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martedì 19 febbraio 2013

Fen - "Dustwalker"

Code666 Records, 2013
Una volta lessi una frase da parte di una persona che commentava una recensione di un disco. Essa recitava "Ma è mai possibile che tutti i dischi metal siano capolavori?". Si riferiva, in maniera ironica, al fatto che spesso i recensori tendono ad esagerare un po' con le lodi, dipingendo quasi ogni disco come un capolavoro, anche e soprattutto dischi che capolavori non sono affatto. Si va dalle ciofeche totali agli ottimi dischi, ma non bisogna confondere gli "ottimi dischi" con i capolavori: questa parola così impegnativa è riservata a quei rari affreschi musicali che sono destinati a influenzare intere schiere di band emergenti, e che con tutta probabilità rimarranno infissi negli annali della musica, perlomeno quella di genere. Tutta questa premessa per dire che "Dustwalker" fa sicuramente parte di questa schiera di dischi: passionali, intensi, pregni di contenuti ma senza potersi forgiare del titolo di massime opere musicali. Sarebbe assurdo, infatti, dire che "Dustwalker" è un disco destinato a riscrivere la storia della musica; ma sarebbe altrettanto impietoso non riconoscere il suo eccellente livello qualitativo e la sua fenomenale capacità di coinvolgere l'ascoltatore e di trasportarlo in paesaggi desolati e solitari. E dopo questa lunga e forse inutile premessa, che però sentivo di dover fare in quanto da troppo tempo avrei voluto toccare l'argomento e scriverci due righe, passiamo ad analizzare il disco medesimo.

I dischi dei Fen, a partire dal primo EP "Ancient Sorrow" per arrivare ad oggi, hanno sempre mantenuto livelli sopraffini, capaci di fondere elegantemente la suggestività del post rock e del neofolk con la cruda aggressività del black metal, addolcita qua e là da elementi melodici e atmosferici di grande classe. Un cocktail che ultimamente va per la maggiore, ma che solo poche band sono in grado di padroneggiare con sicurezza, senza scadere nel già sentito e nel banale, cosa che con il passare degli anni è sempre più facile. I Fen, tuttavia, non sono dei novellini e sono sicuramente una delle band che riesce meglio in questo non facile compito: con "Dustwalker", il loro terzo album in studio ad oggi, non fanno altro che riconfermare la propria indiscutibile classe compositiva ed esecutiva, non dimenticando nemmeno di aggiungere qualche tenue elemento di novità che contribuisce a non fossilizzare il sound. Mescolando la crepuscolare rugosità di "Ancient Sorrow", la malinconia autunnale di "The Malediction Fields" e la finissima dolcezza melodica di "Epoch", il gruppo assembla un disco che non mancherà di spiazzare i fan storici, poiché se da una parte è indiscutibilmente un album al 100% "made in Fen", dall'altra è un qualcosa di nuovo, di meno immediato, di più inafferrabile e variegato nei suoi accentuati chiaroscuri.  In diversi casi, la componente black si separa in maniera quasi netta dall'atmosfera shoegaze - folk che aveva fatto la fortuna dei precedenti album, creando scenari pressoché inediti: la violenza smisurata che ci investe fin dalle primissime battute di "Consequence" (mai abbiamo sentito i Fen suonare così cattivi, con un basso così stupendamente prepotente e una voce velenosissima!) si accosta alle tenui soffusioni melodiche di "Spectre" con assoluta naturalezza, una naturalezza che inizialmente non viene colta per via dell'intrinseca nebulosità dell'album, ma che piano piano emerge come una perfetta riprova dell'abilità della band. Ciò appare in modo particolare nei brani che amalgamano le due anime dei Fen, e che sono anche i brani più facili da assimilare, come per esempio "Hands Of Dust" e la monumentale chiusura "Walking The Crowpath": brani che faranno la gioia dei vecchi fan, i quali ritroveranno tutto ciò che hanno amato nei dischi passati. La novità sta invece nella libertà con cui la band si permette di sperimentare, di sbilanciarsi ora verso l'atmosfera ora verso la durezza, riuscendo ottimamente in entrambi gli stili e forgiandosi con dei miglioramenti evidenti sotto l'aspetto tecnico, in particolare per quanto riguarda la voce di The Watcher, mai come in questo caso capace di essere graffiante ed ispirato nello scream, e altresì dolce e ammaliante nel clean. In ogni caso, anche se l'attitudine generale si è leggermente spostata verso l'aggressività e i suoni e le atmosfere sono diventati un po' più pesanti che in passato (mantenendo sempre la produzione volutamente impastata e low - fi che ha fatto a mio avviso la fortuna della band), non ci sono particolari idee rivoluzionarie all'orizzonte. I Fen si muovono bene o male sugli stessi terreni battuti in precedenza: il seme del cambiamento è solo un modo diverso di intenderli, di rimescolarli tra loro così come di separarli. Cambia il modo di usarli come strumento che avvolge l'ascoltatore e lo trasporta nelle umide contrade dell'Inghilterra del nord, con le sue paludi sterminate: il risultato, ancora una volta, è degno degli obiettivi che si era preposto, ammesso che in musica si possa parlare di obiettivi da raggiungere.

Dunque, "Dustwalker" può finalmente essere descritto come il capolavoro dei Fen? A mio parere no, non è un capolavoro, o meglio, non ancora. Il gruppo ha saputo imporsi con personalità nella scena metal attuale, comparendo anche in tour con grandi band come gli Agalloch e creandosi la propria schiera di fan appassionati, grazie alla loro indubbia abilità e personalità: tuttavia sono convinto che il loro capolavoro definitivo debba ancora arrivare. Magari non riusciranno mai a produrre un disco che venga ricordato come vera e propria pietra miliare irrinunciabile, ma in fondo chi se ne importa? "The Malediction Fields", "Epoch", e adesso "Dustwalker" ... di musica per intenditori, alla ricerca di sensazioni speciali, ce n'è da vendere. "Dustwalker" è un nuovo tassello nella personale maturazione artistica dei Fen, un lavoro ancora una volta squisitamente meditativo e atmosferico, sul quale passare lunghi pomeriggi di riflessione. Per cui, non abbiate timore: compratelo pure a scatola chiusa, e lasciatevi rapire dalle sue polverose e suggestive cascate di note distorte. Ne vale la pena.

01 - Consequence (7:56)
02 - Hands Of Dust (11:39)
03 - Spectre (10:21)
04 - Reflections (1:44)
05 - Wolf Sun (7:10)
06 - The Black Sound (10:08)
07 - Walking The Crowpath (13:16)