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martedì 22 novembre 2011

Austerity - "Austerity"

Bubonic Productions, 2009
Per quanto possa sembrare strano se riferito ad una persona che ascolta ogni tipo di metal da più di un decennio, è con questa sconosciutissima band romagnola che ho avuto la mia prima esperienza con il drone doom. Non con mostri sacri come Sunn O))), Nadja, Earth e Uncertainty Principle, che conoscevo già ma non avevo mai approfondito degnamente, bensì con questa giovane one man band della quale mi sono aggiudicato la centesima e ultima copia del cd, distribuito in edizione più che limitata. Essendo un neofita, non avevo dunque un background adeguato per comprendere una musica simile, nonostante avessi una buona esperienza di doom e funeral doom: tuttavia, devo dire che questo primo esperimento mi ha convinto.

La musica racchiusa in questo lunghissimo album, che sfiora la durata massima contenibile in un CD, è come un interminabile viaggio all'interno delle profondità della psiche umana, vista nel suo aspetto più malato e vagabondante. A livello di sonorità si viaggia a metà tra il drone doom e il dark ambient, con una certa predilezione per quest'ultimo, nonostante le chitarre distorte siano comunque spesso presenti. Come si conviene ad un buon gruppo drone, i tempi sono mostruosamente lenti e le composizioni incredibilmente dilatate, ripetitive e ossessionanti: le atmosfere hanno un che di patologico (ma con interessanti risvolti sognanti che mitigano la psicosi di alcuni episodi), i prolungatissimi power chord sembrano lamenti di un'anima persa che sta vagando nel nulla, i rintocchi di batteria sono sordi e radi, le tastiere hanno un suono ovattato e distante, come se ci stessero osservando dalle profondità siderali dello spazio. Questa musica è fatta solo di atmosfera, non certo di melodie o armonie sopraffine: la ridondanza dei passaggi è una forma mentis, più che una scelta dettata dall'incapacità di fare diversamente (come potrebbe sembrare ad un ascolto superficiale), mentre lo spiccato minimalismo non lascia dubbi sul fatto che la band voglia trasportare l'ascoltatore in un mondo spoglio e desolato, come potrebbe essere una Terra dopo la guerra nucleare, o un distante pianeta extrasolare illuminato solo da alcune fioche e pallide stelle.

L'opener "Lacrime" è un esempio emblematico di ciò che ci aspetta nascosto tra i misteriosi solchi del CD. Atmosfere oceaniche e fluttuanti ci avvolgono immobili per minuti e minuti, facendoci scivolare lentamente in un torpore esistenziale. Quando al tema principale si aggiunge la chitarra distorta, talmente carica di effetti da essere quasi assimilabile al rumore bianco, ci accorgiamo che la musica dona realmente la sensazione di immobilità, e che può essere apprezzata solo da persone che sanno rimanere da sole con la propria mente: in caso contrario, un disco come questo risulterebbe insopportabile. Ci vogliono ben otto minuti e mezzo prima che la musica sfumi e lasci spazio ad un pianoforte che pare suonare sott'acqua, tanto è liquido e mellifluo il suo timbro: e con queste poche note distanti, oscure e fredde come lo spazio profondo, il primo brano è terminato. Ci aspetta un'altra ora abbondante di musica fatta tutta così. Inoltre, quasi tutto il disco è strumentale: la voce infatti appare solo in rari casi, filtrata e seminascosta dai sintetizzatori, per cui è una presenza abbastanza trascurabile. Si va quindi dalle ruggenti e ipnotiche distorsioni di "Nacht Und Morgenrote", al puro ambient celestiale di "Una Luce, Lontano", passando per la "sabbathiana" e leggermente meno soffocante "Novembre", fino alla solenne e spaventosa "Nelle Tempeste D'Acciaio", brano ambient che gioca per quattordici minuti e mezzo su un unico tema, ma che riesce comunque a far viaggiare lontano i pensieri, forse più lontano di quanto non siano mai andati. La chiusura, affidata a "Ad Nihil", è una vera prova di forza per chi sia riuscito ad arrivare fino a questo agonico punto.

Ascoltando questo album con il necessario raccoglimento, un'immagine mentale molto chiara si è formata nella mia testa. Mi sono figurato su un pianeta lontanissimo, dal cielo completamente buio ma rischiarato da un distante e flebile sole; in questo luogo estremo, solcato da canyon immensi e popolato da montagne alte decine di chilometri, mi trovo ad ammirare una gigantesca, immane statua d'acciaio lucente, che raffigura una forma vagamente umana ma che non è riconducibile a niente di conosciuto. E questa statua rimane immobile, nel silenzio più assoluto: e io rimango immobile insieme a lei, osservandola a distanza e rimanendo terrificato, inerme, senza poterne distogliere lo sguardo. Così via, in un tempo immensamente dilatato, fino a quando la mortale agonia di "Austerity" non ha il suo termine nella vita terrena. Volete provare anche voi?

01 - Lacrime (11:29)
02 - Nacht Und Morgenrote (10:57)
03 - Una Luce, Lontano (6:48)
04 - Novembre (10:14)
05 - Nelle Tempeste D'Acciaio (14:33)
06 - Ad Nihil (22:23)