Candlelight Records, 2012 |
“Lots of vintage gems were used in the making of the album such as a Minimoog, Prophet-5, Clavinet D-6, Roland RE-201 Space Echo etc. along with some ethnic instruments like Indian Sarangi, Sitar, Tampura, and Tabla. Kam Lee (ex-Massacre, Bone Gnawer etc.) and Metatron (The Meads Of Asphodel) cooperated with the lyrics and the vocals for Lucid Nightmares”. Da un simile inusitato dispiego dei più disparati strumenti musicali non può che scaturire un coacervo di influenze distinte, tra cui tastiere settantiane, melodie orientali, ampio uso di effetti elettronici, elementi caraibici e a tratti perfino quella vaga parvenza da film noir. Stiamo parlando dell’Avantgarde extravergine dei Sigh, band che non è nuova a siffatto sincretismo musicale; la novità consiste nel fatto che non stiamo parlando di Imaginary Sonicscape.
In effetti quando si dice Sigh tutti pensano subito a Imaginary Sonicscape, il loro disco più noto e più vario. Esso è come una lucida visione cosciente di un paesaggio musicale diurno, un mondo percepito mediante i propri sensi e come tale coerente ed ordinato. Infatti, nonostante il genio compositivo che riesce ad unificare la presenza di tutti i generi musicali che vi possano venire in mente, Imaginary Sonicscape è un disco abbastanza solido e statico nel suo svilupparsi: ritmi standard e strutture nella norma, con le svariate influenze musicali che si fanno realmente vivide principalmente nei ponti strumentali, molto meno nelle strofe. Ma dopo il giorno arriva la notte, periodo in cui ci si abbandona alle bizzarre rielaborazioni inconsce del materiale diurno che vedono i diversi elementi sensoriali mescolarsi tra loro in modo apparentemente incoerente e grottesco: si giunge cioè sulle magiche sponde del regno dei sogni. Ed è qui, proprio qui, che sorge la nuova opera dei Sigh: In Somniphobia, il quale si presenta come una rielaborazione onirica di Imaginary Sonicscape in cui il materiale musicale proveniente dai generi più diversi si fonde tutto insieme, si perde la distinzione netta tra strofe e ponti, e molteplici elementi musicali si infilano in ogni possibile pertugio. Quando recensii Imaginary Sonicscape, a causa delle sue innumerevoli influenze musicali ne parlai come se fosse l’attività onirica della musica stessa, ma come già dissi esso appariva più come un sogno strappato al mondo dei sogni e descritto con precisione impeccabile dal punto di vista conscio. In Somniphobia presenta invece tutta la tipica inafferrabile bizzarria onirica, e in tale stato rimane. Emblematica in tal senso è la stratosferica copertina, una delle più belle in assoluto che io abbia mai visto - divertitevi nell'osservarne ogni singolo dettaglio, scoprirete un'opera d'arte nell'opera d'arte.
Non mi arrovellerò nel difficile compito di cercare un modo efficace per rendervi l’idea del contenuto musicale di questo disco, perché non ho la pretesa di farlo meglio di quanto non abbia già fatto la band: “In Somniphobia is a sonic nightmare that lasts for more than an hour. The musical direction is pretty much far removed from that of the last two albums, Scenes From Hell and Hangman's Hymn. It is not easy to describe its direction, but probably one can say that it is something between Imaginary Sonicscape, Hail Horror Hail and Gallows Gallery, or rather, simply a nightmarish version of Imaginary Sonicscape. Put heavy metal, classical music, jazz, Indian traditional music, Stockhausen, and Xenakis into a cauldron of hell and stir it, you'll get In Somniphobia. This is surrealistic, ethnic, druggy, atmospheric and definitely scary!”. Surreale, etnico, allucinogeno, atmosferico e assolutamente spaventoso. Non ci sono aggettivi migliori per inquadrare un’opera che si apre subito a mille con l’inebriante scelleratezza di due pezzi come Purgatorium e The Transfiguration Fear che volano indiavolati e travolgenti sulle ali dell’entusiasmo, impregnati di quel gusto folle tutto giapponese. Ma questa ebbrezza finisce presto, perché il seguente tema d’apertura ci fa sprofondare nei cinque incubi lucidi, cinque brani superbi che affondano le radici nell’angosciante reame degli incubi, reame che tutti noi conosciamo fin troppo bene. Cinque brani imprevedibili in cui, musicalmente parlando, succede di tutto: musica che si mescola ad altra musica in modo apparentemente inintelligibile, chiamando in causa un intero panorama musicale ma scomponendolo nei suoi elementi semplici e poi ricombinandolo in modo ancor più aberrante che di Picasso - l’idea che danno è proprio quella di una serie di bizzarri ineffabili incubi. Il disco si chiuderà poi con Fall To The Thrall, che riprende lo stile dei due brani di apertura, e con l'ottima suite Equale. Credetemi, sarebbe inutile mettersi ad enumerare tutti i colpi di genio con i quali Mirai Kawashima ha costellato questo disco, sono troppi e troppo sbalorditivi per essere riassunti in poche righe, la soluzione migliore è procurarvi l’album e ascoltarvelo per conto vostro. Vi basti sapere che ne vale davvero la pena, perché la musica della qualità di quella contenuta in In Somniphobia è una merce rara. Vorrei piuttosto fare una puntualizzazione a quanto i Sigh ci hanno detto poco sopra a proposito del loro album. E’ indubbiamente vero che per la mole di influenze musicali distinte In Somniphobia è collegato a doppio filo con Imaginary Sonicscape. E se poi è vero che esso ha la freschezza di Hail Horror Hail e il piglio un po’ settantiano e un po’ stralunato di Gallows Gallery, è altresì vero che ha la tracotanza e l’esplosività sonora che solo Scenes From Hell ha saputo raggiungere nella storia della band. Opterei quindi per dire che quest’album è un po’ un punto di incontro di tutto quello che la band ci ha proposto durante la sua carriera, e che al tempo stesso rappresenta ancora qualcosa di nuovo, qualcosa da scoprire con stupore e meraviglia, qualcosa da vivere a tutti gli effetti ripensando al fascino perverso di quegli incubi che vi hanno tenuti svegli quelle notti maledette in cui vi sono apparsi nel sonno.
C’è poi una questione che mi sta molto a cuore, e che costituisce per me motivo di ulteriori elogi alla band. Da sempre mi sono lamentato della batteria dei Sigh, batteria che fino a Imaginary Sonicscape (incluso) si è sempre ridotta a banale accompagnamento mid-tempo, l’unica zavorra che impediva loro di eccellere in ogni direzione possibile. Piccoli miglioramenti si udirono nel più veloce Gallows Gallery, ma fu solo con Scenes From Hell, dopo quasi vent’anni di attività della band, che essa arrivò a livelli soddisfacenti: si passava da parti lente a parti indiavolate, e i ritmi si concedevano qualche variazione anche all’interno dei brani stessi. Tutto ciò appare magnificato in In Somniphobia: finalmente i Sigh esibiscono una base ritmica all’altezza del resto della musica, non particolarmente complessa ma piena di cambi e variazioni che la rendono degna di apprezzamento. Non riesco nemmeno ad immaginare quanto migliori sarebbero stati i già ottimi album della band se essa fosse arrivata prima a suonare la batteria in questo modo. In ogni caso è inutile piangere sul latte versato, meglio concentrarsi sul presente: vivissime congratulazioni, con l’auspicio che in futuro si perseveri in questa direzione.
I Sigh si confermano band avvezza a tagliare nuovi traguardi in continuazione e a superare ogni volta sé stessa, dando libero sfogo al proprio genio creativo: lo stile dei Sigh consiste nel reinventare il proprio stile album dopo album. In Somniphobia rappresenta un disco di bellezza sopraffina, un modo unico di concepire la musica in tutta la sua estensione e le sue possibilità, privandola di ogni gretto preconcetto da bar di periferia. Non ho la più pallida idea di quanto e cos’altro ancora potrà darci questa band in futuro, ma in questo momento il voluttuoso richiamo di In Somniphobia mi impedisce di potermene preoccupare. Il presente è ora, il presente è In Somniphobia: chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza.
01 - Purgatorium (04:48)
02 - The Transfiguration Fear (04:51)
03 - Opening Theme: Lucid Nightmare (01:58)
04 - Somniphobia (07:34)
05 - L'Excommunication à Minuit (05:38)
06 - Amnesia (08:10)
07 - Far Beneath The In-Between (07:10)
08 - Amongst The Phantoms Of Abandoned Tumbrils (09:31)
09 - Ending Theme: Continuum (01:42)
10 - Fall To The Thrall (05:17)
11 - Equale I) Prelude II) Fugato III) Coda (08:00)
In effetti quando si dice Sigh tutti pensano subito a Imaginary Sonicscape, il loro disco più noto e più vario. Esso è come una lucida visione cosciente di un paesaggio musicale diurno, un mondo percepito mediante i propri sensi e come tale coerente ed ordinato. Infatti, nonostante il genio compositivo che riesce ad unificare la presenza di tutti i generi musicali che vi possano venire in mente, Imaginary Sonicscape è un disco abbastanza solido e statico nel suo svilupparsi: ritmi standard e strutture nella norma, con le svariate influenze musicali che si fanno realmente vivide principalmente nei ponti strumentali, molto meno nelle strofe. Ma dopo il giorno arriva la notte, periodo in cui ci si abbandona alle bizzarre rielaborazioni inconsce del materiale diurno che vedono i diversi elementi sensoriali mescolarsi tra loro in modo apparentemente incoerente e grottesco: si giunge cioè sulle magiche sponde del regno dei sogni. Ed è qui, proprio qui, che sorge la nuova opera dei Sigh: In Somniphobia, il quale si presenta come una rielaborazione onirica di Imaginary Sonicscape in cui il materiale musicale proveniente dai generi più diversi si fonde tutto insieme, si perde la distinzione netta tra strofe e ponti, e molteplici elementi musicali si infilano in ogni possibile pertugio. Quando recensii Imaginary Sonicscape, a causa delle sue innumerevoli influenze musicali ne parlai come se fosse l’attività onirica della musica stessa, ma come già dissi esso appariva più come un sogno strappato al mondo dei sogni e descritto con precisione impeccabile dal punto di vista conscio. In Somniphobia presenta invece tutta la tipica inafferrabile bizzarria onirica, e in tale stato rimane. Emblematica in tal senso è la stratosferica copertina, una delle più belle in assoluto che io abbia mai visto - divertitevi nell'osservarne ogni singolo dettaglio, scoprirete un'opera d'arte nell'opera d'arte.
Non mi arrovellerò nel difficile compito di cercare un modo efficace per rendervi l’idea del contenuto musicale di questo disco, perché non ho la pretesa di farlo meglio di quanto non abbia già fatto la band: “In Somniphobia is a sonic nightmare that lasts for more than an hour. The musical direction is pretty much far removed from that of the last two albums, Scenes From Hell and Hangman's Hymn. It is not easy to describe its direction, but probably one can say that it is something between Imaginary Sonicscape, Hail Horror Hail and Gallows Gallery, or rather, simply a nightmarish version of Imaginary Sonicscape. Put heavy metal, classical music, jazz, Indian traditional music, Stockhausen, and Xenakis into a cauldron of hell and stir it, you'll get In Somniphobia. This is surrealistic, ethnic, druggy, atmospheric and definitely scary!”. Surreale, etnico, allucinogeno, atmosferico e assolutamente spaventoso. Non ci sono aggettivi migliori per inquadrare un’opera che si apre subito a mille con l’inebriante scelleratezza di due pezzi come Purgatorium e The Transfiguration Fear che volano indiavolati e travolgenti sulle ali dell’entusiasmo, impregnati di quel gusto folle tutto giapponese. Ma questa ebbrezza finisce presto, perché il seguente tema d’apertura ci fa sprofondare nei cinque incubi lucidi, cinque brani superbi che affondano le radici nell’angosciante reame degli incubi, reame che tutti noi conosciamo fin troppo bene. Cinque brani imprevedibili in cui, musicalmente parlando, succede di tutto: musica che si mescola ad altra musica in modo apparentemente inintelligibile, chiamando in causa un intero panorama musicale ma scomponendolo nei suoi elementi semplici e poi ricombinandolo in modo ancor più aberrante che di Picasso - l’idea che danno è proprio quella di una serie di bizzarri ineffabili incubi. Il disco si chiuderà poi con Fall To The Thrall, che riprende lo stile dei due brani di apertura, e con l'ottima suite Equale. Credetemi, sarebbe inutile mettersi ad enumerare tutti i colpi di genio con i quali Mirai Kawashima ha costellato questo disco, sono troppi e troppo sbalorditivi per essere riassunti in poche righe, la soluzione migliore è procurarvi l’album e ascoltarvelo per conto vostro. Vi basti sapere che ne vale davvero la pena, perché la musica della qualità di quella contenuta in In Somniphobia è una merce rara. Vorrei piuttosto fare una puntualizzazione a quanto i Sigh ci hanno detto poco sopra a proposito del loro album. E’ indubbiamente vero che per la mole di influenze musicali distinte In Somniphobia è collegato a doppio filo con Imaginary Sonicscape. E se poi è vero che esso ha la freschezza di Hail Horror Hail e il piglio un po’ settantiano e un po’ stralunato di Gallows Gallery, è altresì vero che ha la tracotanza e l’esplosività sonora che solo Scenes From Hell ha saputo raggiungere nella storia della band. Opterei quindi per dire che quest’album è un po’ un punto di incontro di tutto quello che la band ci ha proposto durante la sua carriera, e che al tempo stesso rappresenta ancora qualcosa di nuovo, qualcosa da scoprire con stupore e meraviglia, qualcosa da vivere a tutti gli effetti ripensando al fascino perverso di quegli incubi che vi hanno tenuti svegli quelle notti maledette in cui vi sono apparsi nel sonno.
C’è poi una questione che mi sta molto a cuore, e che costituisce per me motivo di ulteriori elogi alla band. Da sempre mi sono lamentato della batteria dei Sigh, batteria che fino a Imaginary Sonicscape (incluso) si è sempre ridotta a banale accompagnamento mid-tempo, l’unica zavorra che impediva loro di eccellere in ogni direzione possibile. Piccoli miglioramenti si udirono nel più veloce Gallows Gallery, ma fu solo con Scenes From Hell, dopo quasi vent’anni di attività della band, che essa arrivò a livelli soddisfacenti: si passava da parti lente a parti indiavolate, e i ritmi si concedevano qualche variazione anche all’interno dei brani stessi. Tutto ciò appare magnificato in In Somniphobia: finalmente i Sigh esibiscono una base ritmica all’altezza del resto della musica, non particolarmente complessa ma piena di cambi e variazioni che la rendono degna di apprezzamento. Non riesco nemmeno ad immaginare quanto migliori sarebbero stati i già ottimi album della band se essa fosse arrivata prima a suonare la batteria in questo modo. In ogni caso è inutile piangere sul latte versato, meglio concentrarsi sul presente: vivissime congratulazioni, con l’auspicio che in futuro si perseveri in questa direzione.
I Sigh si confermano band avvezza a tagliare nuovi traguardi in continuazione e a superare ogni volta sé stessa, dando libero sfogo al proprio genio creativo: lo stile dei Sigh consiste nel reinventare il proprio stile album dopo album. In Somniphobia rappresenta un disco di bellezza sopraffina, un modo unico di concepire la musica in tutta la sua estensione e le sue possibilità, privandola di ogni gretto preconcetto da bar di periferia. Non ho la più pallida idea di quanto e cos’altro ancora potrà darci questa band in futuro, ma in questo momento il voluttuoso richiamo di In Somniphobia mi impedisce di potermene preoccupare. Il presente è ora, il presente è In Somniphobia: chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza.
01 - Purgatorium (04:48)
02 - The Transfiguration Fear (04:51)
03 - Opening Theme: Lucid Nightmare (01:58)
04 - Somniphobia (07:34)
05 - L'Excommunication à Minuit (05:38)
06 - Amnesia (08:10)
07 - Far Beneath The In-Between (07:10)
08 - Amongst The Phantoms Of Abandoned Tumbrils (09:31)
09 - Ending Theme: Continuum (01:42)
10 - Fall To The Thrall (05:17)
11 - Equale I) Prelude II) Fugato III) Coda (08:00)