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sabato 26 febbraio 2011

Metallica - "Master Of Puppets"

Elektra, 1986
Un'incursione nei classici non fa mai male: soprattutto non fa mai male ricordare quegli album che ad oggi, anche se magari si ascoltano poco, hanno fatto la storia del Metal per come lo conosciamo, e senza i quali l'evoluzione del genere sarebbe stata sicuramente molto diversa. Sto parlando degli album epocali, che pur se non perfetti e ancora abbastanza grezzi, sono stati e continuano ad essere un punto di riferimento per chi nel 2010 si mette a suonare metal, consapevole che non potrà non essere influenzato, anche se solo in parte, dai grandi nomi del genere.

Il 1986, data di uscita di "Master Of Puppets", è un anno importante per il metal: il thrash è ancora un bimbo giovanissimo, dato alla luce con la pubblicazione del seminale "Kill'em All" e svezzato con il successivo e mirabile "Ride The Lightning", e cominciano a moltiplicarsi le band che uniscono la velocità e l'irruenza del punk con le tipiche sonorità metal, pesanti e oppressive. Seppur migliorabili dal punto di vista tecnico, i primi due album dei Metallica hanno dato le basi a tutto il genere thrash metal, e con "Master Of Puppets" si raggiunge l'apice compositivo del gruppo statunitense, opinione condivisa da quasi tutto il mondo metal. La tecnica strumentale migliora, la voce di James Hetfield acquista maturità, i brani si fanno ancora più lunghi, ricercati e carichi di pathos, spaziando da feroci cavalcate ad episodi addirittura introspettivi e malinconici. Il celeberrimo brano di apertura, "Battery", potrebbe inizialmente ammaliare con le sue serene chitarre acustiche, salvo poi trasformarsi in un furioso assalto metallico che, senza mai perdere il senso della melodia, colpisce come un treno in faccia. Ancora oggi, raramente si trovano brani dalla potenza così devastante come questo, nonostante le sonorità moderne siano più ricche e corpose. Ma non è solo furia cieca, non è solo odio vomitato a fiumi dalla splendida voce di James: c'è posto anche per passaggi intricati, rallentamenti e accelerazioni ancora più pestate di quelle precedenti, in un connubio assolutamente esaltante, che costituisce uno dei migliori brani mai scritti dai Metallica. Segue la title track, anch'essa talmente famosa da essere ormai entrata nell'immaginario collettivo metal: si basa su un lavoro chitarristico pregevole e un testo carico di significato (nello specifico, la dipendenza dalla droga pesante, perfettamente espressa dal meraviglioso break centrale che simboleggia il "paradiso artificiale" creato da queste sostanze, salvo poi tornare alla misera vita di prima). Il cantato di James è ancora una volta graffiante, provocatorio ed intensamente espressivo, e la lunghezza del brano (otto minuti e mezzo) testimonia l'evoluzione dei Metallica verso sonorità sempre più complesse, che vedranno l'apice nel successivo "...And Justice For All". Ma questa è un'altra storia. Proseguiamo con "The Thing That Should Not Be", ossessiva e ipnotica nelle sue sonorità cupe, un vero brano da incubo, per poi arrivare a "Welcome Home (Sanitarium)", altro brano sapientemente giostrato tra furia e rassegnata malinconia, per una condizione straziante: quella del malato psichiatrico rinchiuso in un istituto, che non ha altre speranze di salvezza se non uccidere i suoi aguzzini, convinti di fare il bene dei malati tenendoli rinchiusi per tutta la vita senza mai vedere il sole. Anche qui la forza espressiva della voce, degli strumenti e del testo è resa all'ennesima potenza, per un altro capolavoro che a mio personale giudizio è il brano più spiccatamente intenso mai scritto dal gruppo.

Non è da meno la veloce e aggressiva "Disposable Heroes", che tratta un tema ancora più crudo, cioè i ragazzini spediti a morire al fronte come carne da macello "(Soldier boy, made of clay...you will do what i say, when i say, back to the front!"). "Leper Messiah" è un brano più lento, forse il meno brillante del lotto, ma comunque molto valido se paragonato a qualsiasi altro pezzo di una qualsiasi normale band di thrash metal. Ma ecco che arriva un altro capolavoro: "Orion". Le particolari sonorità delle chitarre e del basso, pieni di effetti, rendono questo lungo e complesso brano strumentale un vero viaggio tra le costellazioni più distanti, rivelando un'altra sfaccettatura dei Metallica, che ormai non hanno più come unico scopo quello di essere veloci e cattivi, ma anche di sperimentare qualche novità (che poi negli anni li porterà a rinnegare quasi completamente il loro passato metallico). Chiude il lotto la ferocissima "Damage Inc.", dall'inizio ambient, ma dalla continuazione frenetica che non lascia nemmeno un attimo di tregua. Degna conclusione di un album che ha fatto la storia, e che per quanto si possa dire dei Metallica e dei loro atteggiamenti, rimane un capolavoro insuperato. Semplicemente da avere, non ci sono scuse!

01 - Battery (5:12)
02 - Master Of Puppets (8.35)
03 - The Thing That Should Not Be (6:36)
04 - Welcome Home (Sanitarium) (6:27)
05 - Disposable Heroes (8:16)
06 - Leper Messiah (5:40)
07 - Orion (8:27)
08 - Damage Inc. (5:32)