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domenica 20 gennaio 2013

Kathaarsys - "Anonymous Ballad"

Silent Tree Productions, 2009
Recensione scritta a quattro mani da Vanni e Daniele.

Un uomo che si rende conto del fatto che la sua vita non ha senso, è vuota, è vissuta senza uno scopo nè un perché; e che dopo questa presa di consapevolezza, decide di raggiungere la catarsi con la morte, unica possibile soluzione ad una tale inguaribile insensatezza esistenziale. Dopo il capolavoro "Verses In Vain" del 2007, gli eclettici Kathaarsys ci narrano un'altra storia di un suicidio, e stavolta lo fanno con un disco che dura meno della metà rispetto al suo ingombrante predecessore. Le premesse per tuffarsi a capofitto in questa nuova opera musicale ci sono tutte: non resta che trovare quaranta minuti della nostra giornata da dedicare unicamente alla scoperta di questo nuovo act della band spagnola.

"Awaken interests and expires clumsily amid grins". Questa frase cantata con costernazione su un triste arpeggio apre il disco, e basta poco per rendersi conto che lo stile musicale non è cambiato granchè da "Verses In Vain": lo stesso progressive metal, estremo e un po' grezzo, che si snoda tra arpeggi melodici e blast beats, tra voce clean e scream, e che raggiunge ampie vallate melodiche così come alte vette di violenza e velocità. Il progredire della musica è addirittura più coerente che in "Verses In Vain", e invece di proporre una serie infinita di momenti dalle emozioni contrastanti, segue un'evoluzione ben precisa: cinque sono i brani, ma in realtà una sola è la canzone, un tutt'uno inscindibile che mostra un solo momento di interruzione, tra "No Guide" e "Darkness".

Se c'è qualcosa che adoro di questo album, è che la musica descrive sorprendentemente bene il contenuto dei testi, cosa che non è poi così scontata e facile da riscontrare. Quando le parole descrivono rabbia, la musica si fa più serrata e aggressiva; quando le parole ritraggono momenti di tristezza, ecco che la musica diventa lenta e sopita, mentre quando si parla di pazzia, le note si increspano e diventano aspramente dissonanti (magistrale in questo senso è la terza traccia, "The Advent Of Madness"). Quando infine il fato oscuro sta per compiersi, dopo l'angosciosa introduzione di "No Guide", una melodia docile e rassegnata ci culla lentamente fino al minuto 6:15, nel punto in cui inizia qualcosa di indescrivibile a parole, qualcosa che va compreso ascoltandolo e vivendolo, e che si protrae per i successivi cinque minuti e mezzo ... nei quali si compie la catarsi all'incontrario. Non una serena ascesa verso la beatitudine, ma una mesta discesa verso la morte, unica risolutrice della pochezza umana. Solo quando la musica si ferma, lasciando che un freddo vento riempia il silenzio, si riprende coscienza e si torna nel mondo reale. Questi cinque minuti e mezzo sono il momento in cui si realizza appieno di essere piccoli ed impotenti, un granello insignificante nella grandezza dell’universo, ci si sente spogliati di tutto ciò che fino a pochi istanti prima ci pareva così importante e degno di considerazione. In questi cinque minuti e mezzo ha luogo una trance estatica, in cui l’abbandono alle proprie immagini ipnagogiche prende il sopravvento, in cui la realtà circostante non ha più importanza, in cui tutti i grandiosi millenari sforzi compiuti dall’umanità nel corso della sua storia evaporano dinnanzi alla sterminata grandezza dell’immenso che abbiamo dentro di noi e che ci circonda. Soltanto i due minuti seguenti di vento permettono di ritornare alla propria coscienza, di sintonizzarsi nuovamente col proprio ego. Volete davvero sapere cosa succede durante questi cinque minuti e mezzo? Allora ascoltate il brano. Io posso solo dirvi che è uno dei pezzi musicali più eccellenti che io abbia mai avuto la delizia di assaporare.

La quinta ed ultima traccia è una sorta di “after”, una sorta di aldilà, una vita dopo la morte che potrebbe quasi essere omessa se non fosse che è probabilmente il brano migliore del lotto. Qui la lucidità dei primi due brani è recuperata, ma si tratta della lucidità irreversibile di un uomo che ormai ha deciso: non c’è più nulla per lui in questo mondo, è giunta l’ora di farla finita. Gli arpeggi corsari che fanno incursione nel mondo dell’oscurità e dell’incertezza, tramutandosi poi in riff senza sosta, si prestano bene a supportare l’epilogo di questa fantastica ballata anonima. In definitiva, un altro suicidio, un altro capolavoro: se possibile i Kathaarsys riescono addirittura a superarsi, sia per la precisa, coerente evoluzione musicale del disco dal primo all'ultimo secondo, sia per la stupefacente ispirazione del songwriting. "Anonymous Ballad" è un grande, grandissimo album che dovrebbe ascoltare chiunque adori il prog nella sua accezione più estrema e generale, nonché una delle dimostrazioni più eloquenti del fatto che oggigiorno la musica è grande come non lo è stata mai.

Una curiosità: esiste un video ufficiale montato su un estratto dei primi cinque minuti di "Darkness", in cui i toni vividi e oscuri del brano vengono associati alla costrizione distruttiva dei tentacoli di una piovra, e alle affascinanti nere volute che il suo inchiostro crea nell'acqua circostante. Da vedere anche questo.

01 - Part One – Thoughts About Worthless Things And The Future (06:05)
02 - Part Two – Sadness And Hopelessness (05:37)
03 - Part Three – The Advent Of Madness (05:04)
04 - Part Four – No Guide (13:49)
05 - Part Five – Darkness (09:52)