In general I try to observe and understand music in itself. I mean I really don’t care about separating electronic and metal and classical or jazz and judge them by their stylistic methods. I just don’t mind it. What I mind is what effect they can have on me be it any kind of music. If it’s just two primitive accords that have “the sound”, I am bought. And you can bring me the most sophisticated progressive metal wonder band – without pulling the trigger in me I can’t do anything with them. And so yes, I can find many electronic music precious and interesting as well. “What” is more important than “how”.
Questa dichiarazione di Kátai Tamás, responsabile della voce e delle tastiere e co-responsabile delle chitarre, rilasciata in un’intervista riguardo il presente album è la chiave per capire tutto sui Thy Catafalque: presente, passato, e probabilmente anche qualcosa del loro futuro. Per chi conosce già la band questo Róka Hasa Rádió è stilisticamente facile da decifrare: crea infatti un perfetto continuum artistico col precedente rivoluzionario Tűnő Idő Tárlat, dando ancora più spazio alla vena melodica con una notevole novità che verrà svelata tra poco. Ma in fondo chi li conosce già? In pochi, perché purtroppo - o per fortuna - si tratta di una band praticamente sconosciuta. Coloro che non si sono mai approcciati alla musica del duo ungherese non potrebbero immaginarsi nemmeno lontanamente quale immenso universo musicale è racchiuso dietro un monicker improbabile e poche evocative copertine...ebbene, ascoltare la musica dei Thy Catafalque è un po’ come aprire una piccola porticina trovata per caso - avete presente quando Jack Skeletron trova la porticina per il mondo del Natale? - abbandonata in fondo ad un angolo buio di chissà quale sporca ed umida cantina, e ritrovarsi davanti un nuovo mondo inesplorato, gigantesco, del quale non si scorge l’orizzonte. Róka Hasa Rádió, una nuova galassia esplorata nell’universo sconosciuto dei Thy Catafalque, è un eccellente esempio di arte moderna all’avanguardia che però non rinnega mai ciò che è stato, melodie sognanti e a tratti arcaiche dipinte con un sound modernissimo, un possente Post Black che sfuma in una sorta di minimalismo new age, che spesso e volentieri finisce per assumere delle connotazioni impensabili che potrei definire soltanto come folk elettronico...folk elettronico?!? Nemmeno in Tűnő Idő Tárlat, nel capolavoro Tűnő Idő Tárlat, la band si era spinta a tanto, a dimostrazione del fatto che la musica di questo duo ungherese è davvero un immenso mondo a sé stante del quale non si può sospettare l’esistenza finché non ci si imbatte. Non so voi, ma io non avevo mai sentito nulla di simile...e “folk elettronico” mi sembra quanto di più azzeccato ci sia per descrivere i toni al tempo stesso arcaici e futuristici che la band ci propone. Sembra quasi incredibile che dal drumming granitico e quadrato di brani quali Szervetlen e Köd Utánam e dalle tinte oscure di Őszi Varázslok si finisca alla deriva cullati da gentili onde sonore come in Űrhajók Makón o Kabócák, Bodobácsok, che sembrano quasi riportare indietro nel tempo guardando sempre dritti al futuro. Ma la deriva più bella e conciliante ci è offerta da Molekuláris Gépezetek, diciannove minuti di arte travolgente che non dimenticherete facilmente, così belli e sofisticati nonostante la loro semplicità minimale che ai primi approcci hanno lo spiacevole effetto di oscurare i brani che seguono - effetto, questo, che fortunatamente si volatilizza perseverando in ulteriori ascolti. Ma nonostante la longevità del brano non aspettatevi una suite tecnica alla Dream Theater: si tratta piuttosto di un prolungato respiro cosmico che scorre via in modo semplice ma sofisticato, con poche ma oculate variazioni di tema. E proprio questo sembra essere il principale credo della band: soffermarsi su particolari giri di note, su quei “due accordi primitivi”, ripeterli più volte e cercare di farli rendere al meglio in modo sofisticato grazie anche ad una messe di influenze musicali diverse, e udite udite il tutto senza mai risultare ripetitivi o scadere in banalità da grande pubblico. Giù il cappello.
Ascoltare i Thy Catafalque, ed in particolare ascoltare Róka Hasa Rádió, è un’esperienza che apre davvero un nuovo modo di concepire la musica, un’esperienza mentale sbalorditiva e mozzafiato che auguro a voi tutti di sperimentare sulla vostra pelle, sperando che possiate viverla appieno nel vostro profondo.
Un’ultima considerazione. Questo blog ha deciso, a mio avviso saggiamente, di non assegnare alcun voto ai dischi che recensisce. C’è un aspetto molto spiacevole nel dare i voti ad un disco: navigando in rete si scorge come i dischi recenti non si spingano quasi mai oltre il 7 o il 7.5, e se proprio va bene riescono a strappare un 8 - ma devono davvero fare i salti mortali. Poi uno va a vedere i dischi storici degli anni ’70-’80 e vede che sono pieni di 9 e 10, nonostante spesse volte il contenuto musicale non sia nemmeno lontanamente paragonabile a quello di certi dischi moderni. Non so se sia colpa di pregiudizi o del giganteggiante timore reverenziale, quel che so è che questo atteggiamento di sufficienza nei confronti del Metal odierno è triste ed ignorante: la realtà è che oggigiorno il Metal ha un potenziale artistico esorbitante, siamo pieni zeppi di dischi che si meriterebbero dei 9 e dei 10 molto più di quelli storici datati, e Róka Hasa Rádió dei Thy Catafalque è uno di questi.
01 - Szervetlen (11:22)
02 - Molekuláris Gépezetek (19:11)
03 - Köd Utánam (05:31)
04 - Űrhajók Makón (04:25)
05 - Piroshátú (06:38)
06 - Esőlámpás (04:18)
07 - Kabócák, Bodobácsok (06:30)
08 - Őszi Varázslok (04:41)
09 - Fehér Berek (05:34)