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lunedì 27 agosto 2012

Moonsorrow - "Varjoina Kuljemme Kuolleiden Maassa"

Si dia fuoco alle polveri: il nuovo, fiammeggiante album dei viking metallers finlandesi Moonsorrow è appena giunto dall'alto dei cieli per riempire i nostri cuori di furoreggiante intensità battagliera. Per chi già conosce la band, è sufficiente sapere che essa ha pubblicato un nuovo album per fiondarsi immediatamente al negozio di dischi, o sul sito del proprio rivenditore di fiducia. Da quello che fu il primo ottimo "Suden Uni" ad oggi, i cinque finlandesi guidati dai cugini Sorvali hanno rapidamente costruito attorno a sè un mondo quasi mitologico, sfornando dischi mostruosamente ispirati e poderosi come se niente fosse, e superandosi di disco in disco con una naturalezza che ha dell'incredibile. Kivenkantaja, Verisakeet, Havitetty sono nomi che richiamano storie leggendarie ed epiche, dolore e sofferenza incatenate assieme da un vincolo di sangue, grandiosità e pompose melodie sostenute da sonorità capaci di polverizzare le montagne con la loro irruenza. Dagli inizi folkeggianti alla svolta black - epic che ha visto i sopracitati dischi schiudersi piano piano fino ad acquisire lo status di capolavori, la band ha imparato molto e ha sommato tutte le proprie abilità per produrre il disco della definitiva conferma: questo "Varjoina Kuljemme Kuolleiden Maassa", che tradotto significa "come ombre camminiamo nella terra dei morti".

"Kivenkantaja" manteneva un buon grado di pomposa festosità che sapeva però tramutarsi in profonda e drammatica riflessione; "Verisakeet" era espressione di un dolore impossibile da esternare se non con le note musicali, e racchiudeva nei suoi settanta minuti un'epopea grezza e affascinante come poche; il gigantesco "Havitetty" sbalordiva pubblico e critica con un'ora di musica che ricorda le più sontuose sinfonie dei grandi compositori classici, delle quali condivide maestosità, complessità strutturale e totale assorbimento dell'ascoltatore nelle trame musicali. Questo ultimo disco invece rimescola le carte in tavola, offrendo tutto ciò che di buono hanno da dire i Moonsorrow, un po' tutto assieme. Quattro brani veri e propri intervallati da alcuni intermezzi d'atmosfera, corrispondenti a quattro storie di uguale intensità e bellezza, messe sulla nostra strada come un ultimo gelido monito da parte della band, che pare dire "nonostante il nostro successo sia ormai affermato, non abbiamo perso la volontà di farvi rabbrividire con la nostra musica". I tormentosi solchi del disco non perdono nulla di intensità, se paragonati ai loro illustri predecessori; le sempre lunghissime composizioni guadagnano molto in compattezza e in struttura, perdendo un po' in songwriting ma senza che ciò infici in alcun modo il risultato finale. La maggiore ripetitività delle trame non è assolutamente un difetto, quando si ha a che fare con una band vulcanica come i Moonsorrow: ecco quindi che si presentano alle nostre orecchie brani davvero colossali e stupefacenti. Più arcigni, più arroccati, meno accessibili: in definitiva più freddi e severi. Vale la pena di descriverli uno per uno, senza timore di risultare prolissi: questo è uno di quei dischi che devono essere sviscerati, che è un piacere analizzare e scoprire per poi raccontarli ai posteri.

"Tahdeton" parte con ritmi lenti e marziali, quasi lugubri nel loro incedere minaccioso; il lamentevole viaggio all'interno della terra dei morti è appena cominciato. Percussioni sempre potentissime, chitarre saturate al punto giusto e l'inconfondibile voce gracchiante di Ville Sorvali sono una ricetta che già conosciamo, ma servita in modo ancora più freddo, crudele, privo di sbocchi ariosi. La stessa strumentazione folk, così massicciamente presente ai tempi di "Suden Uni" e "Kivenkantaja", è ora un vago ricordo; pochissime sono le incursioni dei flauti, delle fisarmoniche e di tutti gli altri strumenti che hanno reso famosa la band. Prevale ora un gelo diffuso, una nebbia mista a neve che ghiaccia i nostri cuori e ci conduce in una terra desolata, spoglia, arida e improduttiva. La fine del mondo sta arrivando, tutto è stato saccheggiato e distrutto, non rimangono che rovine: i maestosi cori non fanno che aumentare il senso di morte e desolazione che aleggia nel disco. Non si tratta però di una luttuosità priva di mordente: anzi, c'è quasi da spaventarsi per la potenza di fuoco che il gruppo è in grado di sprigionare, anche grazie ad una produzione che se non è perfetta poco ci manca. 

Il breve ma intenso intermezzo "Havitetty" ci porta alla monumentale "Muinaiset", dedicata ai popoli antichi e alle loro gesta: la musica acquista vigore e diventa più irruenta, più acida e nervosa, ma anche terribilmente più evocativa ed emozionante nel momento in cui finalmente il nero velo si squarcia e la musica acquista toni commoventi e celebrativi, specialmente nei fantastici inserti corali e nelle melodie progressive e stupendamente laceranti. I numerosi cambi di tema portante non fanno che esaltarci sempre di più, fino al giungere di un finale distruttivo e trascinante, per quello che considero come uno dei migliori pezzi mai scritti dai Moonsorrow. Ma non è finita qui: gli stanchi passi di "Nälkä, Väsymys Ja Epätoivo" ci portano alla lunghissima "Huuto", ovvero "L'urlo", sedici minuti di ininterrotte folgori melodiche che si ripetono insistentemente alternandosi le une con le altre, nel brano che può essere considerato apparentemente il più aperto e solare del disco, ma che in ultima analisi mostra, dietro le muraglie di strumenti, un'inquietudine profonda e un desiderio di qualcosa che non verrà mai, e che mai smetterà di tormentarci con la sua malia. Dopo la massacrante tempesta di "Huuto", torniamo nella disperazione più cupa con le roche urla di "Kuolleille", le quali non fanno altro che preparare il terreno per la tragica conclusione "Kuolleiden Maa". Il brano più strutturato e complesso dell'album è la perfetta conclusione di quest'epopea che ci vede camminare come fantasmi in questa terra morta e desolata; trame di chitarra sempre fittissime si uniscono a linee melodiche secondarie che creano uno stato di perenne e progressiva tensione, fino all'incupirsi del finale dove un coro funereo e un inquietante rallentamento ci segnalano che tutto è finito, il dramma ha avuto atto, e che dinanzi a noi non restano che "ombre e polvere".

Conosco poche band capaci di emozionarmi come i Moonsorrow, e conosco altrettante poche band capaci di mantenere un così alto livello qualitativo in ciascuno dei propri album. "Varjoina Kuljemme Kuolleiden Maassa" è nato quasi per dispetto: pensavamo tutti che "Havitetty" fosse il loro disco definitivo, o forse qualcuno pensava che fosse "Verisakeet", sta di fatto che adesso abbiamo un nuovo rivale con cui competere nello stilare la classifica. Dal Nord, un'ora di nevoso e appassionante dramma che lascerà bene o male un segno in ciascuna persona che l'ascolterà, e che ha tutte le carte in regola per diventare un classico. Chissà se mai sentiremo i Moonsorrow suonare male o senza ispirazione, un giorno...

01 - Tähdetön (12:44)
02 - Hävitetty (1:34)
03 - Muinaiset (11:43)
04 - Nälkä, Väsymys Ja Epätoivo (1:12)
05 - Huuto (15:58)
06 - Kuolleille (1:35)
07 - Kuolleiden Maa (16:23)