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giovedì 24 febbraio 2011

Eluveitie - "Everything Remains As It Never Was"

Nuclear Blast, 2010
"Tutto rimane come non è mai stato". Dietro questo titolo enigmatico si trova la quarta fatica discografica degli svizzeri Eluveitie, da sempre dediti ad un piacevole folk - metal di stampo celtico, che però non utilizza come base il classico black metal, bensì il death melodico di stampo Gothenburg (evidentissime sono qui le influenze degli ultimi Dark Tranquillity, per citare un nome). Il percorso della band elvetica è stato sempre piuttosto lineare, a parte la riuscita e per certi versi coraggiosa svolta di "Evocation I: The Arcane Dominion", album totalmente acustico, con questo nuovo album gli Eluveitie tornano a pestare duro, con chitarre distorte e ritmiche velocissime, talvolta ai limiti del blast - beat, e la cavernosa voce growl che riprende prepotentemente il possesso della scena. Il tutto però abbonda di melodie estremamente orecchiabili, gioiose e trascinanti, che tolgono quasi del tutto la sensazione di aggressività e lasciano solamente l'entusiasmo. Stranamente, il brano che è stato scelto come apertura di album, e che reca il nome del medesimo, non è poi così convincente e potrebbe dare un'impressione immediatamente negativa: veloce e potente sì, ma piuttosto scialbo. La situazione migliora con "Thousandfold": fin dal primo ascolto, il brano scelto come singolo esalta gli animi, nonostante la sua struttura a dir poco trita e ritrita. Il suo connubio tra chitarre distorte, ghironde e violini è ancora una volta capace di far scuotere le teste a tempo di musica, eliminando tutti i cattivi pensieri che ci passano per la testa e sostituendoli con una sana felicità di vivere.

Con il passare delle tracce la situazione migliora sempre più, grazie ad episodi davvero convincenti come "The Essence Of Ashes" (il cui riff ricorda non poco la splendida "Hedon" dei sopracitati Dark Tranquillity, quasi un omaggio!) come la strumentale "Isara", che non può non ricordare un pascolo montano in una giornata di pieno sole, e la travolgente "Quoth The Raven", dalle pregevoli e intricate parti strumentali e nella quale fa capolino anche il cantato femminile, sia pulito sia  per un breve momento in growl (!). Brano leggermente differente è "(Do)Minion", maggiormente oscuro e negativo rispetto alla media dell'album, e dal chorus perfino drammatico; ma successivamente ci pensa "Lugdonon" a ribaltare questa anomalia, con un brano che è quasi una giocosa filastrocca per bambini. Con l'evocativa strumentale "The Liminal Passage" si chiude questo album, che fin da subito ha diviso molto i fan. C'è chi lo considera un ottimo disco e chi una decisa caduta di tono. Che dire? La verità sta nel mezzo, come sempre. Sicuramente questo disco non apporta grandi novità al sound del gruppo, in quanto è fin troppo debitore degli illustri predecessori "Spirit" e "Slania", ma comunque è ancora una volta in grado di regalarci un'oretta di ottima musica, l'ideale da ascoltare durante una passeggiata in montagna, tra alberi e fiori variopinti, fino ad arrivare ad un rifugio nel quale passare la giornata, attorniati da mucche al pascolo. Non sarà un capolavoro, ma c'è bisogno che un album sia per forza innovativo e geniale per essere apprezzato?

01 - Otherworld (1:57)
02 - Everything Remains As It Never Was (4:25)
03 - Thousandfold (3:20)
04 - Nil (3:43)
05 - The Essence Of Ashes (3:59)
06 - Isara (2:44)
07 - Kingdom Come Undone (3:22)
08 - Quoth The Raven (4:42)
09 - (Do)minion (5:07)
10 - Setlon (2:36)
11 - Sempiternal Embers (4:52)
12 - Lugdonon (4:01)
13 - The Liminal Passage (2:15)