Frostscald Records, 2010 |
Se gli Immortal avessero deciso di rallentare i ritmi, di eliminare lo screaming e di darsi al neofolk atmosferico contaminato dal post rock, probabilmente avrebbero partorito un disco molto simile a quello che i neonati Finnr's Cane ci propongono come loro prima uscita discografica. Il paragone può apparire bizzarro, ma andando ad analizzare il disco non è poi così lontano dalla verità. Se in generale il post rock, quando si contamina con il black metal, evoca immagini naturali spesso improntate alle stagioni fredde come l'autunno e l'inverno, il primo album di questi tre canadesi (che si presentano sotto pseudonimi) è una riuscitissima estremizzazione del concetto di "freddo" in musica.
Gli ingredienti sono più o meno sempre gli stessi del post - black metal, ma stavolta sono mischiati con proporzioni differenti. La consueta velocità del black metal canonico sfuma in favore di una musica lenta e altamente ipnotica, influenzata dall'attitudine ambient e dotata di risvolti vagamente psichedelici e onirici; solo in alcuni tratti i ritmi accelerano, all'improvviso, come per risvegliarci dal trasognato torpore che l'ascolto continuativo induce. I suoni sono gelidi, avvizziti come un albero morto in mezzo ad una tormenta di neve; non comunicano nulla di solare o positivo, ma solo un'angosciosa morsa di freddo che punge e scarnifica lentamente, con impietosa e tranquilla ferocia. Non si tratta tuttavia di suoni secchi o poveri: i muri di chitarre godono di un sound davvero ben costruito ed efficace, dotato delle giuste proporzioni tra il necessario grezzume e l'altrettanto necessaria intellegibilità. I passaggi acustici e melodici non sono abbondanti, e quando ci sono risultano comunque molto dimessi e propedeutici a successivi sviluppi glaciali; destano comunque interesse le occasionali progressioni strumentali di chitarre pulite rubate direttamente dal miglior post rock d'autore, quello che cresce lentamente e raggiunge il compimento solo dopo molte battute (ascoltate per esempio "Glassice"). Le sporadiche parti vocali sono costituite da un distante clean nascosto nelle intercapedini delle trame strumentali, un lamento lento e spiritico che conferisce alla musica un vago alone inquietante, come una preghiera panteistica. Qualche leggero sprazzo di voce sporca entra talvolta a dare il suo contributo, ma marginalmente, quasi senza far accorgere della sua presenza. I brani sono molto omogenei, contigui l'uno all'altro con apprezzabile coerenza stilistica, non particolarmente vari a livello di soluzioni, ma comunque molto evocativi e convincenti nella loro ragionata staticità ambientale. Qui sta la personalità del gruppo: sono infatti ben lontane le atmosfere luminose degli Alcest, le possenti e malinconiche linee melodiche dei Drudkh, la raffinatezza compositiva dei Fen, tutti elementi che fanno parte del sound dei grandi nomi del genere. Quello che i Finnr's Cane ci propongono è invece una catarsi animica nella quale la solitudine e la gelida desolazione sono l'imperativo. Il gruppo è riuscito a sublimare i vari elementi che hanno reso famoso il genere e a plasmarli per costruire un sound tutto loro, nettamente sbilanciato verso alcuni aspetti e per questa ragione potenzialmente molto interessante. Via libera dunque a trame strumentali ripetitive, sostenute da leggerissimi veli di tastiere e da melodie che tentennano, indugiano, girano su se stesse come indecise; benvenute le atmosfere ancestrali e severe, immuni alla luce e al calore del sole; strada spianata ai brividi di freddo che fisicamente sentiremo sulla nostra pelle ascoltando brani spettacolari come "Eternal" o "The Lost Traveller", immobili e solenni monoliti di ghiaccio che svettano su una landa desolata, come il deserto gelato dove sorge il misterioso Kadath.
"Wanderlust" è un disco giocato interamente sulle atmosfere e sulla potenza immaginativa che si sprigiona da esse, per cui a qualcuno potrà risultare noioso o poco strutturato: tuttavia, io non posso che raccomandarlo a chiunque detesti le spiagge affollate e ami la solitudine delle cime innevate, perchè ascoltando queste note vi sembrerà davvero di trovarvici sopra, avvolti da una impenetrabile coperta di gelo. Non è certamente un disco geniale nè particolarmente elaborato, si tratta solo di musica di enorme effetto per chi ama un certo tipo di sonorità: mai come in questo caso, dunque, il giudizio di un recensore è un qualcosa che deve essere completato dal giudizio di chi poi andrà ad ascoltare l'album.
01 - The Healer (3:00)
02 - Snowfall (4:51)
03 - A Winter For Shut - Ins (6:14)
04 - The Lost Traveller (6:30)
05 - Glassice (8:22)
06 - The Hope For Spring (6:03)
07 - Eternal (7:03)
08 - House Of Memory (6:15)