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mercoledì 21 dicembre 2011

Uruk-Hai - "Unholy Medieval Congregation"

Die Todesrune Records, 2006
Gli Uruk-Hai sono una particolare razza di orchi della Terra di Mezzo, perfetti per la guerra. Sono resistenti alla luce, posseggono resistenza e forza maggiori rispetto ai comuni orchi e amano nutrirsi di carne, anche umana. Si distinguono dagli altri orchi per via del colore scuro della pelle e delle dimensioni generalmente maggiori.

Disambiguazione - Se stai cercando qualsiasi altro significato di Uruk-Hai, vedi “Uruk-Hai (disambigua)”.

Con il termine Uruk-Hai ci si può riferire a:
* Uruk-Hai, band austriaca Ambient.
* Uruk-Hai, band spagnola Black Metal.

Noi qui ci riferiamo ai secondi, quelli spagnoli, che dopo qualche anno di gavetta giungono al primo full-length. Gli Uruk-Hai sono dediti ad un Raw Black Metal nel senso più stretto del termine: marcio, quasi rancido, e in più intriso di succulenta blasfemia medievale. E paradossalmente la recensione potrebbe finire qui, dopo appena un’intro wikipediana e tre righe scarse, perché non c’è nient’altro da dire. La band non compie alcun minimo tentativo di variazione musicale, non una minima contaminazione con elementi che non appartengano allo stretto cerchio del Raw Black, neanche il più piccolo sprazzo di creatività: questo è ciò che vogliono gli Uruk-Hai. Siete appassionati al genere? Allora probabilmente adorerete Unholy Medieval Congregation. Preferite qualcosa di più ricercato e creativo? Allora probabilmente vi annoierà dopo i primi tre o quattro brani. Il Raw Black non potete proprio reggerlo? Allora vi sembrerà spazzatura, uno dei tanti dischetti underground tutti uguali tra loro con poco da comunicare. Questa sua caratteristica, questo suo essere così quadrato, così adeso ad un genere preciso, fa il bello ed il cattivo tempo: riservato a chi adora il marciume musicale, il grezzume, il sozzume del buio Medioevo in cui l’opposizione al cristianesimo consisteva in una serie di improbabili riti occulti pagani. Probabilmente, quando marciavano sulla Terra di Mezzo, gli orchi portavano con sé il loro iPod con su questo album.

Quanto a me, questa completa mancanza di originalità non mi sembra una grave pecca come invece magari vorrebbero far credere certi ascoltatori monotematici fissati solo con l’Avantgarde e la creatività. A conti fatti si tratta di una proposta grezza e feroce che non scade mai in mid-tempo commerciali - cosa che io reputo ben più grave - e in cui trovano spazio anche soluzioni molto interessanti, come ad esempio il riff della titletrack o il tetro sacrilego arpeggio di The Return Of The Pagan Fullmoon. Quindi perché disdegnarla? Anzi, meno male che esistono anche dischi semplici e diretti come questo che per le mie orecchie costituiscono un piacevole stacco dal mio complesso mondo musicale; perché in fondo tacciare di monotonia tutti gli album di questa categoria non significa forse cadere nella monotonia di ricercare a tutti i costi qualcosa di sempre nuovo e differente?

01 - Under The Embrace Of The Black Plague (05:29)
02 - My Sword For The Shadows Throne (04:34)
03 - Unholy Medieval Congregation (03:54)
04 - The Dark Veil Of The Winter Forest (03:51)
05 - Interludio (00:45)
06 - The Return Of The Pagan Fullmoon (03:22)
07 - Knights Of The Castle Of The Black Sun (03:45)
08 - Filosofia Oculta (04:36)
09 - The White Order Of Lucifer (04:16)
10 - Night Of The Templars (02:25)