Osmose Productions, 1995 |
Un irruento attacco di batteria, un riff travolgente che rimarrà nella storia, un grido rauco che ci fa tremare le vene dei polsi: è così che, con la funambolica "Punish My Heaven", inizia "The Gallery", quell'antico capolavoro risalente ormai al lontano 1995 ma che tutt'oggi non smette di influenzare un intero genere musicale. Proprio grazie a questo disco, tale genere vide uno dei momenti più alti della propria giovane storia, collezionando un successo che probabilmente rimarrà insuperato nel suo ambito.
Il genere di cui stiamo parlando è il Death melodico di Gothenburg, collocato geograficamente in quell'area per via della concomitante presenza di tre band seminali del genere: gli At The Gates, gli In Flames e gli stessi Dark Tranquillity. Non mancarono collaborazioni tra le tre band, nonchè sentimenti di amicizia che le unirono: per un certo periodo, addirittura, i cantanti di In Flames e Dark Tranquillity furono scambiati, prima che venisse costituita la line up definitiva, per cui è inevitabile che tutte le volte le tre band vengano ricordate tutte assieme. "The Gallery" si inserisce sulla scia del debutto "Skydancer", acerbo ma ottimamente promettente, e si impone sulla scena svedese con una freschezza e un'irruenza che ancora oggi non hanno paragoni, dimostrando capacità tecniche elevatissime e un'attitudine che in seguito renderà famosi i Dark Tranquillity: potenza devastante delle chitarre e della ritmica, gusto melodico sopraffino e cesellato, turbini di note in ogni brano, un Mikael Stanne strepitoso con il suo cantato growl caldo e modellabile, tantissima fantasia e una sottile malinconia di fondo che vive in ciascun brano, in maniera più o meno marcata ma comunque sempre presente. Tutti questi elementi si mischiano nella sopracitata "Punish My Heaven" con splendida furia compositiva, tra tempeste di riff veloci che ci lasciano letteralmente senza fiato, susseguendosi uno all'altro con una scorrevolezza che ha dell'incredibile. Se dovessi scegliere il perfetto paradigma del death melodico svedese, la mia scelta senza dubbio cadrebbe su questo brano. Tuttavia, è difficile trovare un episodio sottotono in questo disco, straripante di idee e di maestria. I capolavori abbondano: la breve ma magniloquente "Silence And The Firmament Withrdrew", la drammatica "The Gallery", la tristissima "Lethe" (introdotta dalla più bella melodia di basso solista che si sia mai sentita in un disco metal) sono tutti brani che sono diventati dei classici immortali, grazie ad un'ispirazione compositiva ai massimi livelli e ad una fusione pressoché perfetta tra aggressività e melodia, marchio di fabbrica del gruppo svedese. Devo ribadire ancora una volta che, oltre all'eccellente padronanza degli strumenti, la parte più spettacolare la ricopre Mikael Stanne dietro il microfono. Il cantante si diverte a dilaniare i nostri timpani con una voce indiavolata, sporca e rabbiosa ma contemporaneamente ricchissima di tecnicismi e di sfumature, percepibili a orecchie allenate. Quando poi con "Projector", che seguirà diversi anni dopo, lo sentiremo dedicarsi alla voce pulita, scopriremo che la sua bravura canora non conosce limiti stilistici.
Il disco viaggia su ritmi quasi sempre veloci, ma è capace di una tale varietà tra i brani da lasciare quasi imbarazzati. La storia del death melodico, oggi così tristemente inflazionato, ha qui un suo caposaldo massimo, uno di quei dischi che ti possono seriamente cambiare la vita, se li incontri nel momento giusto. Ricordo ancora la folgore che mi colpì la prima volta che misi questo disco a contorcersi nel lettore: allora ebbi la sensazione di aver scovato un qualcosa che sarebbe durato nel tempo. Dieci anni dopo sono ancora qui ad ascoltare "The Gallery", commuovendomi con il break melodico di "The Emptiness From Which I Fed", con l'evocativo intervento della voce femminile in "...Of Melancholy Burning", con la spagnoleggiante chitarra classica di "Mine Is The Grandeur...", con i malinconici assoli di "Edenspring", ma soprattutto con l'inconsolabile tristezza di "Lethe"...
Devo aggiungere altro, signori? Questa è storia, e non si tratta semplicemente del solito disco dall'importante valore storico ma che musicalmente lascia a desiderare. Questa è storia che abbaglia per la sua bellezza, allora come oggi, ed esige di essere conosciuta da qualsiasi metallaro che si rispetti. Per cui, raccomandandovi di fare vostro questo capolavoro se ancora non l'avete, non posso che assegnargli il massimo dei voti. Sì, lo so che non diamo voti alle recensioni, ma almeno il concetto di dare il massimo è facilmente afferrabile, no?
Il genere di cui stiamo parlando è il Death melodico di Gothenburg, collocato geograficamente in quell'area per via della concomitante presenza di tre band seminali del genere: gli At The Gates, gli In Flames e gli stessi Dark Tranquillity. Non mancarono collaborazioni tra le tre band, nonchè sentimenti di amicizia che le unirono: per un certo periodo, addirittura, i cantanti di In Flames e Dark Tranquillity furono scambiati, prima che venisse costituita la line up definitiva, per cui è inevitabile che tutte le volte le tre band vengano ricordate tutte assieme. "The Gallery" si inserisce sulla scia del debutto "Skydancer", acerbo ma ottimamente promettente, e si impone sulla scena svedese con una freschezza e un'irruenza che ancora oggi non hanno paragoni, dimostrando capacità tecniche elevatissime e un'attitudine che in seguito renderà famosi i Dark Tranquillity: potenza devastante delle chitarre e della ritmica, gusto melodico sopraffino e cesellato, turbini di note in ogni brano, un Mikael Stanne strepitoso con il suo cantato growl caldo e modellabile, tantissima fantasia e una sottile malinconia di fondo che vive in ciascun brano, in maniera più o meno marcata ma comunque sempre presente. Tutti questi elementi si mischiano nella sopracitata "Punish My Heaven" con splendida furia compositiva, tra tempeste di riff veloci che ci lasciano letteralmente senza fiato, susseguendosi uno all'altro con una scorrevolezza che ha dell'incredibile. Se dovessi scegliere il perfetto paradigma del death melodico svedese, la mia scelta senza dubbio cadrebbe su questo brano. Tuttavia, è difficile trovare un episodio sottotono in questo disco, straripante di idee e di maestria. I capolavori abbondano: la breve ma magniloquente "Silence And The Firmament Withrdrew", la drammatica "The Gallery", la tristissima "Lethe" (introdotta dalla più bella melodia di basso solista che si sia mai sentita in un disco metal) sono tutti brani che sono diventati dei classici immortali, grazie ad un'ispirazione compositiva ai massimi livelli e ad una fusione pressoché perfetta tra aggressività e melodia, marchio di fabbrica del gruppo svedese. Devo ribadire ancora una volta che, oltre all'eccellente padronanza degli strumenti, la parte più spettacolare la ricopre Mikael Stanne dietro il microfono. Il cantante si diverte a dilaniare i nostri timpani con una voce indiavolata, sporca e rabbiosa ma contemporaneamente ricchissima di tecnicismi e di sfumature, percepibili a orecchie allenate. Quando poi con "Projector", che seguirà diversi anni dopo, lo sentiremo dedicarsi alla voce pulita, scopriremo che la sua bravura canora non conosce limiti stilistici.
Il disco viaggia su ritmi quasi sempre veloci, ma è capace di una tale varietà tra i brani da lasciare quasi imbarazzati. La storia del death melodico, oggi così tristemente inflazionato, ha qui un suo caposaldo massimo, uno di quei dischi che ti possono seriamente cambiare la vita, se li incontri nel momento giusto. Ricordo ancora la folgore che mi colpì la prima volta che misi questo disco a contorcersi nel lettore: allora ebbi la sensazione di aver scovato un qualcosa che sarebbe durato nel tempo. Dieci anni dopo sono ancora qui ad ascoltare "The Gallery", commuovendomi con il break melodico di "The Emptiness From Which I Fed", con l'evocativo intervento della voce femminile in "...Of Melancholy Burning", con la spagnoleggiante chitarra classica di "Mine Is The Grandeur...", con i malinconici assoli di "Edenspring", ma soprattutto con l'inconsolabile tristezza di "Lethe"...
Devo aggiungere altro, signori? Questa è storia, e non si tratta semplicemente del solito disco dall'importante valore storico ma che musicalmente lascia a desiderare. Questa è storia che abbaglia per la sua bellezza, allora come oggi, ed esige di essere conosciuta da qualsiasi metallaro che si rispetti. Per cui, raccomandandovi di fare vostro questo capolavoro se ancora non l'avete, non posso che assegnargli il massimo dei voti. Sì, lo so che non diamo voti alle recensioni, ma almeno il concetto di dare il massimo è facilmente afferrabile, no?
01 - Punish My Heaven (4:48)
02 - Silence And The Firmament Withdrew (2:38)
03 - Edenspring (4:32)
04 - The Dividing Line (5:03)
05 - The Gallery (4:09)
06 - The One Brooding Warning (4:16)
07 - Midway Through Infinity (3:32)
08 - Lethe (4:44)
09 - The Emptiness From Which I Fed (5:45)
10 - Mine Is The Grandeur... (2:28)
11 - ... Of Melancholy Burning (6:14)