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mercoledì 6 febbraio 2013

Elderwind - "The Magic Of Nature"

Deleting Souls Records, 2012
La semplicità può essere l'arma vincente, nella musica così come nella vita: un concetto che bisognerebbe tenere sempre a mente. La musica dei russi Elderwind, composti unicamente dal tuttofare ventitreenne Persy, è espressione di semplicità pura, ma riesce a catturare lo spirito molto più di tanti mastodonti dalla complessità mostruosa ma dal poco sentimento.

Per dimostrare che non sono solo frasi ad hoc con l'unico scopo di intortare gli ignari lettori e di ricoprirli di melensaggini gratuite, vi invito ad ascoltare un pezzo come "The Magic Of Nature", la seconda traccia del CD. Già dopo i primissimi secondi, a meno che non siate persone completamente insensibili oppure del tutto disabituate a qualsiasi sonorità più aggressiva del pop rock, sentirete inevitabilmente un brivido di emozione sulla pelle, misto ad un brivido di autentico freddo. Le vivide e spettacolari immagini di copertina sono un quadretto da ammirare mentre si ascolta la musica, immaginandosi di trovarsi davvero di fronte a quella gigantesca montagna innevata, con i boschi di conifere intirizzite e lambite da un fiumiciattolo gelido, nella solitudine e nella libertà più totale. Paesaggi sonori che ricordano le maestose distese del Canada o dell'Alaska, luoghi nei quali l'uomo ancora non ha avuto il coraggio di insediarsi a distruggere tutto, poiché troppo belli e troppo inospitali. Gli Elderwind trasportano la mente e il corpo in quei luoghi paradisiaci, e lo fanno con una semplicità disarmante, componendo brani che non sono nulla più che tranquille sequenze di accordi ripetuti, sui quali viaggiano lentamente le note di pianoforte e di tastiera come brandelli di fiori trasportati da un vento impetuoso. Unendo sapientemente le dilatate sonorità ambient con le ruvide muraglie di chitarroni black metal, la musica viaggia quasi sempre lenta, compassionevole, calma come l'acqua di un laghetto montano; ogni tanto una valanga improvvisa risveglia la natura dal torpore, sommergendo tutto con tonnellate di neve bramosa di velocità, per poi ripiombare nell'immobilità e nella tranquillità contemplativa, di cui questo disco è letteralmente saturo. Le linee melodiche esprimono questo sentimento alla perfezione, sviluppandosi solenni ed elegiache verso l'infinità di un mondo incantato, e giocando su motivi elementari ma dalla bellezza sconcertante, in grado di ammaliare perdutamente chiunque non si doti di una corazza di insensibilità spessa trenta centimetri. Un applauso interminabile deve essere dedicato alla produzione: non credo di aver mai ascoltato un disco nel quale la tipologia di suoni e di registrazione sia così perfettamente adatta alle atmosfere che si vogliono creare. Strati di chitarre ovattate e raggelanti, una voce in screaming sempre in secondo piano, tastiere liquefatte e fluttuanti che colmano l'etere senza mai essere invadenti ... un connubio stupefacente di grezzume e approssimazione sonora, che può essere considerato inadeguato solo da chi non ha la minima esperienza di questo tipo di musica. Non è una critica, è un dato di fatto: chiunque voglia approcciarsi al black metal atmosferico deve mettere in conto che la produzione deve essere necessariamente povera e stentata, altrimenti la musica perde i tre quarti del suo fascino. Mi sento inoltre di aggiungere un applauso ancora più sentito alla sezione ritmica, in particolare alla batteria, che costituisce l'elemento discriminante, in grado di compensare la relativa semplicità delle chitarre: dietro le pelli, infatti, Persy dà il meglio di sè con tempi sempre variabili e una tecnica non da poco, la quale arricchisce notevolmente il fluire dei brani, i quali avrebbero forse sofferto di una certa staticità se non ci fosse stato questo elemento.

Si respirano diversi sentimenti nel corso del disco, e nessuno di questi è un sentimento negativo: la natura si mostra qui nella sua bellezza più abbagliante, servendosi di melodie che spesso tendono alla luce del sole e al blu intenso del cielo, nonostante la loro intensa carica malinconica. Il dolce romanticismo di "Shining Star", le suggestioni epiche di "The Nature Stuck In A Dream", le avvolgenti e celestiali tastiere di "Last Winter's Night", il triste pianoforte accompagnato dalla pioggia e dai tuoni in " When The Rain Starts Again", la travolgente epopea di "The Coming Of Spring", capace di far sgorgare calde lacrime ... tutti i brani posseggono qualcosa di speciale, nonostante il disco sia estremamente omogeneo nel suo stile compositivo, e tutti sono in grado di dipingere paesaggi così vividi da sembrare reali. Cinquanta minuti che passano veloci, così veloci da lasciare ampiamente il tempo di rimpiangere ciò che si è appena vissuto, nel momento in cui il disco termina la sua ultima rotazione nello stereo. "The Magic Of Nature" è un disco che saprà toccare corde profondissime e saprà pennellare scenari che rimarranno indelebili nella vostra mente: non aspettatevi niente di complesso nè tantomeno di elaborato, aspettatevi solo un'ambientazione magica che vi farà sognare ad occhi aperti. 

La semplicità, in questo caso, ha vinto.

01 - V Snegakh (In The Snow) (5:42)
02 - Volshebstvo Prirody (The Magic Of Nature) (7:27)
03 - Siyanie Zvyozd (Shining Star) (6:04)
04 - Priroda Zastyla Vo Sne (The Nature Stuck In A Dream) (4:54)
05 - Poslednyaya Zimnyaya Noch' (Last Winter's Night) (7:18)
06 - Priblizhenie Vesny (The Coming Of Spring) (9:25)
07 - Kogda Vnov' Nachnyotsya Dozhd' (When The Rain Starts Again) (5:33)
08 - Holod V Dushe (Cold In The Soul) (6:06)