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giovedì 7 giugno 2012

Drudkh - "Eternal Turn Of The Wheel"

Season Of Mist, 2012
Qualcuno pensava che con il precedente "Handful Of Stars", i Drudkh avessero esaurito tutto ciò che avevano da dire, contaminando irrimediabilmente la loro musica con sonorità più leggere e orecchiabili, e venendo quindi meno alle loro origini, saldamente impiantate in un black metal di stampo atmosferico e squisitamente a metà tra il grezzo e il melodico. I motivi per pensarlo c'erano tutti, dato che di solito una band, quando intraprende la strada del declino, tende a percorrerla andando sempre più verso il basso; e nonostante "Handful Of Stars" non fosse un brutto disco (almeno nell'opinione di chi scrive), dopo l'eccellente "Microcosmos" è diventata evidente un'involuzione del sound e del songwriting, specialmente se come termini di paragone si prendono i primi e obbligatori album del combo ucraino.

I Drudkh invece, dopo due anni dall'uscita di quel contestato album, ci sorprendono ancora una volta con questo "Eternal Turn Of The Wheel", che ha il compito di riportarci indietro ai tempi del primo, glorioso e mai troppo lodato "Forgotten Legends". Sì, avete capito bene: si ritorna alle origini, e per davvero. Il sound è tornato ad essere ruvido, come una pietra irregolare e solcata da torrenti impetuosi; le chitarre sono tornate ad essere delle taglienti lame di ghiaccio e le distorsioni occupano la quasi totalità del disco lasciando poco spazio agli interventi "tranquilli" (che comunque ci sono, centellinati ma ben contestualizzati); le atmosfere hanno lasciato completamente da parte la vena riflessiva post - rock e sono invece tornate ad essere malinconiche e depressive, di stampo prettamente autunnale e decadente. Un brano come "Breath Of Cold Black Soil" è un vero toccasana per chi considerava i Drudkh come un gruppo ormai spacciato, dato che contiene praticamente tutti gli elementi che hanno reso questa band così celebre nel suo ambiente. Chitarre sempre ronzanti e dal piglio triste si affiancano con decisione ad un tappeto tastieristico appena accennato, ma di grandissimo effetto, e perfino ai suoni di alcune lugubri campane che aumentano a dismisura la drammaticità del pezzo. E i pezzi successivi non fanno che migliorare ancora di più, raggiungendo momenti davvero epici (come nella cavalcata spaccacuore di "Farewell To Autumn's Sorrowful Birds"). Per quanto le linee melodico / armoniche siano diventate ancora più semplici e dirette (qui rasentiamo davvero un livello elementare), sono le atmosfere ad averci guadagnato immensamente, avendo riconquistato quel piglio "primordiale" e non rifinito che fece la fortuna dei grandi capolavori del gruppo. Dunque, poco importa se alla propria undicesima produzione discografica la band non riesce a produrre niente di particolarmente innovativo, niente che essa stessa non abbia già scritto in precedenza; ma abbiamo avuto la conferma che non si sono rammolliti, che sono ancora capaci di farci emozionare con un fraseggio di chitarra impetuoso, con una terrificante accelerazione in blast beat che lascia senza fiato, e soprattutto con una voce sofferente, animicamente distrutta, che declama il proprio dolore e lo fa piovere sulle nostre anime, come sale sparso sui campi. Tutti elementi che, mischiati assieme con una maestria ormai acquisita, trasformano poche note in un'esperienza valevole.

Quattro pezzi (più la brevissima introduzione acustica) che tecnicamente non valgono quasi nulla, che si basano su pochissimi elementi come da perfetta tradizione burzumiana, quattro pezzi musicalmente forse insignificanti; eppure, quattro pezzi che smuovono qualcosa dentro, che sanno toccare corde primitive e recondite, e sanno emozionare. Sembra una frase fatta da quattro soldi, ma è proprio così: l'acida tristezza che alberga in questi solchi è un qualcosa che volenti o nolenti ci cattura, durante l'ascolto. Tutto si può dire dei Drudkh, meno che siano freddi e macchinosi; e questo nuovo album è semplicemente arrivato come una conferma di tale fatto. E adesso aspettiamo il nuovo album...conoscendoli, arriverà molto presto!

01 - Eternal Circle (1:15)
02 - Breath Of Cold Black Soil (9:45)
03 - When Gods Leave Their Emerald Halls (9:21)
04 - Farewell To Autumn's Sorrowful Birds (7:48)
05 - Night Woven Of Snow, Winds And Grey - Haired Stars (8:00)