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mercoledì 28 dicembre 2011

Wodensthrone - "Loss"

Bindrune Recordings, 2009
Quando ho scoperto gli Esoteric, mi sono detto: che band fenomenale ho scovato. Poi sono andato a controllarne la provenienza: britannici. E fin qui tutto bene. Poi mi è capitato di scoprire i Fen, altro gruppo di caratura superiore (seppur in tutt'altro genere), e sono andato nuovamente a controllarne la provenienza: sempre britannici. Ora scopro questi Wodensthrone, vengo immediatamente catturato dalla loro musica al primo ascolto, e per scrupolo vado ancora una volta a controllare da dove vengono: britannici anche loro. Allora forse non è un caso. La Gran Bretagna è stata importantissima per l'heavy metal, è praticamente la nazione in cui questa musica ha avuto origine: Black Sabbath, Deep Purple, Iron Maiden, Saxon...gran parte delle band storiche arrivano da lì. Sarà che i gruppi inglesi hanno davvero una marcia in più? A giudicare da quel che trovo nel debutto dei Wodensthrone, questa strana tesi pare ulteriormente confermata.

Dopo la necessaria gavetta, che conta un paio di split con altre band, il combo giunge a pubblicare il primo album "Loss", gettando un nero velo di depressiva solennità sulle nostre anime. Pescando dai grandi nomi del black metal pagano - naturalistico di stampo prevalentemente melodico, vale a dire Fen, Wolves In The Throne Room e Primordial (dei quali sono ben rintracciabili e delineabili le influenze), questi cinque ragazzi assemblano settanta minuti di musica di grande intensità, capace di farci piombare immediatamente nel mezzo di una fredda foresta nordica, mentre tutto attorno a noi albergano presenze arcane e malvage, pronte a ghermirci con i loro gelidi artigli. Altre influenze che mi vengono in mente potrebbero essere gli Alcest, con le loro atmosfere trasognate, o i Raventale, con le loro fredde stratificazioni chitarristiche e i ritmi ipnotici. "Loss" è uno dei pochi album black metal che posseggono qualità sonora elevata e che contemporaneamente non soffrono di tale strappo alla regola, ben conoscendo l'assioma secondo il quale il black metal, per essere autentico, deve essere grezzo e poco rifinito. "Loss" è invece un disco elegante, ben prodotto, che impone al classico e feroce black metal una direzione spostata verso la solenne contemplazione, più che sulla cruda aggressività. Non che il disco non sia irruento e potente: semplicemente, non si tratta di quell'aggressività nichilista e distruttiva tanto cara al black metal più radicale, ma una semplice espressione di sentimenti forti e non per forza negativi. Solo in alcuni casi circoscritti, come per esempio nella radicale e rocciosa "Black Moss", si percepiscono chiari intenti distruttivi nel sound.

I Wodensthrone hanno saputo prendere il meglio di ogni band che suona black metal atmosferico, buttandoci dentro quel tanto di personalità che è sufficiente per non etichettarli come meri cloni. Dai Primordial hanno preso le atmosfere epiche e drammatiche, rese alla perfezione anche grazie ai tappeti di tastiere e ai cori, che scelgono saggiamente di rimanere in sottofondo e nutrire la musica con garbo, invece che con prepotenza. Dai Fen hanno preso la delicatezza delle melodie, il gusto per le parti acustiche e la pesante malinconia di fondo, talmente netta da risultare palpabile. Dai Wolves In The Throne Room, principale influenza della band, hanno invece preso le ritmiche potentissime e le chitarre che si ergono come muri invalicabili, riverberando continuamente in tempeste di riff e investendoci con tappeti sonori di eccezionale bellezza. Ascoltate per esempio l'opener track, "Leodum On Lande": sembra uscita direttamente da "Black Cascade". Dai "lupi", inoltre, i Wodensthrone hanno preso anche le linee vocali, che consistono spesso in un sorprendente screaming "corale", dando l'impressione che non sia solo un uomo a cantare, ma tutta l'umanità che unisce i propri lamenti di dolore in uno solo.

Cosa mettono di personale i Wodensthrone in tutto questo? Forse l'originalità non è il loro forte, ma ascoltando il disco è impossibile non rendersi conto che una musica di siffatta qualità scaturisce principalmente dal cuore dei musicisti, e non può essere relegato a semplice imitazione. Le imitazioni lasciano sempre un po' di amaro in bocca, mentre al contrario "Loss" lascia a bocca aperta, destreggiandosi tra brani molto lunghi e dinamici, dalle ritmiche incalzanti e virtuose, basati su melodie incantevoli che fanno presa immediatamente. Ascoltate per esempio la bellissima ed enfatica "Heofungtid", o la maestosa e tonante chiusura di "That Which Is Now Forgotten" (uno dei pezzi più incredibilmente esaltanti e ricchi d'atmosfera che io abbia mai sentito, e che finisce su un corale pulito da brividi), o l'evocativo intermezzo acustico "Pillar Of The Sun", carico di antiche leggende, e vi renderete conto di come si possa toccare le corde più profonde dell'anima con poche, sapienti note e tanta, tanta atmosfera. Aggressività e melodia, furia cieca e introspezione, imponenza e minimalismo; tutto è perfettamente calibrato e si incastra come un armonioso puzzle, nel quale ogni tassello è al suo posto e non potrebbe essere sostituito da un altro migliore. Davvero non riesco a trovare difetti rilevanti a questo lavoro, che ha il pregio di essere sia immediato sia longevo, dato che comunque il materiale proposto è parecchio, e certamente per assimilarlo appieno è necessario del tempo. Forse alcuni passaggi sono un po' prolissi e la scorrevolezza del disco ne risente, ma non ritengo che questa sia necessariamente una pecca: in fondo, quello che il disco vuole comunicarci è ciò che si prova durante una lunga passeggiata in un bosco innevato, affacciandosi su strapiombi maestosi e giganteschi, mentre i lupi ci osservano da prudenti distanze e si chiedono cosa ci facciano degli umani nel loro territorio. Provare queste sensazioni può tranquillamente valere qualche minuto in più del nostro tempo. Procuratevelo, non ve ne pentirete.

01 - Fygenstream (3:11)
02 - Leodum On Lande (6:58)
03 - Heofungtid (8:14)
04 - Those That Crush The Roots Of Blood (10:28)
05 - Black Moss (12:42)
06 - Upon These Stones (11:00)
07 - Pillar Of The Sun (5:25)
08 - That Which Is Now Forgotten (11:32)