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domenica 20 gennaio 2013

Arckanum - "Kampen"

Recensione scritta a quattro mani da Vanni e Daniele.

Come tutti gli anni, prima o poi arriva l’estate, e come tutte le estati si assiste al caratteristico esodo della gente che si accalca sulle autostrade affrontando code chilometriche a base di sole cocente e stress incalzante...e tutto questo per cosa? Quale impresa epica si cela dietro siffatte eroiche gesta? Quale baluardo ultimo dell’umanità costoro stanno accorrendo a salvare? Ebbene, costoro si incamminano...per andare al mare. E cosa ci vanno a fare al mare? Nella maggioranza dei casi ci vanno per stiparsi come una miriade di sardine sotto i roventi raggi ultravioletti (o sarebbe meglio dire ultraviolenti) del sole di luglio e agosto, per annichilire la loro attività cerebrale senza fare nulla dalla mattina alla sera, per lasciare che i suddetti raggi deteriorino lentamente la loro cute, favoriscano mutazioni incontrollate e potenzialmente cancerogene nel loro DNA e facciano bollire i neuroni superstiti.

Per fortuna esistono delle alternative, e una delle più spettacolari si chiama montagna. La montagna è un luogo splendido e in parte ancora incontaminato, tutto da esplorare e fotografare, talvolta ostile allo strapotere dell’uomo, affascinante in virtù della sua immensa varietà di scenari e perfetto per la contemplazione in solitudine - credo non sia un caso che essa sia fonte di ispirazione per così tante band Black Metal, e soprattutto credo che non sia un caso che tutto quello che il mare abbia ispirato è il latino americano - e con questo ho detto tutto. E quale posto potrebbe essere migliore dei grandi boschi sulle selvagge montagne per dedicarsi a svariate tecniche meditative e contemplative? Sembra che gli Arckanum siano nati proprio da siffatta attività di Shamatee, fondatore di questa one-man-band che negli anni ’90 pubblicò tre album uno più bello dell’altro, tre gemme dedite ad un Black Metal primordiale dalle squisite melodie sciamaniche e boschive. "Kampen" è il terzo dei tre, ultimo prima di una lunga pausa discografica che si romperà solo dieci anni più tardi, quando Shamatee sperimenterà un modo un po’ diverso di suonare black metal.

Ascoltando "Kampen" sembra di avvertire gli ampi respiri delle montagne, sembra di essere circondati da abeti fruscianti, in una visuale senza condomini e strade asfaltate; e sapere che si sta calpestando lo stesso terreno sul quale ogni giorno migliaia di creature allo stato brado lottano per sopravvivere è un’emozione unica. Numerosi intermezzi di puri suoni naturali si alternano a brani veloci, taglienti, gelidi come le notti sulle cime innevate ed evocativi quanto la visione di immensi paesaggi modellati da millenni di erosione e di stratificazione delle rocce sedimentarie. Le chitarre paiono animate di vita propria mentre suonano riff nervosi e tremanti, sostenuti da una voce assassina che passa dallo scream all'ossimorico clean "sporco", che però più che rabbia cieca esprime angoscia e feralità, così come la voce femminile di Lena Klarstrom, ospite fissa nei dischi degli Arckanum. "Kamps Tekn" è la canzone - paradigma del disco: un riffing così smembrante ed angoscioso non può lasciare indifferenti, mentre si contorce insieme alla superba batteria per immergerci in un mondo naturale che non conosce scappatoie, nel quale vige la legge del più forte. Il mondo pagano - gnostico degli Arckanum trova la sua perfetta espressione in questo disco, il quale contiene musica senza mezzi termini, diretta e scarna, tesa a colpire l'ascoltatore nella sua emotività più istintiva, senza la pretesa di ricreare altre sensazioni che non siano quelle primordiali e "arcane", appunto, derivanti dai contatti con l'elemento naturale. Non gli manca la melodia, seppur nascosta nel marasma di violenza (ottimo esempio l'assolo di "Skipu Vidit Dunkel", sapientemente messo in risalto); non gli manca un riffing ispirato e interessante, non gli mancano le atmosfere quasi sciamaniche e rituali che impreziosiscono la furia strumentale e vocale, non gli manca una buona tecnica esecutiva e nemmeno gli manca una produzione all'altezza, che sappia ricreare quel gustoso mix di grezzume e nitidezza sonora che permette di vivere al meglio l'esperienza del black metal. Sostanzialmente, non gli manca nulla, ed è probabilmente il miglior album del trio iniziale, quello dove gli Arckanum hanno dato sfogo alla loro arte nel modo più crudo e sincero che ci poteva essere (non che successivamente siano scaduti, anzi: ma come dicevo sopra, hanno cambiato il loro modo di suonare).

La durata complessiva è forse un po' elevata in relazione al tipo di musica proposta, ma non si può muovere alcuna critica agli Arckanum riguardo a questo "Kampen": nel suo genere, è un disco originale e convincente, dalla sicura personalità, che se anche non può essere considerato un capolavoro irrinunciabile, rappresenta un'espressione autentica e genuina di sensazioni ormai perdute e riscontrabili in casi circoscritti, come appunto una passeggiata in montagna attraverso luoghi solitari e impervi, senza nessuno ad accompagnarci, se non il cinguettio degli uccelli e il timido fischio delle marmotte che avvisano le loro compagne della presenza di un'aquila volteggiante e minacciosa sopra le loro teste.

01 - Intro (04:41)
02 - Kamps Tekn (05:59)
03 - Frana (06:50)
04 - Tronan Yvir þusand Landskaps Mark (04:17)
05 - Pa Gruvstiigher Vandrum (06:50)
06 - Minir Natz Fughlir (06:40)
07 - Trulfylket, Raþz Ok Os (08:42)
08 - þe Hæmpndlystnir Fran Dimban (04:15)
09 - Nær Ok Fiær (03:59)
10 - Skipu Vidit Dunkel (05:37)
11 - þær Vindanir Dvælies (05:50)
12 - Sangin Kaos (08:59)