora capace di destreggiarsi tra sussurri impercettibili, drammatiche recite e disperate abiure in screaming, senza risultare forzato. Desta un piacevole stupore anche l'inserimento di strumenti classici come il pianoforte, i flauti e i violoncelli (veri, non più tristemente sintetizzati!) che donano quel tocco "folk" ad un lavoro già di per sè molto vario, donandogli una marcia in più e rendendolo ancora più conforme agli scenari che esso vorrebbe evocare. Mescolate il tutto con melodie piangenti e teatrali, accompagnate da mille piccoli impreziosimenti ("Mourners", "Lover's Grief"), tensione emotiva che cresce progressivamente e raggiunge picchi inaspettati ("Ode To Melancholy", "The Blue Mists Of Night") gentili e appassionate odi alla natura che si esprimono sia con pizzichi delicati sia con intense accelerazioni ("The Ensemble Of Silence"), e otterrete un capolavoro. Non posso descrivere dettagliatamente ogni brano, ciò non renderebbe giustizia al disco. Posso solo dire che "Songs Of Moors..." è un album finalmente maturo, superbamente costruito e animato da una forza vitale palpabile, la forza tanto cara agli autori romantici, innamorati della vita e di tutte le emozioni che questa regala, sia positive sia negative. In definitiva, un classico nel suo genere e uno dei meglio riusciti esempi di metal "sentimentale". E, aggiungo io, estremamente sottovalutato. Riportiamo alla luce questa piccola gemma!
01 - When Shadows Grow Longer (1:33)
02 - The Blue Mists Of Night (6:27)
03 - Mourners (9:19)
04 - Ode To Melancholy (8:48)
05 - Lover's Grief (9:12)
06 - The Ensemble Of Silence (9:53)