Drakkar Enteirtainment, 2004 |
Normalmente, i gruppi musicali contano dai due ai cinque elementi, raramente sei, talvolta uno solo che fa le parti di tutti. I bavaresi Haggard sembrano voler infrangere questo classico assioma, dato che al momento della pubblicazione di "Eppur Si Muove" (terzo album in studio) contano ben diciassette elementi che suonano quasi altrettanti strumenti diversi. Una piccola orchestra, si potrebbe dire, e in effetti si tratta di una descrizione appropriata. Mettendo assieme flauti, oboe, arpe, violini, violoncelli e contrabbassi, pianoforti, nonché ovviamente batteria e chitarre elettriche più le voci di tenori e soprani che duettano con il growl, questo voluminoso gruppone crea quello che potrebbe essere definito il perfetto connubio tra metal e musica classica. Dimostrando che i due generi, per quanto apparentemente antitetici, possiedono qualche interessante punto in comune.
Di sapore spiccatamente barocco, che ricorda non poco l'immenso precursore Johann Sebastian Bach, i tedeschi creano questo concept album sulla figura di Galileo Galilei, attribuendovi il titolo "Eppur Si Muove", che però è notoriamente un falso storico, in quanto la frase viene attribuita al grande scienziato senza però che egli l'abbia mai realmente pronunciata. Mirabili intrecci strumentali, immediatamente riconducibili allo stile classico, accompagnano la recitazione delle numerose voci, impegnate a declamare le gesta di Galileo, tra satelliti gioviani e volte celesti, passando per pergamene ammuffite e argute dimostrazioni filosofico - scientifiche. I numerosissimi strumenti si incastrano gli uni sugli altri con geometrie che oserei definire perfette, ritagliandosi ognuno il proprio spazio e riuscendo a creare melodie eccezionalmente ricche, come risalta subito nella celebrativa opener "All'Inizio è la Morte". Essa è popolata dai leggiadri e bucolici suoni dei flauti che duettano insieme a chitarre classiche e ad archi, facendosi aiutare da delicati vocalizzi femminili, fino a quando una dirompente serie di accordi distorti sostenuti da un corale maschile scuote le anime e ci ricorda che gli Haggard sono pur sempre un gruppo metal. La cosa stupefacente è che il gusto classico e melodico della parte strumentale "pulita" non stride assolutamente con la rocciosità della componente metal, valorizzata anche da una produzione lievemente ovattata che rende perfettamente l'idea di una musica antica, un po' impolverata. I diciassette tedeschi (anzi, ventisette: questo disco conta anche dieci collaboratori esterni) passano con disarmante naturalezza dalle melodie più pastorali al più rugginoso ritmo thrash - power metal, sviluppano i brani con progressioni spettacolari e riescono a risultare emozionanti ad ogni minuto che passa, grazie a soluzioni sempre nuove che si accalcano le une sulle altre in un meraviglioso collage in costante evoluzione. Anche un brano come "Per Aspera Ad Astra", che inizialmente può essere scambiato per una fuga a due voci di Bach, presto si trasforma in un'entusiasmante cavalcata metal che sfocia in un chorus cantato in clean, dalla bellezza ancora una volta disarmante. Si respira qualità e ispirazione in ogni brano, tra allegri intermezzi strumentali e minuetti di un minuto scarso, suite elaborate che oltrepassano gli otto minuti e perfino un brano interamente lirico, "Herr Mannelig", che su una scarna ritmica chitarristica vede protagonista una voce femminile che canta in italiano (un po' stentato, ma il tentativo è apprezzabile). Accanto al tedesco e all'inglese, il nostro idioma appare in numerosi brani, ma più spesso viene recitato dalla voce maschile. I grossolani difetti di pronuncia, ovviamente, li sentiamo solo noi italiani, tuttavia vanno comunque a configurarsi tra gli aspetti negativi del disco.
Aspetti negativi, ho detto? Purtroppo sì. Mi dispiace dirlo, ma la voce growl spesso non è all'altezza e offusca un album che potrebbe veramente essere un capolavoro immane, senza paragone alcuno. Il tuttofare chitarrista e cantante "orco", infatti, ha una voce troppo "da osteria" per risultare convincente in un album estremamente raffinato come questo, per non parlare di quando canta in italiano (dove spesso sfiora il ridicolo) o di quando sfodera il parlato (a dir poco grottesco ed esagerato). In certi punti, come nella sopracitata opener "All'Inizio è La Morte", il cantato riesce ad essere quasi convincente, incisivo e aggressivo quanto basta: ma si tratta di episodi isolati, e per la maggior parte del tempo si tratta più che altro di un grugnito rauco e sgraziato. Il problema non è solo la pronuncia, ma piuttosto l'eccessiva pomposità della voce, che risulta forzata e fuori luogo. A tratti pare quasi di sentire un ubriacone che declama fesserie in mezzo alla piazza, mentre tutti gli ridono dietro. Eliminando il growl e concentrandosi solo sul cantato pulito (che è eccezionale, quando c'è), il disco sarebbe veramente una perla ineguagliabile: così invece diventa semplicemente un ottimo album messo in ombra da un difetto grossolano.
Sostanzialmente, si tratta di un disco originale e personalissimo, carico di melodie splendide (la breve "The Observer" è un qualcosa che ancora non riesco a spiegarmi) e di intrecci sonori da far invidia al migliore repertorio classico, quegli intrecci che esaltano i sensi ed elevano lo spirito. Purtroppo, certi difetti sono talmente evidenti da non poter essere ignorati, e abbassano di molto il valore complessivo dell'album. Procuratevelo, comunque: un orchestra per metà classica e per metà metal è un qualcosa che vale sempre la pena di approfondire, e sicuramente gli Haggard non sono dei novellini. Se riuscite a passare sopra al growl e a considerarlo solo come rumore di fondo, troverete in questo album una bellezza ubriacante e cristallina, come non se ne trovano facilmente in giro.
Sostanzialmente, si tratta di un disco originale e personalissimo, carico di melodie splendide (la breve "The Observer" è un qualcosa che ancora non riesco a spiegarmi) e di intrecci sonori da far invidia al migliore repertorio classico, quegli intrecci che esaltano i sensi ed elevano lo spirito. Purtroppo, certi difetti sono talmente evidenti da non poter essere ignorati, e abbassano di molto il valore complessivo dell'album. Procuratevelo, comunque: un orchestra per metà classica e per metà metal è un qualcosa che vale sempre la pena di approfondire, e sicuramente gli Haggard non sono dei novellini. Se riuscite a passare sopra al growl e a considerarlo solo come rumore di fondo, troverete in questo album una bellezza ubriacante e cristallina, come non se ne trovano facilmente in giro.
01 - All'Inizio è la Morte (6:50)
02 - Menuetto in Fa Minore (1:16)
03 - Per Aspera Ad Astra (6:40)
04 - Of A Might Divine (8:20)
05 - Gavotta In Si Minore (0:58)
06 - Herr Mannelig (4:50)
07 - The Observer (4:40)
08 - Eppur Si Muove (8:19)
09 - Larghetto - Epilogo Adagio (2:13)
10 - Herr Mannelig (Short Version) (6:10)