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giovedì 31 luglio 2014

Wolves In The Throne Room - "Celestite"

Artemisia Records, 2014
Una scelta controversa ma sicuramente interessante, quella compiuta dai Lupi solitari americani: dopo tre anni di silenzio, riproporre praticamente lo stesso album con il quale avevano lasciato il pubblico, presentandolo però in una veste talmente cambiata e rielaborata da rendere difficoltoso riconoscerlo. Eppure è sempre lui, quel "Celestial Lineage" che ha fatto e continua a far sognare innumerevoli amanti del black metal evoluto e intenso, genere per il quale conosciamo la band fin dai suoi albori. Quel disco, che racchiudeva l'essenza della band incamerandone le potenzialità sotto ogni aspetto, prendendo i punti forti dei precedenti tre full-length e fondendoli finalmente assieme in un album dall'aura magica, ora è diventato completamente strumentale, senza chitarre, basso, batteria nè percussioni, e i suoi suoni sono diventati eterei, impalpabili, larghi e rarefatti, praticamente ambient, trasformando l'esperienza musicale in un vero e concreto viaggio in quelle nebulose stellari che troviamo in copertina e nel bellissimo booklet (l'idea di fondere le immagini dei boschi con quelle dello spazio profondo è stata magistrale).

Il risultato è a dir poco spiazzante. Devo dire che, al primo ascolto, tale musica non mi ha impressionato granché: troppo freddo, troppo impersonale, ho pensato. Chiaramente non è facile capire al volo un disco simile, esso cresce ascolto dopo ascolto, rivelando poco alla volta la sua celestiale (perdonatemi la ripetizione) bellezza, che ha richiesto un po' di tempo per rivelarsi anche a me, già fan di vecchia data del combo statunitense. Gli echi di Celestial Lineage sono sì presenti, le strutture dei brani ricalcano con discreta fedeltà gli originali, ma si palesano solo ad un esperto conoscitore di tale album, perchè per il resto sembra di ascoltare qualcosa di completamente diverso. Si riconoscono con precisione alcuni riff, alcune armonie, per il resto è difficile trovare delle corrispondenze in una musica che non usa più quei nervosi e cronometrici tremoli di chitarra, o quella batteria lanciata a mille, o quella voce atrocemente strozzata. Rimane solo la parte fluttuante, il substrato elettronico che se prima fungeva da collante e da sapiente calibratore della furia e del grezzume, adesso è protagonista assoluto. Non a caso, il brano più facilmente riconoscibile del lotto è proprio "Bridge Of Leaves", che riprende la già originariamente atmosferica "Woodland Cathedral", con pregevole abilità nel riarrangiare il tutto in una maniera che sembri simile eppur dissimile. Tale abilità non tarda a palesarsi in nessuno dei brani, concretizzandosi in un'esperienza musicale altamente onirica e capace di stimolare una fervida immaginazione, se ci si immerge con le giuste premesse nel suo ondeggiante mare.

Il disco scorre via senza che nemmeno ce ne si accorga, e si conclude con tre minuti di anticipo rispetto alla sua controimmagine. Sospendo ogni giudizio sulla bontà artistica di questo lavoro, sulla sua capacità di mostrare i Lupi in una veste nuova, sulla bellezza intrinseca delle sue atmosfere: troppe cose che ritengo più utile lasciare alla sensibilità di ogni ascoltatore. Non lo consiglierei mai ad un neofita che volesse avvicinarsi ai Wolves In The Throne Room, ma riterrei gravemente offensivo da parte di un fan storico della band non ascoltare questo lavoro. Nel bene e nel male, è difficile che lo lascerà completamente indifferente, ma del resto i Lupi sono così: prendere o lasciare, in accordo con la loro spiazzante e affascinante autarchia, nella musica così come nella vita.

01 - Turning Ever Towards The Sun (12:43)
02 - Initiation At Neudeg Alm (5:58)
03 - Bridge Of Leaves (5:07)
04 - Celestite Mirror (14:32)
05 - Sleeping Golden Storm (9:02)