Azermedoth Records, 2008 |
Dietro questo titolo interminabile, che tradotto significa "espansione della coscienza", si cela il terzo album di Thorkraft, unico componente dei tedeschi Sieghetnar. Quattro tracce senza titolo, tutte molto lunghe eccetto la breve introduzione, per un totale di 55 minuti di black metal atmosferico, sempre a metà tra l'ortodossia del genere e le contaminazioni ambient, e completamente privo di parti vocali. Qualche isolato artista ha tentato la strada del black metal strumentale, con risultati apprezzabili (ad esempio gli Skogyr, o alcune produzioni di Vinterriket): posso dire che anche Thorkraft risulta convincente nelle sue scelte stilistiche, confezionando un dischetto che fa della contemplazione e delle atmosfere gelide il proprio principale punto di forza. L'assenza delle parti vocali non costituisce un difetto, poiché dischi simili hanno come unico scopo quello di creare un'atmosfera, e Thorkraft ci riesce perfettamente anche con la sola forza degli strumenti e dei sintetizzatori.
I brani, nonostante le sonorità grezze e scarne, risultano sufficientemente vari e dinamici, ma mantengono comunque quella necessaria ripetitività di fondo e quell'alone "mistico" necessario per pennellare al meglio gli amati scenari nevosi e freddi che il black metal rappresenta. Complice l'assenza di voce, le composizioni risultano raramente aggressive e preferiscono trascinarsi mestamente in un oceano di depressione e di uggiosità, a tratti accelerando (brano II) ma mantenendo un profilo generale sempre piuttosto lento. Come si conviene al genere, la produzione non è eccelsa, tuttavia i suoni degli strumenti sono ben distinguibili e ciò rende l'ascolto un'esperienza sicuramente fruibile, mai frustrante. Molto riuscite sono le incursioni ambient, che non è difficile accostare a quelle del "maestro" Burzum, ma che riescono comunque ad essere pregevoli e ad arricchire il sound, che altrimenti rischierebbe di risultare troppo piatto. Esse sanno mischiarsi al tappeto strumentale così come presentarsi da sole, e mostrano quindi una buona duttilità. Un esempio di ciò è la terza traccia, probabilmente l'apice compositivo del disco: su un iniziale tappeto di sintetizzatori e pianoforte, si sviluppa successivamente una melodia gracchiante e zanzarosa, ma molto intensa nella sua inguaribile malinconia. Essa ci accompagna per una lunga decina di minuti, variando talvolta le ritmiche e gli arrangiamenti in modo da dare una maggiore "progressività" al sound.
Il disco non è certamente un pioniere dell'originalità, nè un qualcosa di trascendentale: si tratta semplicemente di musica crepuscolare e grigia, da ascoltare a lume di candela e guardando fuori dalla finestra di una baita di montagna, con vista su distese innevate e foreste immacolate. Nessuna pecca rilevante, nè pretesa di essere un capolavoro: un disco onesto e ben costruito, che sollazzerà gli amanti del genere e regalerà loro minuti e minuti di preziosa malinconia.
01 - I (2:02)
02 - II (12:29)
03 - III (11:09)
04 - IV (30:04)