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sabato 25 giugno 2011

Behemoth - "Sventevith"

Pagan, 1995
Le notti di Dicembre sono rigide, specie nel Nord della Polonia mentre le selvagge onde del Mar Baltico colpiscono le coste dorate di Gdansk. E’ questo il contesto estremo in cui i Behemoth registrarono il loro primo full-length nel Dicembre del 1994, Sventevith - Storming Near The Baltic, il quale sembra aver conservato incastonata in sé una piccola parte di queste condizioni climatiche.

Sventevith è una di quelle violente onde, uno di quei fulmini caduti nel mare, una di quelle manifestazioni della natura più selvaggia che viste superficialmente spaventano e ci spingono lontano, ma che se contemplate più da vicino dischiudono un mondo affascinante insospettabile - lo stesso mondo che racchiude Sventevith, nascosto tra le sue ruvide increspature che a prima vista per un fan dei Behemoth moderni può sembrare un insensato groviglio di rami di un abete colpito da un vento invernale, ma che ad un’analisi più approfondita dischiude un mondo incantato: ogni riff di ogni brano emana melodie perdute, melodie che si sporcano del suono gracchiante delle chitarre, che si imbevono di esso, e che suonando inebriate lo disperdono nell’atmosfera circostante. L’atmosfera...l’atmosfera incantata che sa creare questo disco, questo allora duo con Baal Ravenlock alle percussioni e Nergal che si occupava di tutto il resto, è semplicemente incredibile, e non pretendo di potervela spiegare a parole. Potrei parlarvi dei riff accennati che si scorgono tra le pieghe di una produzione pessima ma proprio per questo estremamente efficace, delle splendide tastiere che rendono più vivido il chiaroscuro delle chitarre, o degli intermezzi acustici semplicemente stupendi in pieno stile Pagan Black Metal...ma non lo farò perché si tratta di un’esperienza che ciascuno deve fare per conto proprio, esperienza che all’inizio sembra un po’ come camminare di notte a torso nudo contro una forte bora, contro lo scream sferzante di Nergal, contro le sgangherate sfuriate di Baal Ravenlock, contro un sound marcescente - ma se continuerete a camminare noncuranti del congelamento parziale dei vostri arti, della visuale svanente dei vostri occhi, del rallentamento delle vostre funzioni vitali, improvvisamente tutto questo finirà: l’insopportabile freddo nordico si trasformerà in un nostalgico tepore, il tagliente vento in un intimo respiro, il buio della notte in un debole lume soffuso: e allora sarete in grado di abbracciare la grandezza di quel sublime panorama naturale che è Sventevith.

Alcuni conoscono i Behemoth solo per il loro Death epico molto personale, e snobbano i primi lavori come Sventevith e Grom; altri invece ritengono che l’era Pagan dei Behemoth sia stato il loro momento migliore, e non sono entusiasti del loro Death epico moderno. Che volete che vi dica? Si tratta di due cose molto diverse tra loro, e non credo abbia senso paragonarle. Una cosa però è certa: i Behemoth hanno dimostrato di eccellere sia nell’una che nell’altra, e Sventevith ne è una suggestiva testimonianza.

01 - Chant Of The Eastern Lands (05:43)
02 - The Touch Of Nya (00:57)
03 - From The Pagan Vastlands (04:30)
04 - Hidden In The Fog (06:50)
05 - Ancient (02:02)
06 - Entering The Faustian Soul (05:36)
07 - Forgotten Cult Of Aldaron (04:35)
08 - Wolves Guard My Coffin (04:29)
09 - Hell Dwells In Ice (05:51)
10 - Transylvanian Forest (04:53)