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domenica 27 maggio 2012

Drudkh - "Microcosmos"

Season Of Mist, 2009
Conoscete già i Drudkh? Allora probabilmente sarete a conoscenza del fatto che questa band ha pubblicato dischi a ritmi molto sostenuti, e soprattutto ha pubblicato dischi sempre degni e sempre dotati di quella carica d'ispirazione che li rendeva intensi e mai banali (anche nel caso di esperimenti come il contestato eppure splendido "Songs Of Grief And Solitude"). Qualcuno, tuttavia, nel 2007 si chiese cos'avesse combinato la band con la pubblicazione dell'altrettanto contestato "Estrangement", disco che a mio parere non aveva e non ha tuttora alcuna pecca, se non forse il fatto di essere uscito dopo album spettacolari come "Forgotten Legends" o "Blood In Our Wells". Sta di fatto che quel disco non venne molto apprezzato: e quando all'alba del 2009 uscì questo "Microcosmos", il pubblico si divise tra accaniti sostenitori e detrattori, convinti che ormai il gruppo ucraino avesse imboccato la strada del declino inesorabile. Ma in questo caso "Microcosmos" fu un vero e proprio album di svolta, una prova del nove che spazzò via ogni dubbio: i grandi Drudkh erano tornati alla ribalta con un disco che non ha nulla da invidiare ai suoi illustri predecessori, e si impone come caposaldo della loro nutrita discografia.

Compatto e potente come una valanga inarrestabile, "Microcosmos" assalta i sensi e gli animi degli ascoltatori con brani che avvolgono in un turbinio di suoni rotondi e corposi, riccamente stratificati e resi magnificamente da una produzione eccelsa per quelli che sono i canoni del genere. Il consueto black metal atmosferico di stampo pagano si è evoluto verso una concezione unitaria, totalizzante, con quella stessa monoliticità che fu propria del fulminante esordio "Forgotten Legends"; i brani sono strettamente legati gli uni agli altri e scorrono con una coerenza invidiabile, nonchè con una potenza sonora e una crudezza spietata, perfettamente atta a simboleggiare la ferocia della natura. Ci sono riusciti tante volte, a ricreare scenari naturali e forze arcane nei loro dischi: ma "Microcosmos" non è una mera riproposizione di quanto già detto, seppur lo stile sia sempre e inequivocabilmente quello dei Drudkh. Perchè dico questo? Semplicemente perchè i riff, se vogliamo, sono ancora più intensi e ficcanti, quasi come se parlassero direttamente al cuore; le atmosfere sono gelide e tumultuose più che mai, sostenute da ritmiche che sanno sempre come valorizzare al massimo i brani; la malinconia del vivere raggiunge vette eccellenti di espressione; la sensazione di desolata rassegnazione che si prova ascoltando ogni loro album si presenta con ancora più forza del solito. Le chitarre sono roboanti (tranne quando intervengono i consueti e delicatissimi assoli), il basso è uno schiacciasassi, la batteria è sfruttata magnificamente, la voce è come al solito un lamento pieno di dolore e rammarico inconsolabile. Eccellenza allo stato puro.

Il primo e l'ultimo brano fanno parte della tradizione musicale ucraina (così come i testi, che come al solito sono tratti dalle opere dei maggiori poeti nazionali), mentre i quattro brani centrali si danno battaglia spietatamente per chi riesce a risultare più emozionante e vibrante, con un probabile vincitore che risponde al nome di "Ars Poetica", eccezionale esempio della potenza devastante che può raggiungere il black metal quando è suonato con passione, sia in fatto di sonorità sia in fatto di espressività. Impossibile, tuttavia, scindere il disco in aspetti propriamente distinti: come ho già accennato prima, si tratta di una valanga che procede con innaturale lentezza e ci ingloba altrettanto lentamente in una morsa di gelo e malinconia, senza lasciarci più uscire se non nel momento in cui il disco termina. Ma non sarà difficile provare queste sensazioni sulla pelle anche dopo che il disco è terminato. 

Per concludere, siamo davanti ad un disco squisitamente Drudkh, che forse non è particolarmente innovativo rispetto a quello che la band ha già suonato, ma è semplicemente un altro, stupendo album che questi musicisti ci regalano. "Microcosmos" rappresenta una conferma definitiva per i fan storici, i quali probabilmente lo adoreranno senza vie di mezzo; per chi invece non si è ancora avvicinato alle affascinanti sonorità di questa band (ed è ora di cominciare), potrà rappresentare una degna summa di tutto ciò che la band è capace di fare, confezionata in quello che probabilmente è uno dei loro migliori lavori di sempre. Non avvicinatevi a questo disco pensando di trovare musica facile: "Microcosmos" è uno di quei dischi che scavano dentro, portando alla luce tutte le nostre sensazioni più primordiali e nascoste. Da parte mia, è proprio per questo che amo particolarmente questa stupenda band. E voi?

01 - Days That Passed (1:07)
02 - Distant Cries Of Cranes (9:37)
03 - Decadence (10:33)
04 - Ars Poetica (9:48)
05 - Everything Unsaid Before (9:33)
06 - Widow's Grief (1:08)