Supernaul Music, 2004 |
Uccellini che cantano, una mesta chitarra acustica che suona un arpeggio sconsolato per poi tacitarsi quasi subito e lasciare spazio solo ai delicati suoni della natura: è così che esordisce "Autumn Aurora", secondo album degli ucraini Drudkh. Se c'è ancora qualcuno che pensa che il metal sia solo rumore, costui dovrebbe ascoltare questo album: si renderebbe conto che il metal non solo è musica a tutti gli effetti, ma può essere talvolta la più poetica delle musiche, la più delicata e soffusa nonostante i ronzanti suoni delle chitarre distorte e i lamenti disperati delle voci in screaming, che squarciano le carni come il vento autunnale ferisce la pelle e la fa avvizzire.
Giunti alla seconda prova discografica dopo lo sfolgorante esordio "Forgotten Legends", il quale offriva una musica ruvida ma autenticamente genuina, i Drudkh proseguono la loro evoluzione spostando leggermente le coordinate sonore. Il black metal crudo, possente e compatto dell'esordio viene mitigato da un'attitudine più soffice, riflessiva e intimista, che evoca una sensazione di tranquillità contemplativa, lasciando quasi completamente in disparte la componente aggressiva. "Autumn Aurora" traspone, nel corso di quaranta intensi minuti, la magia delle atmosfere autunnali, dei loro colori cangianti e violenti, dei profumi di cui è impregnato il bosco nell'atto di spegnersi lentamente nel gelo invernale, dei suoni che popolano la terra attorno agli alberi, calpestata da animali furtivi e carezzata da un vento beffardo e insistente che sposta le foglie facendole crepitare. Un corollario di natura incontaminata e selvaggia, contemporaneamente dolce e rude come solo lei sa essere. La copertina, proposta in due varianti a seconda dell'edizione discografica, è la perfetta rappresentazione della musica, così come il fiammeggiante tramonto di "Forgotten Legends" suggeriva un disco incendiario e sanguigno.
A fronte di uno schema strumentale e stilistico già collaudato, vale a dire la solita produzione volutamente imperfetta e il solito mixaggio volutamente approssimativo, ciò che rende speciale "Autumn Aurora" è la sua irresistibile vena poetica, che lo porta a sconfinare spesso in sezioni acustiche e pulite, a perdersi in melodie spiccatamente tristi e melanconiche ("Glare Of Autumn"), perfettamente controbilanciate da episodi più ariosi e meno sofferti ("Sunwheel"), che poco hanno della tradizionale ferocia del black metal. Non si vuole qui pennellare uno scenario di una natura vendicativa e crudele, bensì del semplice passare del tempo e dello scorrere delle stagioni, che procedono serafiche e indisturbate nei loro millenari rituali. Relativamente lento rispetto alla media del black metal atmosferico, il disco non punta sulla tecnica, nè sulle muraglie di suono, nè sulla potenza sprigionata dagli strumenti o dalla voce: preferisce invece concentrarsi su pochissimi elementi, mettendo l'emozionalità al primo posto e valorizzandosi nel tentativo di creare atmosfere posate e gentili, che possano accompagnare meravigliosamente una passeggiata negli umidi boschi dell'autunno, lasciando che i sensi vengano saturati dalle meraviglie che vi si trovano. Una riuscita novità è l'introduzione di linee tastieristiche, usate tuttavia in maniera così tenue che quasi non si riescono a riconoscere: eppure in qualche modo l'orecchio le percepisce, ed esse vanno ad arricchire la musica in maniera sorprendente, nonostante la posizione marginale che ricoprono. Ecco dunque che prendono vita episodi solenni come "Summoning The Rain", o delicatamente ipnotici come la conclusiva "The First Snow", che ammalia con il suo incedere ripetitivo e frusciante e simboleggia perfettamente il lento e continuo depositarsi dei fiocchi di neve; ma anche il sapore antico e leggendario di "Wind Of The Night Forests" è un qualcosa che lascia incantati e non può non suscitare un qualche genere di emozione anche nel più insensibile degli ascoltatori. Il disco va ascoltato tutto intero: gli album come questo, che si basano unicamente sulle atmosfere, non possono essere spezzettati, altrimenti perdono completamente la loro magia.
A fronte di uno schema strumentale e stilistico già collaudato, vale a dire la solita produzione volutamente imperfetta e il solito mixaggio volutamente approssimativo, ciò che rende speciale "Autumn Aurora" è la sua irresistibile vena poetica, che lo porta a sconfinare spesso in sezioni acustiche e pulite, a perdersi in melodie spiccatamente tristi e melanconiche ("Glare Of Autumn"), perfettamente controbilanciate da episodi più ariosi e meno sofferti ("Sunwheel"), che poco hanno della tradizionale ferocia del black metal. Non si vuole qui pennellare uno scenario di una natura vendicativa e crudele, bensì del semplice passare del tempo e dello scorrere delle stagioni, che procedono serafiche e indisturbate nei loro millenari rituali. Relativamente lento rispetto alla media del black metal atmosferico, il disco non punta sulla tecnica, nè sulle muraglie di suono, nè sulla potenza sprigionata dagli strumenti o dalla voce: preferisce invece concentrarsi su pochissimi elementi, mettendo l'emozionalità al primo posto e valorizzandosi nel tentativo di creare atmosfere posate e gentili, che possano accompagnare meravigliosamente una passeggiata negli umidi boschi dell'autunno, lasciando che i sensi vengano saturati dalle meraviglie che vi si trovano. Una riuscita novità è l'introduzione di linee tastieristiche, usate tuttavia in maniera così tenue che quasi non si riescono a riconoscere: eppure in qualche modo l'orecchio le percepisce, ed esse vanno ad arricchire la musica in maniera sorprendente, nonostante la posizione marginale che ricoprono. Ecco dunque che prendono vita episodi solenni come "Summoning The Rain", o delicatamente ipnotici come la conclusiva "The First Snow", che ammalia con il suo incedere ripetitivo e frusciante e simboleggia perfettamente il lento e continuo depositarsi dei fiocchi di neve; ma anche il sapore antico e leggendario di "Wind Of The Night Forests" è un qualcosa che lascia incantati e non può non suscitare un qualche genere di emozione anche nel più insensibile degli ascoltatori. Il disco va ascoltato tutto intero: gli album come questo, che si basano unicamente sulle atmosfere, non possono essere spezzettati, altrimenti perdono completamente la loro magia.
Il secondo disco dei Drudkh è dunque il loro secondo capolavoro, che sa sfruttare i punti di forza del debutto e li sposta su coordinate pastorali, confermando ancora una volta come il black metal si possa considerare "natura in musica" a tutti gli effetti. Un disco da ascoltare in perfetto silenzio, in mezzo alla natura, in uno stato d'animo devoto e raccolto, senza pensieri negativi per la testa: allora sprigionerà tutto il suo potenziale. Viceversa, non saprà di niente: la bellezza, quella vera, è sempre fragilissima.
01 - Fading (1:31)
02 - Summoning The Rain (5:41)
03 - Glare Of Autumn (5:10)
04 - Sunwheel (8:48)
05 - Wind Of The Night Forests (10:00)
06 - The First Snow (9:11)