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martedì 3 gennaio 2012

Krallice - "Krallice"

Profound Lore Records, 2008
Quando due chitarristi di due band separate si incontrano e decidono di dedicarsi ad un progetto comune c’è sempre inevitabilmente un po’ di curiosità. Se poi le due band in questione sono band pazzoidi come i Behold...The Arctopus e gli Orthrelm la curiosità si fa più intensa: la collaborazione tra le fulmicotoniche abilità tecniche di Colin Marston e Mick Barr ha dato alla luce i Krallice.

C’è un piccolo sassolino che vorrei levarmi subito dalla scarpa: quando la gente parla dei Krallice è solita formulare due nomi con insistenza: Weakling e Wolves In The Throne Room. Onestamente non capisco con quale criterio la gente compia questi paragoni, dato che non riesco a scorgere nessun punto di contatto, nemmeno minimo, tra le due band suddette e i Krallice, eccezion fatta per la nazionalità e la durata dei brani. Non credo che sia molto costruttivo proporre simili paragoni che non stanno in piedi né dal punto di vista delle sonorità, né dal punto di vista compositivo, né tantomeno dal punto di vista dello stile musicale.

Sbolognati dunque questi curiosi luoghi comuni mi accingo ad asserire che lo stile musicale dei Krallice è qualcosa di completamente nuovo, unico nel suo genere, o che quantomeno il sottoscritto non ha mai sentito in nessuna band a loro precedente. Lo stile musicale di quest’album è...pazzesco. Quasi non ci sono chitarre soliste, ma d’altro canto le chitarre ritmiche sono poco più di un’ombra. Ma allora cosa rimane? I riff sono quasi interamente costruiti da chitarre nodose e ossessivamente dinamiche, chitarre tarantolate che non si fermano mai su una singola nota ma che continuano a danzare freneticamente tra due, le quali a loro volta cambiano frequentemente; una tecnica questa che il sottoscritto dal basso della sua profanità non saprebbe descrivervi - somiglia però ad una sorta di tremolo picking portato all'esasperazione. Sembra che Marston e Barr abbiano preso Lev Weinstein, batterista della band che va a completare il trio, e gli abbiano detto: “Tu inventati dei ritmi alla velocità della luce e cerca di variare spesso, al resto ci pensiamo noi”. Detto fatto, eccoli lì come due contorsionisti in preda a un raptus di frenesia ad inventarsi riff che si aggrovigliano l’uno sull’altro in continuazione, quasi come se avessero del peperoncino laddove lo prevede un noto modo di dire, un autentico tour de force per le loro falangi e falangette che probabilmente gridano vendetta ad ogni nota. Niente intermezzi d’atmosfera. Niente pause. Soltanto un tornado di riff su riff che si snodano velocemente uno nell’altro come le radici di un vecchio albero secolare. E tra i garbugli di una simile prestazione chitarristica, che ne è del basso? Il basso, signore e signori, è quanto di più spettacolare io abbia mai sentito alle quattro corde: è un tritacarne perpetuo, metallico, macinante, e continua ad aggiungere increspature alle chitarre. Ma chi lo suona il basso? Ovviamente sempre loro, Marston e Barr. Data la mia insufficienza tecnica, il modo figurativo migliore per descrivere lo stile musicale dei Krallice è di immaginarlo come un nido di serpenti avvinghiati l’uno sull’altro, tutti che si muovono e si dimenano in continuazione senza mai potersi fermare. Tra parentesi - una parentesi che non può essere omessa - Mick Barr per l’occasione si improvvisa anche cantante, e lo fa con risultati clamorosi: un growl urlato senza lode e senza infamia, ma uno scream unico al mondo, devastante, annichilente, semplicemente divino. Ascoltare per credere.

Krallice è un album che non smette di entusiasmare nemmeno dopo parecchi ascolti: ci si rende infatti conto, volta per volta, che, nonostante la band venga comunemente indicata come una delle nuove realtà del Black Metal americano, in realtà ascoltandoli bene c’è ben poco del loro stile che sia realmente assimilabile al Black Metal. I suoni molto metallici, il riffing del tutto particolare, un mood così alieno...eppure proprio mentre si riesce a cogliere questa incompatibilità nascosta, figlia di uno stile orientato all’Avantgarde, ecco che le melodie incredibilmente epiche che ne risultano ci riportano indietro sul sentiero del Black Metal, quasi si trattasse di una musica che descrive temi ancestrali e battaglie medievali. E’ un effetto davvero difficile da descrivere a parole...quindi, se quanto ho scritto è riuscito nel tanto arduo quanto nobile compito di accendere in voi la sacra fiaccola della curiosità, non vi resta che procurarvi l’album e ascoltarlo!

01 - Wretched Wisdom (10:14)
02 - Cnestorial (10:42)
03 - Molec Codices (09:35)
04 - Timehusk (06:05)
05 - Energy Chasms (09:45)
06 - Forgiveness In Rot (15:21)