Supernaul Music, 2003 |
Una copertina fiammeggiante e poetica, di rara bellezza, è il biglietto da visita con cui si presenta "Forgotten Legends", album di esordio degli ucraini Drudkh. Già dallo stile dell'immagine di copertina si può intuire qualcosa su ciò che troveremo all'interno dei quaranta minuti del disco: colori violenti e sempre riconducibili al rosso, un tratto grezzo e confuso spalmato sulla tela come grandine che si infrange al suolo, sfumature che non permettono di distinguere bene l'immagine reale dal suo riflesso nell'acqua. La musica dei Drudkh si sposa bene con un'immagine di questo tipo: rustica, incolta, rude e diretta, dannatamente genuina nella sua disarmante semplicità.
Fautori di un black metal piuttosto canonico e debitore dei fasti di Burzum, con il loro debutto i Drudkh assemblano tre tracce di notevole lunghezza, tra cui spicca in particolare l'opener "False Dawn", episodio cardine del disco. Strumentazione ridotta all'osso, partiture elementari e ripetitive, assenza di chitarra solista che si traduce nel costante uso di muri di chitarra taglienti e gelidi, ritmiche possenti e martellanti, screaming che rimane sempre in secondo piano a favore della parte strumentale, qualità sonora approssimativa e impastata: fin qui poco o nulla di nuovo rispetto a ciò che furono i possenti lavori del Conte. A distanza di dieci anni dalle prime, seminali produzioni di Varg (in particolare del capolavoro "Hvis Lyset Tar Oss", del quale si sentono spesso gli echi) i Drudkh ci dimostrano tuttavia che si può continuare a suonare questo genere musicale senza preoccuparsi di scadere nel "già sentito", e senza per forza volerlo contaminare con elementi diversi. Le composizioni di questo "Forgotten Legends" sono infatti coinvolgenti, intense, riccamente atmosferiche nonostante l'assenza di linee di tastiera e la povertà delle soluzioni armoniche. Mentre il roccioso incedere dei riff di "False Dawn" ci avvolge in una morsa glaciale e le sue cadenzate ritmiche ci suggeriscono un'atroce marcia in mezzo alla neve turbinante, non è possibile rimanere indifferenti e non sentire un brivido di freddo che sale lungo la schiena. Pare proprio di trovarsi lì, in mezzo a quella foresta dimenticata nella quale si è smarrito ogni orientamento e che ora ci sta riversando addosso tutta la sua rabbia, accumulata nei millenni contro gli esseri umani. Poco importa se le strutture ritmico - armoniche rimangono invariate per minuti e minuti, se le variazioni melodiche non sono poi così abbondanti, e se non c'è spazio per uno strumento che non sia distorto; "Forgotten Legends" è fatto così e funziona così com'è concepito, catturando l'ascoltatore proprio grazie alla sua magica essenza "grezza", che suggerisce immagini vivide e inequivocabili. Ciò dimostra che a volte non c'è bisogno di tante tastiere, o di strumenti presi dalla tradizione classica / folk, per riuscire ad evocare certe sensazioni. Un indubbio merito per i Drudkh, che con pochissimi elementi assemblano un disco autentico e vissuto. Non sono da meno le successive due composizioni, vale a dire le veloci "Forests In Fire And Cold" e "Eternal Turn Of The Wheel": a differenza della relativamente posata opener track, esse sublimano l'essenza più "feroce" della natura, dipingendo quadri di tempeste e frane glaciali, mentre noi non possiamo fare altro che rimanere in silenzio ad osservare. Per rendersene conto, basta ascoltare le ruvidissime e abrasive chitarre di "Forests...", o il teso e concentrato finale di "Eternal...", momenti dove la grigia essenza di questa musica si fa palpabile. Fa eccezione la quarta traccia, che non è un brano musicale in senso stretto, bensì la registrazione di un paio di minuti di pioggia e tuoni: una conclusione interessante per un disco che si può considerare come un lungo temporale trasposto in suoni distorti e penetranti. Un temporale nel quale si mischiano acqua e fuoco, i due elementi più potenti e inarrestabili della natura.
Non è raffinato, non è vario, non è innovativo, non è orecchiabile e nemmeno gentile: "Forgotten Legends" è semplicemente se stesso, uno stupendo album di black metal crudo e sanguigno, perfettamente conscio dei propri mezzi e capace di esprimere ciò che vuole con grande naturalezza. Per chi ama immergere la propria anima nell'evocazione della natura più crudele e spietata, ascoltando la musica in un compìto raccoglimento, i Drudkh sono un acquisto che non lascerà certamente delusi.
01 - False Dawn (15:58)
02 - Forests In Fire And Cold (8:56)
03 - Eternal Turn Of The Wheel (11:44)
04 - Smell Of Rain (2:47)