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domenica 6 maggio 2012

Kroda - "Fimbulvinter"

Hammermark Art, 2007
Nella mitologia nordica, che io da sempre ritengo una culla di meraviglie tutta da scoprire, il Fimbulvinter è un terrificante inverno che dura tre anni ininterrotti e che presagisce alla fine del mondo, il Ragnarok. Gli ucraini Kroda, ormai giunti alla loro terza release discografica ufficiale, compiono un lavoro magistrale nel trasporre in musica la potenza evocativa e mitica di quella tremenda esplosione di gelo e apocalisse, partorendo un disco che definire convincente ed ispirato è dire poco. Immagini e scenari scorrono vividi durante l'ascolto, rendendo l'esperienza di questo "Fimbulvinter" davvero ricca e intensa.

Non si tratta tuttavia di musica facile da ascoltare e da assimilare, per via della sua intrinseca pesantezza ed aggressività. Fin dalla prima traccia, la lunga "The Beginning Of Winter Night Of Oskorei", si capisce infatti che la band non vuole risparmiare le orecchie di nessuno, così come il lungo inverno morde tutti con ferocia e senza pietà alcuna. Rispetto ai due dischi precedenti, "Fimbulvinter" è senz'altro più spietato e mordace; ma non è solo durezza che i Kroda ci propongono. Sulla base black molto rocciosa e potente, dai suoni notevolmente ingrossati e dalle ritmiche spesso mitraglianti (le linee di basso sono eccezionalmente pompate e poderose), si stagliano anche delle stupende suggestioni folkloristiche e momenti di pura emozione melodica, esaltati al massimo dall'uso di strumenti tipici come i flauti (veri, non sintetizzati: e la differenza si sente) e il quasi onnipresente scacciapensieri siciliano. Non si è assolutamente persa la vena romantica del gruppo, la quale però stavolta, unita ad un suono più potente e schiacciante, acquista paradossalmente ancora più fascino.

I brani si sviluppano con un continuo alternarsi di sezioni spaccaossa e momenti di inquieta riflessione, spezzati da aperture melodiche da brivido che portano un po' di luce in questo mondo raggelato da questo inverno innaturalmente lungo e tagliente. Ne è un perfetto esempio la successiva "Glacial Riders Of Fimbulvinter", giocata su un sinistro e battagliero riffing di chitarra che si alterna a sezioni pulite e ad un flauto dal sapore addirittura orientale, il cui timbro viene esaltato da una produzione semplicemente magnifica. I frequentissimi blast beat, presenti praticamente in ogni brano e in dosi massicce, fanno coppia con un'aggressiva e preponderante voce in screaming per ricreare le atmosfere "nevose" e tempestose del glaciale Fimbulvinter, simboleggiando perfettamente il turbinare dei fiocchi di neve e le valanghe che procedono inarrestabili, radendo al suolo intere foreste e villaggi; tuttavia, la controparte melodica strumentale è sempre presente e rende l'ascolto estremamente suggestivo, slegandolo da un impatto unicamente basato sulla potenza sonora sprigionata. Non si può infatti basarsi sulle linee vocali per cercare una melodia: lo screaming è talmente tirato e marcio che ha obiettivamente poco di musicale, assomigliando di più ad una lunga e velenosa recitazione.

I brani sono legati gli uni agli altri in modo abbastanza evidente, poichè il finale di ciascuno ricorda molto ciò che poi troveremo nell'inizio del brano successivo. Tale soluzione è stata sfruttata davvero bene, donando al disco una perfetta continuità ed eliminando i momenti morti. Ogni episodio è possente, aggressivo ma finemente ricamato, ricco di sfumature e momenti paradisiaci; ne sono un esempio le due stupende "...Where Brave Warriors Shall Meet Again" e soprattutto la celestiale "Funeral Of The Sun". Già la prima delizia le nostre orecchie con furibondi assalti sonori che improvvisamente lasciano il posto ad arpeggi e melodie lancinanti, dalla bellezza sconvolgente; ma quando parte lo spettacolare funerale del nostro astro, oscurato permanentemente dall'innaturale inverno, c'è solamente da prostrarsi dinanzi alla delicata magia del flauto e delle maracas, alla primordiale violenza degli elementi naturali, all'asprezza indomabile delle sezioni vocali e ad una parte conclusiva sognante ed elegiaca, che spazza via l'immane quantità di violenza attraverso cui siamo appena passati. Credo che il suddetto brano sia uno dei più begli esempi di brano folk - black che possiamo trovare in circolazione, una vera perla di composizione e accostamento di emozioni differenti. 

Chiude il cerchio una riuscitissima cover dei Branikald, che i Kroda riescono a rendere propria in maniera magistrale, e che potrebbe benissimo essere scambiata per un brano originale del gruppo. Per nulla fuori contesto, essa aggiunge un tocco di classe all'album, nonostante io generalmente non apprezzi le cover quando si inframmezzano a brani originali. Questa volta però, visto l'eccellente risultato, non posso che approvare la scelta dei Kroda, che con questo "Fimbulvinter" hanno confezionato un prodotto davvero riuscito: non gli manca infatti nulla per essere considerato non dico un classico, ma quasi. Potenza schiacciasassi, velocità, melodia, tecnica, ottimo songwriting, senso della progressione, buona varietà e coerenza interna: devo spendere altre parole per convincervi che questo disco è una cannonata?

Lasciatevi rapire dalle fauci dell'Inverno, esso saprà cosa fare delle vostre insignificanti e tremule membra...

01 - The Beginning Of Winter Night Of Oskorei (11:43)
02 - Glacial Riders Of Fimbulvinter (12:08)
03 - ...Where Brave Warriors Shall Meet Again (8:56)
04 - Funeral Of The Sun (10:57)
05 - A Stormrider (Branikald cover) (11:23)