Napalm Records, 2006 |
Certe volte bisogna davvero arrivare fino in fondo, per comprendere la verità. Sembra un assioma banale, ma ricorre nella vita più spesso di quanto si creda: quando ormai si pensa di aver visto tutto e di conoscere ogni sviluppo di una certa situazione, si può essere smentiti in modo talvolta clamoroso. Questo è il pensiero che mi è venuto in mente non appena ho terminato di ascoltare "Oath Bound", complessivamente l'ottava produzione discografica del duo austriaco Summoning.
Come ogni band che ha costruito attorno a sè un alone quasi mitico, i Summoning hanno sempre mantenuto uno stile personalissimo e immediatamente riconoscibile nel corso della loro evoluzione, partendo da un grezzo "Lugburz" e proseguendo poi con dischi via via più intensi e più raffinati, carichi di un pathos cinematografico e recitativo notevole. Dischi che hanno fuso l'asprezza del black metal con le più raffinate orchestrazioni ed atmosfere epicheggianti, perfettamente calzanti per un film fantasy o per un lungo viaggio mentale in terre fantastiche e variopinte (è nota la passione dei due membri, Silenius e Protector, per le saghe di Tolkien e per il fantasy in generale). In tutta questa evoluzione, lenta ma costante, l'apice era stato "Stronghold", teatro di musiche talmente appassionate e vibranti da togliere il fiato; l'ottimo successore "Let Mortal Heroes Sing Your Fame" era altresì un disco notevole, ma che non riusciva a bissare totalmente il successo del precedente disco, vero e proprio disco cardine del black epico - sinfonico. Dal 2001, data di uscita di "Let Mortal Heroes...", la band si è fatta sentire solo con il mini cd "Lost Tales", e ci sono voluti ben cinque anni prima di arrivare ad un nuovo album in studio. Dopo tanta attesa, cosa aspettarsi da questo ultimo "Oath Bound"?
Ascoltando il disco pare che non ci sia nulla di nuovo rispetto a tutto ciò che conoscevamo già. Le atmosfere ricreate dalla band si mantengono sempre sullo stesso tenore, un'attitudine pomposa e magniloquente che cerca di dipingere scenari epici e battaglieri tramite l'uso di partiture ripetitive ma elaborate, concettualmente semplici eppur raffinatissime; partiture affidate a chitarre taglienti, voci abrasive e vastissime gamme di suoni prodotti dai sintetizzatori, da sempre elemento distintivo del gruppo per il modo poliedrico e fantasioso in cui vengono usati. Musica non aggressiva nè irruenta, bensì adatta per accompagnare un viaggio mentre si lascia che la mente fantastichi un po', quasi come se fosse tutto un grande recital. Insomma, in parole povere, tutta la bellezza a cui i Summoning ci hanno sempre abituato è presente anche su "Oath Bound", tramite una nuova carrellata di brani sempre lunghi ed evocativi, piacevoli e ben costruiti, ricchi di idee melodiche valide e di sviluppi convincenti. Brani drammatici e possenti come "Across The Streaming Tide", "Northward" e "Might And Glory" sono la conferma che i Summoning non hanno perso nulla della loro vena artistica e compositiva, come del resto ci si poteva aspettare, dopo una carriera lunga e ricca. "Oath Bound" non è molto diverso dagli album che l'hanno preceduto: alcuni piccoli elementi di novità sono presenti, ma sono complessivamente poca cosa. Cori in pulito che cominciano a prendere piede, uso delle percussioni più intenso, brani completamente privi di chitarra ("Mirdautas Vras"): piccole innovazioni che comunque sono assimilabili a dettagli marginali. La sensazione di deja vu si protrae per tutte le sette canzoni dell'album, ma quando arriva il pezzo conclusivo siamo di fronte alla svolta inaspettata di cui parlavo all'inizio, quella che nessuno si aspetterebbe in quel momento: la conclusiva "Land Of The Dead" è l'anima dell'album, il motivo per cui questo disco deve essere acquistato, la somma massima delle capacità artistiche dei Summoning. La sorpresa imprevedibile è proprio questo meraviglioso brano di quasi tredici minuti (il più lungo mai composto dai Summoning), affidato a melodie spettacolari, chitarre e percussioni potentissime, suoni di incredibile spessore, voci appassionate e intense: una sorta di estremizzazione di tutte le caratteristiche migliori dei Summoning, concentrate tutte in un unico brano. Provate a non commuovervi ascoltando l'ottavino che introduce le prime strofe, o il largo e malinconico corale conclusivo al quale è appaiato un dolcissimo flauto (stavolta vero!): non ci riuscirete, sentirete gli occhi appannarsi dall'emozione e capirete che Protector e Silenius hanno realmente superato se stessi. Posso dire senza remore che si tratta del miglior brano mai composto dal gruppo, che trova spazio negli ultimi solchi dell'ultimo album, come a simboleggiare il capolavoro definitivo e irripetibile.
Giunge quindi il momento di tirare le somme. Sostanzialmente, ritengo che "Oath Bound" sia l'ennesima spettacolare prova discografica dei Summoning, in pieno accordo con il loro stile e perfettamente coerente con la musica a cui ci hanno sempre abituato, cosa che farà felici tutti i loro fan storici e renderà il disco un buon terreno di prova per chi ancora il gruppo non lo conosce. Non hanno cambiato quasi niente dai tempi di "Minas Morgul", ma hanno via via fatto tesoro dell'esperienza e raffinato il loro sound fino a completare quello che potremmo considerare il compendio delle loro migliori capacità. Proprio per questo motivo, la sensazione di "deja vu" non disturba affatto. E poi c'è lei, quella "Land Of The Dead", che costituisce la scintilla divina, l'elemento in più che trasforma un ottimo disco in un capolavoro, così come la complessità dei sentimenti umani trasforma la vita in un'esperienza straordinaria e irripetibile, elevandola dallo status di mera permanenza sul pianeta Terra. Procuratevi dunque questo gioiellino, ne vale davvero la pena.
"Upon the plain, there rushed forth and high
Shadows at dead end of night and mirrored in the sky
Far far away
Shadows at dead end of night and mirrored in the sky
Far far away
beyond might of day
And there lay the land of the dead
And there lay the land of the dead
of mortal cold decay..."
01 - Bauglir (2:58)
02 - Across The Streaming Tide (10:20)
03 - Mirdautas Vras (8:13)
04 - Might And Glory (8:26)
05 - Beleriand (9:27)
06 - Northward (8:39)
07 - Menegroth (8:12)
08 - Land Of The Dead (12:50)