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sabato 30 ottobre 2010

Raventale - "Long Passed Days"

BadMoodMan Music, 2008
Le one - man band stanno prendendo sempre più piede, forse perchè in questo mondo odierno è sempre più difficile andare d'accordo. Nello specifico, si tratta di gruppi musicali che in realtà non sono un vero e proprio gruppo, poichè è una sola persona ad occuparsi di tutto: l'unico componente suona tutti gli strumenti, cura la produzione e il mixaggio, e quando crea un disco ben fatto riesce sempre a suscitare notevole stima. Tutto il merito, infatti, va ad una persona sola, e se questa persona riesce a dare una continuità alla propria musica nel corso degli anni, pubblicando sempre ottimi dischi, allora la stima cresce ancora.


I Raventale sono un ottimo esponente di questo concetto, essendosi ormai creati un apprezzabile seguito di fan. Essi sono formati dalla mente e dal braccio di Astaroth, musicista ucraino che ci regala un particolare black - doom metal lento e posato, dalle chitarre molto distorte e dal timbro sporco, ma mai realmente aggressivo, anzi piuttosto meditativo e pensieroso. Musicalmente parlando, non si tratta di un album molto vario: i brani sono tutti dei mid - tempo, le strutture sono estremamente semplici, i ritmi mai troppo veloci, il disco intero scorre con una certa linearità. Quello che si avverte chiaramente lungo tutto l'album è un senso di rassegnazione progressiva, dettato dagli stanchi ritmi delle chitarre che proseguono caparbiamente la loro triste litania, che non per questo risulta necessariamente noiosa. L'uso del choir pad (gli eterei cori prodotti da un sintetizzatore) dona il tocco di classe in più che rende questo "Long Passed Days" molto evocativo e perfino rilassante, come se fosse un viaggio all'interno di un cielo grigio e spento.

"Of Days Long Past" è un ottimo esempio del suono Raventale, con il suo riffing insistente e decadente coadiuvato da un'atmosfera di sottofondo che quasi annulla i pensieri e fa viaggiare con la fantasia. Rispetto all'ottimo debutto "On A Crystal Swing", si nota che questo album è ancora più lento, rassegnato e ricco d'atmosfera, mentre il precedente disco possedeva atmosfere lievemente più epiche e melodie di più facile presa. In compenso la voce di Astaroth, perennemente in screaming acido, è ancora una volta quasi impalpabile, distante, in sordina, perennemente nascosta dietro i muri di chitarre. Tra brani freddi e distaccati, quasi ipnotici, spiccano alcune perle davvero emozionanti come la breve strumentale "Up And Beyond The Horizon (Both Like Birds)", tremendamente sognante nel suo incipit corale accompagnato dal suono di alcuni superbi corni francesi, e tristemente rassegnata nei suoi pochi accordi di chitarra che conducono per mano fino ad una dissolvenza sofferta, accompagnata da solenni note d'organo. Stranamente, questo piccolo gioiello strumentale funge da preludio alla mosca bianca dell'album, la cover di "Sunset Of Age" degli Anathema. Decisamente strana la scelta di posizionare la cover a metà del disco, ma il risultato è quanto mai buono: il suono ruvido e grezzo delle chitarre eguaglia magistralmente l'originale, senza togliergli nemmeno un pizzico del pathos che contraddistingue la canzone del gruppo inglese. Si cambia registro con "From The Black Wells Of Time", che rompe il muro di malinconia dell'album e regala l'unico momento vivace e solare registrabile nell'album, grazie ad un riff carico di speranza.

Ciò non toglie che "Long Passed Days" sia un disco triste, tendenzialmente ombroso e depressivo, molto enigmatico, scritto da un artista dotato di talento e classe, anche se alcuni aspetti del songwriting sarebbero migliorabili (cosa che tra l'altro succederà con le successive pubblicazioni). Un viaggio breve ma intenso nella malinconia, da gustare nota dopo nota durante le giornate più fredde e grigie della vostra esistenza.

01. By Gritting Of Pain (Nostalgia) (9:13)
02. Of Days Long Past (10:51)
03. Up And Beyond The Horizon (Both Like Birds) (3:27)
04. Sunset Of Age (Anathema cover) (8:25)
05. From The Black Wells Of Time (7:11)
06. My Silhouette Leaving Far Away (5:21)